Perchè il wrestling
Breve guida per capire che il wrestling merita una chance
19 Luglio 2018
Conoscete Ronda Rousey, l’ex UFC Women’s Bantamweight Champion, Hall of Famer della prima federazione di MMA al mondo ed eroina del popolo femminile perché orgogliosa portabandiera del movimento delle pari opportunità nei confronti delle donne? Se la risposta è affermativa, probabilmente nei mesi scorsi avete anche sentito parlare della sua nuova avventura nel wrestling, avendo lei firmato con la WWE, la più importante compagnia di wrestling al mondo. La notizia è stata battuta dalle più importanti testate giornalistiche sportive nazionali e non, e oggi ve la riporto per introdurvi ad una disciplina mai trattata su nss magazine: il wrestling, per l’appunto.
La nascita e l'epoca d'oro
Il wrestling professionistico - diverso dalla disciplina olimpica - nasce nella seconda metà del Novecento negli Stati Uniti, seppur il vero boom avvenga negli anni ’60. Il merito è per lo più di Bruno Sammartino, wrestler abruzzese emigrato negli Stati Uniti per diventare un sollevatore di pesi professionista e trasformato in lottatore da Vincent J. McMahon, che subito si accorse di lui per la sua prestanza fisica. Decise di metterlo sotto contratto e farlo diventare campione mondiale dei pesi massimi della WWWF, l’attuale WWE. Per la cronaca, il regno di Sammartino durò 2803 giorni, siccome allora i titoli si difendevano pochissime volte. Con Sammartino, vennero poi i vari Killer Kowalski, George “The Animal” Steele, The Iron Sheik, fino ai più noti Randy Savage, Hulk Hogan e Ultimate Warrior della Golden Age dell’allora rinominata WWF, negli anni ’80. In ogni caso, fin da subito il wrestling appassionò tutti negli States, tanto che intere arene venivano riempite, come accadeva spesso col Madison Square Garden, che tuttora è teatro di eventi simili. Chiaramente, non tutte le federazioni avevano un contratto televisivo, seppur riuscissero a registrare in ogni caso il tutto esaurito. Il cosiddetto “wrestling indipendente”, che citeremo anche dopo, non ha smesso di vivere, e ancora oggi offre un prodotto rispettabilissimo e che sa essere una valida alternativa a ciò che propone la WWE.
Lo sport-entertainment, come detto, riempie da decenni i palazzetti dello sport di tutto il mondo, e non solo. Spesso sono le sale cinematografiche a registrare il tutto esaurito proprio con film sul wrestling, come il magnifico The Wrestler, con un fantastico Mickey Rourke nel ruolo del protagonista. Senza però dimenticarci di alcuni documentari d’eccezione, come Beyond The Mat, che svela tanti retroscena e sicuramente aiuta a capire le dinamiche di questa disciplina. Storicamente, il wrestling in Italia ha sempre avuto un certo successo, a partire dagli anni ’80 fino alla metà degli anni 2000, quando SmackDown!, show secondario della sopracitata WWE, andava in onda sulle reti Mediaset, intrattenendo ogni settimana milioni di persone, perlopiù adolescenti che per anni sono rimasti incollati ai teleschermi per ammirare le gesta di gente come il compianto Eddie Guerrero, Rey Mysterio e il famosissimo The Undertaker. Il boom in quegli anni fu così forte che la stessa WWE giunse in Italia per registrare una puntata di Monday Night RAW a Milano, storico show settimanale della compagnia, privilegiandoci di un’opportunità che, ad oggi, è concessa solo all’Inghilterra. Poi, però, dopo il caso Chris Benoit, sembra quasi che la magia si sia interrotta e il wrestling sia stato bollato da tutti come “finto”, immeritevole di una possibilità. Ebbene, io credo il contrario. Oggi vi spiegherò per quale motivo questa disciplina, nonostante l’apparente finzione che ci accompagnerà per tutto l’articolo, meriti un’occasione.
Cos'è e cosa non è il wrestling
Innanzitutto, il wrestling non è propriamente finto ma predeterminato.
I wrestler sanno come finiscono i loro match e si colpiscono nel modo più realistico e meno duro possibile, tenendo comunque conto del loro costante allenamento che li prepara a saper subire al meglio le mosse. L’obiettivo non è generare una competizione tra i lottatori (come nel pugilato) ma portare avanti una storia, questo proprio perché gli esiti degli incontri sono già decisi. Questo è lo sport-entertainment. Ciò che deve attirare la nostra attenzione è la bellezza delle manovre, l’osservare quale sia più dura dell’altra, non la loro veridicità.
