"2-0-6, my city"
Una storia di basketball, di fratellanza, di occasioni perse e, soprattutto, di Seattle
21 Aprile 2017
In questa fetta di terreno situata ad Ovest degli Stati Uniti non ci si spiega perché solo qui il ciliegio fiorisca a febbraio. Sarà il clima o il colore del cielo che diventa rubino, oppure la pioggia che si presenta in maniera costate da regalare forse uno dei soprannomi più belli donati ad una città: The Rain City. Veder fiorire questi alberi lungo le strade di Seattle che portano all'Easy Street Records è qualcosa di straordinario, sopratutto se da colonna sonora alla nostra storia c’è tutta la Sub Pop Culture degli anni ’90. Siamo nella Liverpool americana che ha dato vita al grunge dei Pearl Jam, Mudhoney, Nirvana, Mother Love Bone, Soundgarden, Alice in Chains e molti altri.
Quindi in questo contesto mentre ci sporchiamo le dita tra un disco e l'altro con Sonics Guy (vietato chiamarlo con il suo vero nome "Kris Brannon", poi vi spiegherò) abbiamo: quattro nomi, quattro giocatori, una città, una palla a spicchi arancione, un prefisso telefonico ed un’ unica colonna sonora.
Due anni dopo la morte di Kurt Cobain, alla Rainier Beach High School gioca un ragazzo smilzo con la maglia numero 23 che, senza mai andare sopra le righe a livello verbale, esegue dei movimenti dal palleggio che profumano di torta di mele. Stiamo parlando di Jamal Crawford, detto anche “JCrossover”. Ecco qui c’è una pausa scenica di minimo 5 secondi perché Gary Payton, all’epoca già giocatore dei Seattle SuperSonics, racconta di averlo visto in un azione mentre riceve la rimessa da fondo dopo canestro subito, camminare stile “moonwalk” alla MJ, facendosi passare la palla in mezzo le gambe ad ogni passo e girando le spalle al canestro da attaccare. Superata la metà campo, appena percepisce il difensore arrivare, virata con scatto, ne dribbla due prima di entrare in area, passaggio “no look” dietro la nuca ad un compagno libero ed ovviamente canestro.
Vince giocando con supremazia punto a punto il WIAA State Championship ma, il suo incubo peggiore è Doug Wrenn, senza dubbio il prospetto più forte che la Coffee Capital of the World abbia mai partorito, che infatti, per due anni di fila è l’MVP dell’intero stato. Mentre Jamal diventa il protegè Doug Christie per vari motivi, Wrenn, un po’ per il suo carattere ed per alcuni episodi scomodi, resta fuori dalla scena, ma i due si sono affrontarono un paio di volte al The Hood Classic. Un torneo più o meno annuale, che coinvolge i migliori giocatori liceali, anche se non delle tre scuole di Seattle, tra cui la O’Dea High Shool - quella dove giocava Wrenn - e la Franklin High School dove giocava Aaron Brooks. Che un'edizione, mentre giocava in Cina, dovette prendere l’aereo ed entrare in campo appena atterrato sul suolo americano, per poi ripartire a fine serata, solo per questo torneo.
La follia di questo torneo così ambito è che... non si vince niente, se non il diritto di vantarsi per un anno. Ma "Sonic Guy” mi spiega che c’è molto di più di quello che in realtà si vede attorno alla palla a spicchi che domina la città.
“It's a band of brothers”, mi dice, "Two-Oh-Six, my city”. Ecco 2-0-6, è il prefisso della città e questo è un segno di riconoscimento tra i giocatori che amano il basket, che diventino professionisti o meno. Infatti loro si tatuano sul proprio corpo questo simbolo di riconoscimento. Ad esempio Nate "The Gadget" Robinson ha tatuato dietro al suo collo lo “scheletro" della città, oppure Terrence Williams ha lo Space Needle inciso nel suo avambraccio sinistro. Anche Jamal Crawford ha più un dipinto gigante della città all’interno della sua casa e persino Jason Terry, colui che tentò d’insegnare l’eleganza a Nate regalandogli un tot di vestiti firmati Armani appena approdato nella NBA, ha un sul petto tatuato il numero 2-0-6.
Persino Wrenn sentiva l’appartenenza a questa fratellanza ed infatti quando finì a U-CONN la sua concezione di brother-game iniziò a mancare e infatti chiuse l’anno con 2.3 punti, 1 rimbalzo e 0.3 assist di media. C’è qualcosa che non va, uno dei giocatori più forti che Seattle abbia mai avuto non trova spazio creativo per dimostrare il proprio talento. Bipolare sul campo come pochi in questo gioco, Wrenn si ferma un anno per il trasferimento alla Univerity of Washington dove di fratelli "from 2-0-6” del secondo anno ne trova due: Brandon Roy ed il già citato Nate Robinson. Entra a far parte dei migliori della nazione grazie al fatto che per quattro volte di fila va sopra i 30 punti (record di franchigia) e chiude la stagione al terzo posto tra i migliori marcatori della PAC-10. Segna vari canestri per la vittoria sulla sirena, tra cui uno bellissimo l’8 dicembre contro New Mexico State e diventa MVP del Top of the World Classic.
Decide di dichiararsi eleggibile al Draft NBA, ma c’è qualcosa che l’università nasconde, perché fuori dal campo la reputazione di Doug non è proprio limpida. Non viene scelto e da quel momento in poi ne nascono vari episodi gravi che lo coinvolgono, tra cui uno dove viene accusato di aver molestato la sua ex fidanzata ed un altro per aggressione di secondo grado durante una lite in un parcheggio, perché c’era una pistola di troppo, la sua.
Nessuno parla più di lui, nemmeno gli Huskies di Washington, anche se sono sempre gli stessi che lui aveva riportato sulla mappa del basket dopo qualche anno di assenza al grande ballo NCAA. La città di Seattle ha visto sfumare e scomparire nell’ombra uno dei più grande talenti che abbia mai avuto. Ma secondo la Sacra Bibbia, nel libro di Isaiah, 11:6-9 "Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leone pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà".
Ed un fanciullo li guiderà…
Il suo nome è Isaiah Thomas che ricevette la blessings, ossia la benedizione, da Nate Robinson, che gli cedette il suo numero, il 2, e diventò due volte MVP della PAC-10 prima di dichiararsi eleggibile al Draft NBA. Attualmente sappiamo tutti dove gioca e cosa sta passando, ma il Black Messiah con il tatuaggio di fratellanza della city è quello che ci mostrerà la via dell’amore per questo splendido gioco inventato dal dottor James Naismith.