Perché le tifoserie di Ajax e Tottenham sono così legate ai simboli ebraici?
Da un lato i Super Jews, dall'altra la Yid Army
30 Aprile 2019
Juventus Stadium, 16 Aprile 2019: l’Ajax dei giovanissimi firma un’altra impresa dopo quella contro il Real Madrid. Rimonta lo svantaggio iniziale rimediato dai bianconeri e ferma il punteggio sull’uno a due che vale la qualificazione. I lancieri sono in semifinale, i giocatori sono increduli, l’allenatore ten Hag corre in campo ad abbracciare tutti. Le telecamere di Sky Sport si spostano sul settore ospiti in visibilio, dove da una massa di supporter a petto nudo sbuca all’improvviso la bandiera d’Israele, tesa e visibile chiaramente. Le telecamere tornano immediatamente sul campo.
Per la maggior parte degli spettatori televisivi si è trattato poco più di un episodio curioso se non casuale. In realtà c’è un motivo ben preciso dietro alla comparsa di quella Stella di David che ha campeggio nel settore ospiti dello Juventus Stadium. La simbologia ebraica utilizzata da molti ultrà dell’Ajax non si ferma infatti qui: stelle di David tatuate, bandiere, cori in ebraico (non è infrequente sentir cantare l'Hava Nagila) e soprattutto un nome: “Super Jews”.
Amsterdam è tradizionalmente considerata una città ebrea, conosciuta al tempo come la “Gerusalemme occidentale”. Prima della seconda guerra mondiale nella città olandese abitavano 80.000 dei 140.000 ebrei presenti in Olanda, la maggior parte dei quali tifosa dell’Ajax. Il motivo è presto detto: Jodenbuurt (lo storico quartiere ebraico nel centro della città) dista appena una decina di minuti in macchina o con i mezzi dall’attuale Amsterdam ArenA. Una comunità estesa e molto forte che alla fine della Seconda Guerra Mondiale si vide ridotta del 75%; oggi l’anima ebrea della città è quindi decisamente affievolita rispetto alla prima metà del Novecento. Nonostante il tessuto cittadino abbia perso la sua forte connessione alla cultura e religione i tifosi dell’Ajax hanno mantenuto un’identità ebraica sbandierata in modo aggressivo e il club olandese è tutt’oggi considerato legato alle sue origini, anche grazie alla presenza di dirigenti e giocatori ebrei nella storia del club, soprattutto durante gli anni Sessanta e Settanta.
L’oggettiva presenza di un background culturale di origine ebraica spiega solo parzialmente la scelta dei tifosi più accaniti dell’Ajax di chiamarsi “Super Ebrei”. Sono infatti individui che non hanno nulla a che fare con quella cultura ma che scelgono di identificarcisi per una ragione strettamente sportiva. Nel corso della storia, le rivalità con le altre tifoserie (specialmente Feyenoord e ADO Den Haag, la squadra dell'Aia) sono spesso sconfinate in offese antisemitiche nei confronti dei tifosi dell’Ajax visto le tradizioni del club: da qui l’identificazione con tutto ciò che rappresenta la cultura ebraica, una vera e propria reazione che niente ha a che vedere con religione o politica. La stella di Davide per molti è diventata simbolo della squadra quanto la testa di Aiace stilizzata nello stemma: si è spogliata di ogni significato se non quello calcistico e di appartenenza al club olandese, diventando un’estensione dell’identità dei tifosi.
Il problema di quest’associazione tra tifo e cultura ebraica è che suscita ripercussioni al di fuori del mondo del calcio. Gli ebrei che oggi vivono ad Amsterdam (anche quelli tifosi dell’Ajax) disprezzano fortemente i “Super Jews”, considerandoli offensivi: la storia della diaspora ebraica e la ferita ancora aperta della Shoah hanno spesso instillato negli ebrei sparsi per l’Europa un sentimento di vergogna delle proprie origini, paura di esser riconosciuti ed identificati esclusivamente come ebrei. Vedere delle persone che si fregiano dei simboli della propria cultura, ostentandoli fieramente, provoca in molti confusione e risentimento. Un argomento così complesso e sentito al punto che la regista Nirit Peled nel 2013 ne ha tratto un documentario dal titolo “Superjews”, nel quale raccoglie opinioni di tifosi e veri ebrei, indagando l’identità di entrambi per capire se la “conversione calcistica” di queste persone possa essere considerata reale e comparabile alla cultura della regista, ebrea perchè nata da genitori ebrei, seppur non praticante. La bandiera israeliana è intrisa di significati politici e sociali complessi, rappresentanti una delle pagine più controverse della recente storia contemporanea. Vederla sventolare durante una partita di calcio, spogliata di ogni significato, non deve essere un’immagine facile da digerire per molti, che a ragione intravedono una semplificazione estrema della propria complessa cultura. Una sensazione ben illustrata anche da una delle scene chiave del documentario, in cui la regista è allo stadio circondata tifosi che, in un momento particolarmente concitato della partita, iniziano ad intonare “chi non salta non è un ebreo”: tutti intorno a lei saltano sugli spalti mentre lei rimane attonita ed immobile.
