Buvettes, o di come mangiare allo stadio
Intervista al fondatore di uno dei progetti più interessanti della rete
10 Febbraio 2017
“Il cibo mangiato in compagnia è il più appetitoso”, diceva un personaggio di Toradora!, una serie di light-novel giapponese; di quelle con un seguito pazzesco tra graphic novel, giochi per console e via dicendo. Un mondo a noi sconosciuto, che però richiama in modo un po’ più bambinesco e godurioso il “la felicità è vera solo quando condivisa”, del profondissimo “Into the wild”. A noi, le cose un po’ frivole, che si prendono poco sul serio senza però peccare di profondità, piacciono. Il cibo è così. Ha un sapore estremamente più intenso e piacevole quando condiviso, anche quando evita eccessi di serietà e viene offerto e consumato per strada. Il calcio, poi, non ha senso di esistere senza una condivisione radicata e perpetua. Ed è una forma di condivisione che suggerisce una sorta di inappagamento se limitata ai rituali novanta minuti più recupero. Vogliamo altro, vogliamo coltivare quella condivisione – stare in compagnia – anche nelle ore precedenti, e vogliamo conservarla per quelle successive. È per questo che restiamo a guardare le interviste nel post-partita, o andiamo in trepidazione un’ora prima dell’inizio.
Ed è da questa necessità di condividere anche i momenti che circondando la partita, ad aver spinto Guillaume Blot e Roca Balboa – per le illustrazioni – a costruire una mappa dei migliori posti di street food nelle vicinanze degli stadi francesi. Una cartina dei luoghi più amati, affollati, di quelli che hanno generato affetto e tradizione nella tifoseria di casa e che invitano la tifoseria ospite a vivere la loro città. In una parola: "Buvettes".
Cominciamo con una domanda fondamentale: c’è una regola su quando mangiare, se prima di una partita per rilassarsi, oppure dopo per avere un sollievo dalla sconfitta o per celebrare la vittoria? Molte persone vivono le ore che precedono la partita con una tale apprensione da non riuscire nemmeno a pensare al cibo. Per te è così?
Io credo che esistano tre momenti in cui si può bere o mangiare durante una giornata di calcio: prima, durante l’intervallo, subito dopo. Io mangio sempre prima, cercando di arrivare almeno 45’ minuti prima dell’inizio, mangiando però qualcosa di veloce come delle patatine fritte con maionese ed una birra. Spesso vado allo stadio con mio padre a Nantes, la città dove ho imparato ad amare il football ed i panini con le salsicce, altre volte con gli amici a Parigi. Durante l’intervallo non consumo niente, perché nei dannati stadi francesi non è possibile bere birra, ed è come ordinare un piatto vegano nel miglior ristorante BBQ del Texas. Per quanto riguarda il dopo, dipende dall’esito del match. È necessaria una partita davvero bella per farmi rimanere, e parlare di nuovo di un goal di Emiliano Sala del Nantes, ad esempio. Ma è molto raro.
Il calcio è sempre stato lo sport di strada più celebre – pensiamo alle varie generazioni di campioni brasiliani che hanno iniziato giocando per le strade. Ultimamente il concetto di “strada” ha creato legami tra il calcio ed altri stili di vita: la strett art, ad esempio, ma anche lo street food. La vostra idea è nata così, all’improvviso, solo perché siete amanti del cibo e del calcio, o perché eravate alla ricerca di qualcosa che avrebbe unito le persone anche prima o dopo la durata del singolo match?
L’idea era di fare una guida sui posti dove mangiare legati al calico. Mi è venuta nel gennaio del 2015. A quell’epoca stavo scrivendo per una guida francese ai ristoranti di nome Le Fooding. Incontrai i ragazzi di So Foot e gli chiesi: “e se io guardassi gli stadi francessi dalla prospettiva dei luoghi in cui si può mangiare street food, scrivendo piccoli articoli su tre dei posti visitati?”. E loro mi dissero che era una buona idea. Così mi recai al primo stadio verso la fine di gennaio: a Rennes, uno degli stadi più conosciuti per la presenza di street food nei quartieri confinanti, sopratutto per le speciali Gallette con le salsicce. Decisi di selezionare tre posti, tre cose da mangiare, scattai alcune foto e registrai dei suoni delle persone e delle cose in quei luoghi. In seguito ho fatto la stessa cosa per 13 stadi in giro per la Francia, da Marsiglia fino a Lione, attraverso Lille, Nantes, Metz, Guingamp, etc... Ognuna di quelle volte è stata fantastica, perché più che assaggiare il cibo, potevo davvero godermi il momento che precede la partita, quando la gente è molto eccitata. Lo adoro. È un progetto che mi coinvolge molto perché io amo la cultura calcistica ed i suoi tifosi. Ed il “momento cibo”, come rituale delle tifoserie, è particolarmente connesso al match stesso.
