Il mondo di Klopp
L'abilità comunicativa e la grande empatia del tecnico tedesco sono i fondamenti del suo successo.
27 Gennaio 2019
Avete presente lo spot pubblicitario di cui Jurgen Klopp è protagonista? Quello in cui si fa buio e la troupe non può più girare perché la luce se n’è andata, mente il tecnico del Liverpool sorride in macchina con i suoi quarantadue perfetti denti bianchi, affermando che lui di luce ne vede ancora un sacco.
Ora lasciamo perdere un attimo che lì si magnificava la presunta potenza miracolosa dei fari di un’ automobile; piuttosto la cosa interessante è che, a pensarci bene, non mi viene in mente nessun altro tecnico al mondo che avrebbe potuto prendere parte a quella gag pubblicitaria. Nessuno come Jurgen Klopp riesce a trasmettere quella sensazione, che ci sia ancora tanta luce a disposizione, anche quando non la vede nessun altro. Mai come quest’anno il suo Liverpool, insieme al Manchester City, sembra essere candidato alla vittoria finale e tutto l’ambiente reds è sempre più pazzo di lui, nonostante la finale di Champions League persa l’anno scorso contro il Real Madrid. In una Premier in cui Mourinho è definitivamente fuori dai giochi e in cui Guardiola è ormai schiacciato dal peso della sua stessa personalità, Klopp in questo momento sembra essere l’allenatore più elettrico e in voga.
Più o meno tutti conosciamo la storia di Klopp: una modesta carriera da calciatore con il Mainz nella seconda divisione tedesca, seguita a stretto giro dal debutto come allenatore sempre per il Mainz, mentre ne era ancora un giocatore tesserato. Nel 2008 il passaggio al Borussia Dortmund con cui conquista due Bundesliga, due Supercoppa di Germania e una Coppa di Germania (e una finale di Champions, poi persa contro il Bayern Monaco), portando alla ribalta una piazza che in tempi recenti era finita nell’ombra e che ancora oggi mentre scrivo gode dell’onda lunga del prestigio che ha saputo riacquistare sotto la sua guida tecnica.
Il passaggio al Liverpool nel 2014 fu una chiara manifestazione delle fantasie della dirigenza e della tifoseria dei Reds, nella speranza che il tecnico tedesco riuscisse in un prcesso non dissimile, nel riportare un titolo nazionale che dalle parti di Anfield manca da ormai circa trent’anni. Da quando si è seduto sulla panchina della squadra, Klopp ha convinto tutti, sapendo migliorare sensibilmente e visibilmente di anno in anno, fino a raggiungere una storica finale di Champions l’anno scorso e trovarsi primo in campionato quest’anno, che sembra essere finalmente quello giusto per tornare sul tetto d’Inghilterra.
Sono tanti gli elementi tecnici e non che si possono analizzare, uno su tutti è quello che soprattutto in questi ultimi tempi si sta rivelando sempre di più: la stessa personalità di Klopp, le sue abilità comunicative fuori e dentro il campo. Sono ormai virali diversi stralci di conferenze stampa da tecnico del Liverpool, e stanno tornando in auge anche quelle dell’epoca Borussia Dortmund. Quando parla, Klopp trasuda empatia ed intelligenza, oltre ad un evidente senso dell’umorismo: in poche parole è un eccellente oratore. Questa qualità è ancora più evidente da quando le sue conferenze si svolgono in inglese, che non essendo la sua lingua madre lo costringe ad essere ulteriormente chiaro e conciso nello spiegare concetti tattici e non. In Premier possiamo confrontarlo con altri tecnici: c’è l’indolente Guardiola, che sembra sempre fare un favore a tutti nel trovarsi assediato dalle domande e soffrire tantissimo ad ogni conferenza; c’era Mourinho, con il suo stile aggressivo ai limiti della sociopatia; da qualche tempo abbiamo anche Sarri, che basa sull’umorismo e una sorta di consapevole sottomissione la sua tecnica comunicativa.
Klopp in un certo senso riunisce tutte queste qualità senza lasciarne prevale nessuna. Non dà l’idea di essere scocciato come Guardiola, ma allo stesso tempo la sua puntualità e precisione danno l’impressione che non abbia tempo da perdere, in un modo che però non ci risulta fastidioso come quello del tecnico spagnolo, ma che ci fa quasi sentire in colpa nel rubare del tempo a quell’uomo sorridente. Come Mou anche Klopp sa prendere in giro i giornalisti al momento giusto, ma senza mortificarli, mantenendo sempre un’aria di affabilità e un’energia che non si trasforma mai in negativa come quella dell’ex allenatore del Man United. È invece vicino a Sarri per l’uso dell’umorismo, questo è spesso nel tecnico toscano uno strumento per tirarsi fuori da situazioni complicate, da cui anche per la poca padronanza linguistica non saprebbe tirarsi fuori altrimenti, in Klopp è uno strumento di “potere” sull’interlocutore, è spesso un’ironia pungente che spiazza i giornalisti.