I Super Jews non suscitano solo il dolore insito all’interno della delicata questione dell’identità e della storia ebraica, ma espongono anche persone lontanissime dal mondo sportivo ad una violenza che non meritano. La “Dokwerker Statue” serve a ricordare il 25 Febbraio 1941, giorno in cui la città di Amsterdam si unì in sciopero contro le leggi antisemitiche imposte dai tedeschi. È ovviamente posizionata all’interno del quartiere ebraico della città, non lontano dalla casa di Anna Frank: ad inizio dello scorso Marzo alcuni tifosi dell’ADO hanno imbrattato la statua di verde e giallo, i colori societari della squadra dell’Aia; non contenti anno anche disegnato svastiche nelle strade vicine. Solo un mese prima tifosi del Feyenoord erano stati ripresi a cantare parole agghiaccianti: “Mio padre era con il commando, mia madre con le SS. Insieme hanno bruciato gli ebrei perchè gli ebrei bruciano al meglio”.
Atti che hanno scatenato polemiche in tutta Olanda. Il rapporto tra tifosi attrae insomma un antisemitismo feroce che colpisce esclusivamente chi con il calcio non c’entra nulla. La federcalcio olandese ha deciso di occuparsi del problema, aumentando le multe e cercando di educare i più giovani.
Il caso ha voluto che a soli due anni dalla semifinale di Europa League l’Ajax dei “Super Jews” incontrerà nelle semifinali di Champions il Tottenham della “Yid Army” - l’armata ebrea. Il club inglese ha un background molto simile a quello olandese: il Tottenham rappresenta il nord-est di Londra, zona in cui all’inizio del Novecento si concentrò l’immigrazione ebraica nei quartieri dell'East End poco lontani da White Hart Lane. Verosimilmente per gli immigrati ebrei dell'epoca, identificarsi con il tifo della squadra di quartiere voleva dire accelerare il processo di integrazione. Anche tra gli spalti inglesi è possibile intravedere bandiere con la Stella di Davide (è successo qualche giorno fa all'Etihad, al fischio finale della gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League contro il Manchester City) ed ascoltare cori che rimandano alla tradizione ebraica.
Il meccanismo che ha portato i tifosi del Tottenham ad adottare quest’identità è identico a quello dell’Ajax: una reazione alle offese antisemitiche subite soprattutto durante gli anni dell’hooliganismo feroce, i Settanta e Ottanta del secolo scorso. Il problema qui è anche legato al nome scelto. “Super Jews” è un nome che nella sua ambiguità non suscita immediatamente sentimenti contrastanti, avendo una connotazione letterale positiva; “Yid” è invece un termine offensivo per gli ebrei occidentali (non per quelli orientali, essendo la parola ebrei in yiddish, resa offensiva solo negli anni ottanta dagli hooligans) utilizzato solo in contesti antisemiti, del tutto inutilizzato se non dai tifosi che si schermano dalle critiche affermando la stessa cosa di quelli dell’Ajax: nulla a che vedere con religione e cultura ma dimostrazione del senso di orgoglio verso la storia della propria squadra. Ad essere ebreo è lo stesso presidente del Tottenham, Daniel Philip Levy, ma al contrario dell'Ajax la società inglese non si è mai schierata contro l'uso della cultura ebraica da parte dei suoi supporter, arrivando a difenderli in occasione di un episodio che ha visto contrapposte le tifoserie e le società di Chelsea e Tottenham.
Possiamo quindi aspettarci di scorgere la stella di David tra gli spalti mentre Ajax e Tottenham saranno in campo, a meno che le autorità non intervengano sul serio, cosa che accade puntualmente quando si intravedono bandiere palestinesi, ad esempio nel settore dei tifosi del Celtic Glasgow. Oltre al risultato in campo c’è da seguire l’incontro tra due tifoserie così peculiari e controverse: entrambe vittime di antisemitismo ma le cui reazioni al fenomeno subito hanno scatenato ulteriori controversie, in un gioco degli specchi pericoloso e poco rispettoso nei confronti di chi nulla ha a che vedere con il calcio.