Parliamo dei disegni. Sono così semplici ma anche così comunicativi. Roca Balboa ha un sito personale dove la gente può ammirare i lavori ed eventualmente anche comprare dei cuscini disegnati da lei. La storia del disegno e delle illustrazioni francesi è lunga e gloriosa – pensiamo a Moebius ed una certa scuola -, quanto è stata influente nel proprio modo di disegnare?
Da bambina francese sono cresciuta con i libri di Sempé e Goscinny, ed ho sempre amato i disegni di Sempé per il loro essere così semplici e leggere. Poi ho scoperto tanti altri artisti ed illustratori – inlcuso Moebius. Di quest’ultimo amo l’uso vario ed articolato dei colori che applica nei suoi lavori – tutti quei toni pastello e la struttura. Poi, ovviamente, anche la cultura pop ed i cartoni animati in TV rappresentano una fetta importante della mia ispirazione.
Poche domande ancora riguardo i disegni: perché il kebab nella pagina dei contatti? Avete messo le patatine fritte come simbolo per mappare i tre posti dove mangiare attorno allo stadio perché pensate – come noi – che la patatina fritta sia la forma più bella nel mondo del cibo?
Voglio dire questa cosa sulle patatine fritte: per me rappresentano davvero l’emblema del finger food. Ogni cibo di strada che si rispetti ha delle patatine fritte al suo fianco. Io ci sono cresciuto con loro, quando McDonald era sinonimo di ristorante a tre stelle, durante la mia infanzia. Ed amo anche il loro colore, il giallo, il mio preferito. Ed il cartoccio che ha disegnato Roca Balboa è molto figo, con la sua parte rossa a contrasto. Per questo ho deciso di metterlo con punto di riferimento, come segna-posto. In merito al kebab, stavo cercando qualche cibo costruito in verticale che stesse bene esteticamente nella pagina contatti. Anche il disegno del kebab è grandioso, e rappresenta comunque uno dei cibi da strada per eccellenza, per quanto mi riguarda.
Come scegli la città e lo stadio? Stai seguendo uno schema preciso, o semplicemente scegli una città, lo stadio e controlli i posti famosi dove poter mangiare del cibo da strada?
Scelgo di visitare le città e gli stadi che mi attirano, cominciando dalla Francia ovviamente, scegliendo squadre della prima divisione. Controllo la mia agenda Google e quando capisco di avere del tempo libero vado, cercando di visitare almeno due città nella stessa regione, per esempio ho visitato Monaco e Nizza nello stesso viaggio, o Evian e Saint-Etienne. Una volta lì, l’idea è di chiedere alle persone o ai tifosi: “qual è il migliore secondo voi?”, e poi parlare con i proprietari del porto per sapere di più su di loro: è una gestione familiare? Da dove provengono le salsicce? Sono patatine fritte fatte in casa? Per quale squadra fanno il tifo? Quanti hot dog riescono a vendere ad ogni partita? Etc... uno degli obiettivi del progetto è riuscire a trovare un alimento, un piatto, tipico in ogni regione. Sicuramente è così per Rennes (famosa per le gallette con le salsicce), Lille (famosa per le patatine fritte), Nizza (socca pissaladiere), Evian (diot saucisse).
Stai girando città diverse, culture differenti, culture differenti sul cibo. Ci sono diversi alimenti famosi e consumati in tutta la Francia, ma quali sono i cibi più diffusi, e che le persone più amano mangiare prima e dopo il match? Oltre le patatine fritte, ovviamente.
Come ho ditto prima, ci sono alcune specialità regionali, ma ci sono anche degli alimenti tipici di qualsiasi zona: kebab, pizza, hot dog, panini con la salsiccia, con la carne, sandwich americani, hamburger, panini italiani. Questi sono i classici. Una volta chiesi ad un proprietario: “avete del cibo tipico ed originale nel vostro menù?”, mi risposero: “abbiamo provato per un periodo il prosciutto affumicato, ma ler persone non lo volevano, chiedevano sempre le stesse cose, abbiamo dovuto buttare parecchio prosciutto perché solo poche persone lo volevano”. Si tratta di un rito, ed i tifosi vogliono “cibo rituale” come le patatine fritte e panini. Riguardo gli spettatori, che vanno allo stadio come andrebbero al cinema, a loro interessa mangiare altre tipologie di finger food.
