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Il kit del Milan era davvero un'offesa?

Tutti si sono lamentati della maglia realizzata con Off-White, ma il problema era altrove

Il kit del Milan era davvero un'offesa? Tutti si sono lamentati della maglia realizzata con Off-White, ma il problema era altrove

La partita di San Siro con la Lazio è stata un microcosmo della stagione difficile del Milan. La contestazione dei tifosi, che hanno chiesto a gran voce la cessione della società da parte dell'attuale proprietà, gli errori individuali e le distrazioni nei momenti più importanti della gara, dall'espulsione di Pavlovic al rigore causato da Maignan, fino alle dichiarazioni finali di Conceição e Leao, che tradiscono tutta l'elettricità e la frustrazione dell'ambiente rossonero. Subito dopo il triplice fischio però gran parte dei commentatori non si è concentrata ad analizzare l'ingresso negativo di Joao Felix, o la scarsa propensione del Milan nel difendere all'indietro, o ancora nelle fragilità mentali della squadra. Invece si è dato particolare rilievo alla maglia indossata dai rossoneri, che non era quella casalinga solitamente usata a San Siro ma il recente quarto kit realizzato in collaborazione con Off-White e PUMA, come se fosse in qualche modo responsabile dell'insuccesso della squadra. 

Paolo di Canio, ospite fisso su Sky Calcio Club, non si è certo tirato indietro quando c'era da poter dare un'opinione reazionaria e demagogica, toccando però i tasti adatti ad accendere i tifosi. "Pensando alla rappresentazione di uno stile: vogliamo parlare della divisa del Milan? Dalla pancia in su la maglietta del Belgio, dalla pancia in giù la maglietta del Portogallo. Ma che roba è? Ma in questo momento d'identità. Giochi in casa, dove sono le maglie rossonere? Capisco il marketing ma ci sono momenti e momenti. Ti presenti al momento più delicato della stagione con questa maglia" si intromette Di Canio con il suo solito stile concitato e netto. "Lo so che è una sciocchezza" ha concluso l'ex Lazio, ma la polemica ormai è già innescata. 

Ivan Zazzaroni durante il programma Pressing ha iniziato con una battuta sul Portogallo per poi insistere nel definire un azzardo la scelta di giocare con il quarto kit una partita così importante. "C’è una sostanza e un’apparenza. In un momento di grande difficoltà, sei uscito da tutto, i tifosi ti contestano, cantano "Gerry Cardinale vattene devi vendere devi vendere" e tu ti presenti con quella maglia? Sembra un affronto, sembra un’offesa". Anche Riccardo Trevisani nel live streaming di Fontana di Trevi del lunedì sera ha affrontato l'argomento, "in un momento in cui la gente non si riconosce nella squadra e va allo stadio ad urlare vendi al presidente, almeno un po' di colori normali li dovresti dare", unendosi al coro di critiche verso la scelta di non indossare la maglia Home. 

Il Milan ha presentato il suo quarto kit il 14 Febbraio, questa volta in collaborazione con Off-White già Style Partner dei rossoneri, come sta facendo ormai da diversi anni con vari brand di moda per aggredire un nuovo segmento di mercato e consolidare la relazione tra calcio e fashion. E come sempre queste release sono pianificate, concepite e realizzate con mesi e anni d'anticipo, in accordo con sponsor tecnici e team creativi. Una strategia decisa e delineata anzitempo che non tiene conto dei risultati sportivi, ne può prevederli con così largo anticipo. Nel caso appunto della quarta maglia del Milan, la scelta del partner e del design è arrivata quando sulla panchina rossonera sedeva ancora Stefano Pioli. Si può discutere sulla creatività di una maglia, sulla coerenza di essa rispetto all'identità e alla storia del club, di come si inserisce in un discorso più ampio tra visione della società e rapporto con i tifosi.

Probabilmente la partita contro la Lazio non è stata la più adatta per scendere in campo con la nuova maglia, com'era invece stato deciso in precedenza, e optare per una più sobria e meno contestabile maglia Home. Non certo perché tale maglia avrebbe migliorato le prestazioni in campo della squadra di Conceição, ma per evitare di diventare quello che poi è stata, ovvero il trampolino per i soliti discorsi conservatori e denigratori dei commentatori italiani. Il Milan e il suo team marketing si sono presi un grosso rischio, che alla fine non è valso la candela, confermando com'è difficile far coincidere un lavoro sul lungo periodo sul brand societario con i risultati calcistici che possono cambiare nel giro di pochi secondi. Non è mai facile scindere le strategie commerciali da quelle del calcio giocato, ma le motivazioni delle sconfitte attuali del Milan non sono certo da cercare nel kit da gioco scelto.