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Il Grande Tradimento
Per amore, per rispetto o per vittoria, ma Claudio Ranieri è stato tradito dal Leicester City
01 Marzo 2017
E se fosse stata la scelta giusta? E se lo spogliatoio avesse davvero bisogno di una scelta così radicale? Vi è mai capitato di prendere una decisione per il bene di qualcosa o di qualcuno nonostante andasse contro i vostri principi, contro l’etica e la morale, insomma contro voi stessi per un bene più grande?
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È questo, esattamente questo, ciò che è successo al Leicester City. Siamo tutti innamorati delle storie, delle favole, ma la verità è che non si può vivere di emozioni. Lo vorremmo tutti, ma questo mondo è crudele, alla fine si guardano i fatti. Ti guardi in faccia con la realtà e poi “Bam!”. Ci sbatti la testa, ti fai male. Perché è così, non possiamo negarlo. Claudio Ranieri è stato sacrificato per un bene più grande, quello della squadra e lo dimostra la vittoria contro il Liverpool, una delle squadre più forti della Premier League.
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Sembrava la squadra dell’anno scorso, un’altra cosa rispetto alla mediocrità vista quest’anno. Claudio è stato tradito dai suoi fedelissimi, dalla società, dalla presidenza, ma non certo dai tifosi che cantavano e mostravano tutti inorgogliti gli striscioni per l’uomo del miracolo. Ranieri ha, però, subito un tradimento. Un tradimento fatto per amore. Un amore per la storia, un amore per la squadra e per il rispetto di andare avanti, di provare a dimenticarsi, solo un attimo di ciò che è stato fatto e provare ad andare avanti, lasciandosi tutto il resto alle spalle.
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Non è un caso che il Leicester City abbia vinto, non è un caso che si salverà e non è un caso che proverà a passare anche il turno, difficile, di Champions League. La scelta è stata giusta. Brutta, bastarda, infame, vigliacca ma maledettamente giusta. Lo spogliatoio aveva bisogno di altro. Di nuovi stimoli. La squadra doveva essere punzecchiata e non più coccolata.
La vittoria è la vittoria, davanti ai numeri stai zitto. Ranieri ha fatto la storia ma adesso è arrivato qualcuno che vuole riscriverla e non a caso si chiama Shakespeare. Perché il calcio, come la vita, è solo un immenso, fottuto, romanzo.