Guillaume Blot è l’autore delle foto e dei testi. Sul suo sito personale è facile intuire la passione ed il lavoro che c’è sotto. Le foto ed i disegni sono importanti tanto quanto le informazioni del blog. Su instagram le fotografie che riguardano il cibo sono sempre un trend – spesso in modo noioso – quanto credi sia importante la parte grafica per descrivere la passione per il cibo, ed il modo in cui crea legami tra le persone?
Il cibo è qualcosa che ha che fare molto con la vista, forse in alcuni casi ancora più del sapore: pieno di forme e colori. E noi ci entriamo in contatto ogni giorno, perché in un certo senso da il ritmo alla nostra giornata con la colazione, il pranzo e la cena. Come molte persone vogliono comunicare la loro quotidianeità sui social networks, quasi per mostrare alle persone di essere vive, ed uno dei modi più semplici è di fotografare cosa mangiano, soprattutto al ristoranre, dove i piatti sono spesso presentati in modo piacevole esteticamente (comunque più di quando mangiamo a casa). È il motivo per cui, dopotutto, #foodporn è diventato un trend, ed ora forse qualcosa in più, ed è diventato noioso a causa di troppe fotografie in troppi account, ma con una carenza di creatività: in pratica ci annoiamo perché guardiamo sempre la stessa foto, niente di nuovo. Il mio approccio, al contrario, è più sui tifosi e sulle situazioni quotidiane, che solo in seguito si legano al cibo. Io provo, con l’obiettivo di illustrare graficamente i miei pezzi, di fare delle fotografie dei tifosi che mangiamo. Per quanto mi riguarda, loro rappresentano molto di più il vivere quotidiano, molto di più di un piatto bianco con dentro un panino con un hamburger succoso.
Per quale squadra tifi?
Tifo per il Nantes, città in cui sono cresciuto, e l’Olympique di Marsiglia, dove ho studiato per 3 anni. Ho vissuto uno dei periodi grandiosi del Nantes, quando vinse il titolo di Francia nel 1995 e nel 2001, ma nonostante i pessimi risultati non smetto di sostenerla. Riguardo il Marsiglia, sono fortunato, perché ho vissuto da tifoso il periodo della vittoria del titolo del 2010. È stato pazzesco, davvero, è una città molto passionale, soprattutto nel rapporto con il calcio.
Per quale cibo di strada tifi? Vale come risposta: “le patatine fritte”
Sono un grande fan delle gallette con la salsiccia, ma non la versione tradizionale con soli questi due ingredienti, che per me è troppo secca, ma con aggiunta di cipolle e formaggio. Ho scritto un articolo al riguardo per Vice magazine, tramite Munchies. È una storia divertente.
Credi di poter sperimentare questo format a livello internazionale, visitando altri paesi, altri stadi, altre culture del cibo? Potresti cominciare dall’Italia!
Si, è ovviamente un progetto che può essere traslato anche su diversi scenari, da serie inferiori in Francia, sino ad un tour europeo, e poi, perché no, uno internazionale. Si potrebbe addirittura passare ad un altro sport. Riguardo l’Italia, ho letto che voi mangiare un panino con la salsiccia grigliata, spesso con cipolle e paprika, o quello con la porchetta. Milano potrebbe essere un buon punto di partenza.
Molte fotografie mostrano persone grate e felici. Probailmente perché il cibo ed il calcio le rendono grate e felici. Magari dobbiamo tutti goderci solo partite e mangiare cibo da strada, e nient’altro, non credi?
Come tutto, dobbiamo bilanciare i nostril desiderci per star bene. Penso che guardare un po’ di partite con un po’ di buon cibo prima del match, è un’ottima ricetta per essere felice, perché integra tanti “momenti di felicità”: amici, la comunità, cibro ricco (e grasso), la partita, 90’ minuti di emozioni. Ma ogni tanto, non ogni giorno, per rendere questi momenti magici e non qualcosa di reiterato e monotono. Dobbiamo sentirne la mancanza per poterne godere la presenza.