Quello che amo della disciplina è proprio la componente dello spettacolo, il “finto”, per capirci, che si basa sulla contrapposizione tra face (buoni) e heel (cattivi), oltre a figure di confine, dette tweener. La parola “entertainment” ne riassume il concetto. Lo spettacolo del wrestling, oltre al lottato, è quello parlato, raccontato, vissuto. Da cosa nasce un match? Nasce da una rivalità fra due o più wrestler, una storyline nella quale si racconta un motivo per sfociare nel match. Le abilità di un lottatore in quest'ambito, alle volte, possono davvero fare la fortuna dello stesso.Tra l'altro, un buon wrestler deve anche essere in grado di applicare questa teatralità negli incontri, proprio per dare realismo al tutto. Un esempio dal quale partire? John Cena vs AJ Styles di SummerSlam 2016. Attraverso l'uso di mosse dall'alto tasso di spettacolarità, i due raccontano una storia in cui il volto del wrestling extra-WWE decide di farsi un nome sfidando l'indiscusso volto della federazione.
Prendiamo per esempio gente come il già citato The Undertaker, che per tutta la sua carriera ha sempre mantenuto intatta la kayfabe, la linea sottile che separa ciò che è reale da ciò che non lo è col solo scopo di risultare il più vero possibile. È anche grazie a questo suo impegno che egli è ricordato come uno dei più grandi wrestler in assoluto, uno dei pochi a rimanere fedele al suo personaggio, quello del becchino, fino alla fine della sua carriera. Il personaggio, così come la capacità di saperlo interpretare, sono importantissimi per un wrestler, perché è una disciplina che è basata sull'impatto visivo sul pubblico. Un lottatore alto e muscoloso, seppur meno bravo di un suo collega più basso e meno robusto, per antonomasia farà sempre più impressione. Ecco, è proprio in questo che consiste tale “gioco”: l’impressione. Nonostante nel corso degli anni questo protagonismo della presenza scenica di un wrestler sia andato via via a ridursi, ancora oggi contano le misure. Per esempio, se tu gigante di 2 metri e 150 chili di muscoli bussi alla porta della WWE, che è una delle ultime federazioni al mondo a tenere ancora conto di questi dettagli, puoi star certo che avrai molte più possibilità di aver successo rispetto a un lottatore alto 175 cm e pesante un massimo di 110 chili. D’altronde, è sempre di wrestling che si sta parlando.
Ad ogni modo, non sono solo le dimensioni e i muscoli a imbastire un personaggio su un wrestler. Cos’altro contribuisce? I costumi, comunemente noti come attire. Come non si può far caso alle vesti da pazzoide di Bray Wyatt? L’Eater of Worlds è da sempre conosciuto per le sue caratteristiche canotte abbinate a giubbe trascurate o, come un tempo, a camicie hawaiane, per le quali di certo non si pensa a Bray come a un turista di passaggio, con il suo cappello, i pantaloni rattoppati, le scarpe in pelle di serpente e una lanterna alla mano.
Un altro fattore che influisce possono essere anche i capelli o la barba. Celebre il caso del già menzionato Hulk Hogan, che dopo esser passato clamorosamente nelle fila dei cattivi nel 1996, decise di farsi crescere una barba scura e incolta a far da sfondo ai suoi famosissimi baffi biondi. L’ideologia dell’heel “Hollywood” Hulk Hogan è diventata iconica nel tempo e ancora adesso rappresenta un cliché nel mondo del wrestling.
Infine, non si possono tralasciare i taunt, le classiche movenze e insulti del wrestler atti ad aizzare il pubblico, a provocare una reazione, come quello del “tagliagole” dello stesso Undertaker, spesso volti a precedere le finisher dei lottatori, le mosse risolutive che differenziano un personaggio da un altro, come nel caso della leggendaria Tombstone Piledriver del “Deadman”.
Non solo WWE
Il wrestling è bello perché è vario. Con Internet dalla nostra, possiamo esplorare gli stili di lotta più disparati, dall’acrobatica e spericolata Lucha Libre messicana, al wrestling indipendente di tutto il mondo, fino al caratteristico Puroresu giapponese, promotore del lottato più duro al mondo, senza però dimenticare l’importanza dello storytelling, la già citata abilità di saper raccontare una faida durante il match. A tale esempio si rifanno due dei migliori match della storia. Il primo vede coinvolti, nel lontano 2003, due immortali della disciplina: Mitsuharu Misawa e Kenta Kobashi. Il match è un capolavoro senza tempo, per molti il migliore di sempre.
Il secondo ha per protagonisti Kazuchika Okada e Kenny Omega. Il palcoscenico? Wrestle Kingdom 11. L’incontro è un misto incredibile di storytelling e lottato così bello da meritare anche una valutazione di sei stelle su cinque dall’autorevole giornalista sportivo Dave Meltzer. Proprio per questo, l’incontro è stato per settimane sulla bocca di tutti.
Ricapitolando: perché il wrestling merita una chance? Perché non è il semplice sport finto che crediamo ma una disciplina diversa sì dalle altre, ma che sa comunque sfruttare in positivo le sue peculiarità, il suo essere spettacolo. Ogni tipo di combattimento può veramente lasciarci qualcosa.
Il wrestling, ora più che mai, merita sicuramente un'opportunità.