The English Football Diary - E02: Everton - Crystal Palace
3.219,09 chilometri, 4 partite, un diario del calcio britannico
26 Ottobre 2018
Everton è il nome di un quartiere situato nel nord di Liverpool, dove un parco, Stanley Park, divide lo stadio di Anfield da Goodison Park. Mi sveglio, sono le 9, mancano 7 ore alla partita. Fremo. Il viaggio da Manchester è stato breve e all’arrivo la porta di casa è blu. Significa che Aamir tifa Everton, al contrario del suo vicino che tifa Reds. Inganno l’attesa facendo due passi in centro, una birra e un fish and chips nella zona portuale dell’Albert Dock aiutano le lancette dell’orologio a correre. Il cielo è grigio, inizia a piovere e aspetto il pullman per lo stadio al riparo davanti ad un supermercato Tesco dove si iniziano ad intravedere sciarpe biancoblu. Il pullman però tarda, ho i piedi inzuppati d’acqua e le ore che mancano ad inizio partita sono ormai 2. Si gioca alle 16:00 ed il fatto di non essere ancora lì due ore prima del fischio d’inizio mi innervosisce. Il pullman passa, scendo e cammino per 10 minuti. Mi viene in mente che ancora devo ritirare il biglietto in cassa. Corro. Dall’altra parte del vetro, Melanie, dalla targhetta che porta sulla giacca, sembra non avere tutta la fretta che ho io e pare metterci un secolo a trovare il mio biglietto. Finalmente ce l’ho in mano e sono euforico perché “this savvy plays Everton, lad!”
La gente arriva a piedi attraversando Stanley Park e si riversa nelle viette che circondano Goodison. Oltre che dagli innumerevoli pub, l’impianto è circondato da case dalla facciata tipica inglese e l’aria che si respira ha un non so che di famigliare, come se tutti si conoscessero da sempre e a vedere il loro Everton ci andassero col compagno di banco delle elementari. È difficile da spiegare, non sembra di essere in una città da più di mezzo milione di abitanti. Piuttosto sembra di essere in un piccolo paesino, lontano dal caos della metropoli e dove anche la lingua dice un po’ chi sei. Ecco, se vieni da questi parti sei uno Scouser e il tuo accento mi rende praticamente impossibile capirti. Chiedo indicazioni su come trovare l’entrata segnata sul biglietto e alla mia faccia perplessa lo steward risponde “Oh sorry, I speak Scouse”. Cammino tra le gigantografie di Kevin Sheedy, Peter Reid e Marouane Fellaini (“ He’s better than Steven G!”, intonava un coro qualche anno fa da queste parti), passo i tornelli, tra mattoni di pietra e tutto ciò di più anti- tecnologico che ci sia. Faccio le poche scale che mi servono per entrare nel block FE2.
Goodison Park, ho i brividi.
Everton – Crystal Palace @Goodison Park
Manca mezz’ora, lo stadio è semi vuoto, i miei bpm stanno per superare il limite consentito e sono al settimo cielo. Poco più di 40.000 posti a sedere ma l’impressione è quella di stare nel campetto dove da piccolo tua madre ti veniva a cercare quando non eri ancora tornato all’ora di cena. Niente di avveniristico, tutto sembra essere rimasto come quando, nel 1892, lo stadio fu inaugurato, per diventare la casa dei Toffees. Mother Noblett's Toffee Shop era il nome di un negozio di dolci situato nei pressi dello stadio, che rimaneva aperto anche il giorno delle partite, da qui, secondo una delle due versioni della storia, proviene il soprannome. Secondo l’altra versione, invece, proviene dalla Toffee lady che prima di ogni partita distribuiva sugli spalti del toffee, caramella tipica di Liverpool.
I tifosi entrano e l’atmosfera è di come non ne ho mai viste. Va detto che se sei nelle prime file, allungando la mano, riesci a toccare il prato. Questa vicinanza fisica, rende anche più vicini i giocatori. La gente parla con loro mentre si scaldano e uno steward passa la palla ai bambini in tribuna in modo che possano darla ai giocatori. Mi sento a casa, suona l’inno, si comincia.
My hearts full of pride and passion
For this team that we adore
And with all my family with me
We'll support you evermore
Il nuovo idolo di casa è Richarlison, appena acquistato dal Watford per 55 milioni di euro, che insieme a Bernard formano la colonia brasiliana dei Blues. Poi Walcott e Sigurdsson a chiudere un reparto offensivo di tutto rispetto. Nel Crystal Palace c’è Townsend in attacco con Wilfried Zaha, mancino dal talento purissimo che però non è mai riuscito a fare il salto di qualità. La partita è chiusa, il ritmo basso. Un occasione per i padroni di casa a fine primo tempo e niente di più. Lo spettacolo è per lo più tra i tifosi che saltano in piedi appena la propria squadra super la metà campo per poi sbuffare e tornare seduti appena viene ricacciata indietro.
L’ half time con meat pie e birra passa veloce e anche la prima parte del secondo tempo. I miei piedi si stanno asciugando e i le nuvole lasciano spazio ad un sole timido. Minuto 60’, rigore per il Crystal Palace. Pickford para con i piedi. “England’s number 1” si alza dalla Gwladys e inizia un’altra partita. Marco Silva inserisce Tosun e Calvert-Levin per André Gomes e Bernard e i gol all’ 87esimo e 89esimo sono loro. Al gol dell’uno a zero i tifosi Toffees impazziscono, al secondo ancor di più.
È tutto una figata, spero che il tempo si fermi e tutto questo non finisca mai. Voglio addormentarmi a Goodison Park, svegliarmi a Goodison Park, colazione, pranzo e cena a Goodison Park. Voglio vivere a Goodison Park, andare allo stadio con i miei amici di sempre ed esultare col mio vicino di casa. Bere una birra col giornalaio dietro casa e tornare dopo il 90esimo, attraversando il parco, con la sciarpa bianco blu attorno al collo e orgoglioso di tifare Everton.
Sono a Liverpool e mi sento a casa.