Queste modalità comunicative sono riprovate essere parte anche dell’ambiente che Klopp sa creare nel proprio spogliatoio, in cui i calciatori arrivano a fidarsi ciecamente di lui e viceversa.
La “catena di montaggio” di una squadra di Klopp sembra essere proprio questa: sapersi conquistare lo spogliatoio, inculcare i dettami tattici, portare il tutto ad un livello eccellente. Sì perché senza la capacità di empatizzare con i propri giocatori (ma anche collaboratori, ambiente e tifosi) prima come persona che come tecnico, sarebbe veramente molto difficile richiedere poi lo sforzo e la pazienza necessaria a mettere in pratica il suo calcio, fisicamente estenuante e che richiede una compattezza di squadra e tra reparti che non può essere presente solo quando si gioca, ma che si deve creare durante ogni singolo allenamento e non in qualche mese, ma anche in anni. Nel 2008 Klopp puntò fortissimo su una coppia di centrali difensivi diciannovenni, Neven Subotic e Mats Hummels, trasformandoli in una sicurezza. Subotic affermò che ‘Klopp dà ai giocatori rispetto e fiducia’; ancora più eloquenti le parole della leggenda del Liverpool Emil Esce “Penso che i giocatori al giorno d'oggi preferiscano un tipo di manager amorevole, e lui sa davvero come ottenere il meglio dai giocatori in questo modo: Klopp sembra sapere come farlo meglio degli altri manager”; c’è poi Oxlade-Chamberlain, che ha identificato proprio nella figura di Klopp uno dei motivi principali del suo trasferimento di circa un anno fa dall’Arsenal al Liverpool: “La cosa che ha spiccato per me è stata la sua relazione con i giocatori, quanto vicino sembra legarsi ai giocatori dentro e fuori dal campo: è sicuramente una grande cosa e un grande vantaggio quando stai cercando di progredire, avere questa relazione con il manager sicuramente aiuta.”
Le stesse parole dell’allenatore tedesco descrivono meglio di chiunque la sua capacità di mantenersi in equilibrio tra due mondi in apparente contrasto e impossibili da conciliare: quello della figura del tecnico come condottiero carismatico e la figura paterna e comprensiva: “Abbiamo un rapporto, una relazione d'affari, dove io sono il capo e loro sono i miei dipendenti, per così dire” ha detto prima della finale di Champions dell’anno scorso al sito della Uefa "Ma il calcio non dovrebbe funzionare in questo modo, perché dopotutto è un gioco. Io come persona, voglio avere uno stretto rapporto con loro, perché voglio capirli. Voglio sapere perché le cose accadono. Sono grato a loro per quello che hanno raggiunto. Ecco perché sono così grato e gliel'ho detto. Siamo in questo viaggio insieme. Siamo venuti qui insieme. È così che voglio essere capito anche io. Andremo fino in fondo insieme: questo è il piano.”
Elmar Neveling, autore della prima biografia su Klopp, uscita nel 2011, ha definito (in questa intervista) l’uomo cresciuto in un paesino della foresta nera non solo come un grande allenatore, ma anche uno che “ha una risata contagiosa ed è capace di raccontare aneddoti in maniera divertente. Anche come intrattenitore avrebbe buone possibilità. Ha una particolare sensibilità nel rivolgersi a ogni giocatore. Jürgen non solo ha una grande conoscenza del Gioco, ma la sa trasmettere anche molto bene. Per esempio quando, alla presentazione come manager del Liverpool, ha detto: ‘Sono il Normal One‘. Una bugia, perché Klopp non è assolutamente un tecnico ordinario.” E ancora: “È un Menschenfänger, uno che cattura le persone, uno che crede a quello che dice. I giocatori lo seguono. ‘Ognuno corre per lui e dà il massimo sul campo per non deluderlo’, ha spiegato Subotić. Pepijn Lijnders, un assistente di Klopp, ha raccontato un altro aspetto del lavoro del tecnico tedesco al quotidiano olandese De Volkskrant: ‘Jürgen crea un ambiente familiare. Diciamo sempre: 30% tattica, 70% team building.’”
La sua abilità comunicativa e intelligenza, gli hanno permesso anche di esprimersi in territori lontani dal calcio, ad esempio quelli politici. Durante un’intervista a Channel 4 News si è per esempio pronunciato sulla Brexit in modo ineccepibile ed estremamente condivisibile:
Ha poi affermato che non potrebbe mai votare a destra; la cosa più interessante di tutte è che Klopp associa la sua fede politica al suo modo d’essere, al fatto che tiene veramente alle persone. In altri termini, ne fa una questione di umanità, ma sempre mantenendo un pensiero lucido e razionale, mai lasciandosi trasportare al macero dalle sole pure emozioni.
È esattamente ciò che si rispecchia in campo nelle sue squadre o come percepiamo la sua figura a bordo campo: cuore a non finire, intensità incredibile e sangue caldo, bilanciati da organizzazione tattica e disciplina. Una formula difficilissima da ottenere ma che Jurgen Klopp sta riuscendo a portare avanti ormai da anni con continuità sconvolgente e forse non abbastanza apprezzata.