The Zerbi Circus
Storia e storie intorno all'allenatore più hype della Serie A 2018-19
14 Settembre 2018
Tra le mille canzoni prodotte dalle major in questo inizio di stagione, è spuntata fuori dal nulla una canzone indie. Nessuna grande etichetta alle spalle, nessun lancio in pompa magna sulle radio nazionali. Il pezzo si è affermato dal basso, ha scalato le classifiche di Spotify fino ad arrivare in Serie A. La musica è sempre la stessa, da anni: “Salvezza”. Il frontman della band, però, dall’inizio di questa stagione è cambiato. Si chiama Roberto De Zerbi ed è l'allenatore del Sassuolo, una delle squadre che stava rapidamente diventando una delle squadre più inutili e odiate della Serie A e che invece si sta rivelando essere la squadra hipster e divertente da guardare la domenica alle tre.
Il protagonista principale è senza dubbio lui, che ha alle spalle ha una storia bella e intensa.
Una storia di calcio
Roberto De Zerbi è stato un buon calciatore. Non un fenomeno, intendiamoci, ma comunque uno dai piedi buoni, che probabilmente avrebbe potuto raccogliere di più in una carriera finita troppo presto a causa degli infortuni. La sua parentesi al Foggia resterà uno dei momenti più luminosi: De Zerbi, nella stagione 2002-2003, conquista la promozione in Serie C1 con il Foggia di Pasquale Marino. E conquista anche il soprannome di “Luce”, grazie alla sua visione di gioco. Il Foggia, la Luce, la visione di gioco. Nel passaggio da giocatore ad allenatore, De Zerbi sembra aver semplicemente traslato la sua carriera su un livello superiore. Dall’applicazione pratica sul campo ai concetti, per passare di nuovo all’applicazione pratica. Questa volta dalla panchina, però.
La carriera di De Zerbi oscilla nel sud della nostra penisola, nella stagione 2005/06 gioca col Catania segnando 7 gol, poi passerà al Napoli di Reja dove resterà per quattro stagioni e due prestiti in Serie B (Brescia ed Avellino).
De Zerbi gioca anche in Champions League con la maglia del Cluj: il 19 settembre 2010 fa il suo esordio nella massima competizione. Questo il primo gol del centrocampista con la squadra romena. Un piccolo assaggio delle grandi qualità di De Zerbi, dotato di un mancino così indie:
De Zerbi nel gennaio del 2013 firma con il Trento, in Serie D. Quella 2012-2013 sarà la sua ultima annata da calciatore: “Forse avrei potuto anche continuare, ma avevo una voglia matta di allenare”, dichiarerà poi in un’intervista a Repubblica. Nel frattempo, infatti, l’attuale frontman del Sassuolo ha già preso il patentino UEFA B. Nel novembre 2013 inizia la sua esperienza in panchina: retrocessione dalla Serie D all’eccellenza con il Darfo Boario. Non un grande inizio. Primo concerto andato male, però lui non molla.
Il circo di Pep e principi di gioco
Il primo passo per mettere su un circo è chiedersi: come diavolo è fatto un circo? Allora non puoi fare altro che andare a seguire i domatori di leoni da vicino. Uno dei domatori di leoni più famosi, nel calcio, sicuramente è Pep Guardiola: piaccia o no, ha scritto la storia del circo. Il giovane De Zerbi (classe 1979, è bene ricordarlo) va letteralmente a studiare il guardiolismo applicato. Osserva il tiki-taka alla tedesca da vicino, seguendo il Bayern Monaco allora allenato proprio da Pep. Una visita importante, dalla quale De Zerbi ha imparato parecchio. Poi, però, ha messo in piedi il circo a modo suo. Perché questo fanno quelli bravi: studiano dai migliori, poi si mettono in proprio. Perché sono migliori, appunto, e non meri emulatori di stili di gioco altrui.
Eppure, parlando di De Zerbi e del suo stile di gioco, qualcuno parte subito con il paragone a un altro maestro: Zdenek Zeman. L’accostamento è facile, banale, immediato, visto che entrambi hanno allenato il (e lasciato un ottimo ricordo al) Foggia, in ere geologiche diverse ma facendo divertire (e sognare) i tifosi quasi allo stesso modo. Ed ecco così che De Zerbi viene etichettato come nuovo Zeman. Anche se non potrebbe esserci paragone più sbagliato, come affermato da lui stesso in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Zeman è un grande maestro di calcio, ma rispetto alla mia idea il suo gioco è più verticale, ed è codificato. Io preferisco far tenere quanto più possibile la palla tra i piedi dei miei giocatori. Io e Zeman siamo agli opposti”.
Il disco dell'anno
Quindi, quali sono i principi di gioco di De Zerbi? Ok, forse meglio schiacciare play. Lasciamo cantare The Zerbi Circus:
#1 Nessun modulo di riferimento. Per distanziarsi ancora di più da Zeman, De Zerbi non ha nessun modulo di riferimento. Dice che gli piace modificare la sua idea, dice di essere curioso. Col 4-3-3 sembra andare a nozze, ma non ditelo a nessuno;
#2: Possesso palla. In base alle statistiche, il Foggia di De Zerbi aveva il 65/70% di possesso palla a partita. Il tecnico del Sassuolo crede più nel gioco di costruzione rispetto a quello reazionario: la sua rivoluzione parte palla al piede e prosegue verso la porta avversaria, con l’obiettivo di conquistarla stile Bastiglia;
#3: Superiorità numerica. E il possesso palla porta direttamente alla terza traccia dell’album: la ricerca degli spazi, la creazione della superiorità numerica. Anche per questo De Zerbi ha un debole per i giocatori tecnici e abili nei fraseggi stretti;
#4: Calciatore come centro di gravità permanente. Gli stessi vengono posti al centro di tutto: De Zerbi “parte dal singolo per arrivare al collettivo”, con l’obiettivo di far rendere ogni elemento al massimo delle sue potenzialità;
#5: Costruzione dal basso. Per dire: al Foggia spesso l’azione veniva cominciata da Narciso, il portiere. Quello che succede anche con Guardiola. E probabilmente non è un caso;
#6: Pazienza. La sfera gira, gira, gira. Va bene anche il gioco orizzontale (e invece Zeman è verticale, così, per dire), se orientato alla ricerca dello spazio giusto. Con pazienza, e sempre con la palla tra i piedi.
#7: Palla a terra. No, il pallone non si alza, deve restare in contatto con l’erba. Ok, ogni tanto può anche volare, ma solo per creare situazioni di uno vs uno o per crossare al centro dell’area.
#8: Pisa merda. Questa è davvero una canzone. E forse è il pezzo dei The Zen Circus che meglio rappresenta De Zerbi: niente di personale, Pisa e i pisani sono bellissimi. Però la squadra allora allenata da Gattuso, nel 2016, sconfisse proprio il Foggia di De Zerbi in finale di playoff e conquistò la Serie B. Quindi:
Ad esempio a me piace il Sud
È proprio a Foggia che la Luce di De Zerbi torna a brillare: dal campo alla panchina, l’allenatore guida i rossoneri in due anni pieni di soddisfazioni (Coppa Italia della Lega Pro nel 2016) ed entusiasmo. Il suo gioco incanta, Iemmello segna a ripetizione, la squadra vince, alcune volte subisce troppi gol (tipo nella citata finale contro il Pisa, quando ne incassa 4 e dice addio al songo Serie B) ma alla base c’è sempre la volontà di proporre calcio. La sua storia a Foggia sembrava dovesse continuare in eterno, e invece dopo il rinnovo fino al 2019 è arrivata la risoluzione contrattuale.
Da lì, la chiamata del Palermo e l’occasione Serie A: da settembre a novembre 2016, De Zerbi prova a mettere in mostra la sua idea di calcio nella massima serie, che però è spietata e non lo perdona. In dodici partite, i rosanero conquistano appena una vittoria, pareggiando due volte e perdendo nove partite (di cui sette di fila, record negativo nella storia del Palermo). Anche Zamparini è spietato e non perdona: esonero per De Zerbi, che dopo la sconfitta ai calci di rigore contro La Spezia in Coppa Italia lascia la guida della squadra. Prima di avere un’altra occasione dovrà aspettare almeno un anno. Alla fine, arriva: vola su una scopa e ha tanta voglia di far bene al ballo dei debuttanti. I destini di De Zerbi e del Benevento si incontrano in maniera così lineare da non destare quasi alcuna sorpresa.
Subentrato a Baroni il 23 ottobre del 2017, De Zerbi comincia ad applicare il suo sistema di gioco alla nuova squadra. Il Benevento non è pieno zeppo di campioni; il Benevento fatica, resta fanalino di coda per tutto il campionato; il Benevento non è all’altezza, eppure De Zerbi non lo sa (o più probabilmente non gli importa) e vuole farlo giocar bene. E ci riesce.
Lentamente, come è lenta e paziente la sua costruzione del gioco, il Benevento alza la testa. Il primo ad alzarla veramente è Brignoli, che entra nella storia del club pareggiando di testa al 95’ la folle sfida contro il Milan del 3 dicembre 2017. Primo punto per il Benevento, che a fine stagione ne raccoglierà solamente 21. Altri 3 arriveranno ancora contro il Milan (0-1 a San Siro), in un’altra giornata storica per le Streghe e tremenda per i rossoneri. Fari e cose belle della squadra di De Zerbi: la rivincita di Diabaté, la scoperta Brignola, il bel gioco espresso a sprazzi con una squadra decisamente inferiore tecnicamente rispetto a tante altre.
E tutto questo è valso a De Zerbi la chiamata del Sassuolo.
Inizio indie, metodi indie
Cosa c’è di più indie di avere a disposizione un centravanti come Babacar e utilizzare invece un centrocampista come Boateng nel ruolo di falso nueve? De Zerbi ha lanciato il suo Sassuolo e il campo, almeno in questo inizio di campionato, gli sta dando ragione: 7 punti conquistati, 8 gol segnati (miglior attacco del campionato), secondo posto in classifica. Battuta anche l’Inter di Spalletti, sicuramente più attrezzata. Ma De Zerbi ha già dimostrato di poter tirar fuori davvero il meglio dai suoi, senza paura degli avversari, senza smentirsi mai, continuando con la sua filosofia di gioco. E utilizzando anche metodi piuttosto indie: nel nuovo album di De Zerbi c’è un feat. Massimo Carcarino, match-analyst che si occupa di studiare a fondo la squadra avversaria e di dare indicazioni all’allenatore. Anche a partita in corso. Il modo in cui attaccano, il modo in cui si difendono, i punti di forza e i fianchi scoperti: gli avversari sono messi sotto la lente d’ingrandimento, per una cura maniacale della partita.
Chissà quanti video della Juventus saranno stati trasmessi al centro di allenamento del Sassuolo in questi giorni. E chissà in quanti di questi sia comparso Cristiano Ronaldo, lucido, brillante, fortissimo e anche un po’ fastidioso.
Il Sassuolo di De Zerbi è pronto a sfidare la regina delle major, che comanda il panorama calcistico italiano ormai da 7 anni, vincendo dischi d’oro su dischi d’oro. Per uno indie come De Zerbi, però, poco importa. Non conta l’avversario, e neanche l’anima conta: quello che conta davvero è giocare palla a terra.