La storia delle Air Jordan Xlll
Da Denzel Washington in ''He Got Game'' alle Finals 1998
01 Maggio 2020
In una delle ultime scene di He Got Game, Jesus Shuttlesworth/Ray Allen si ritrova nella sua stanza del fittizio college di Big State a leggere l’ultima lettera che suo padre gli aveva inviato dal carcere nel quale era stato rinchiuso per l'ennesima volta: ''Tuo nonno diceva sempre: devi continuare a provare scarpe fin quando, prima o dopo, trovi il paio giusto per te''. Ai suoi piedi le Air Jordan XIII, le stesse che Jake Shuttlesworth/Denzel Washington aveva acquistato all’inizio del film in previsione di uno degli one-on-one più famosi della storia del cinema: ''Si è trattato di product placement fatto al più alto livello possibile. Dopo l’uscita del film era tutto un: hai visto, Jesus indossa le nuove Jordan'', ricorderà anni dopo il formidabile tiratore da UConn.
Ray Allen quelle scarpe, in realtà, non avrebbe nemmeno dovuto indossarle – ''Nessuno sul set le aveva, tranne Denzel e Spike. A un certo punto ero arrivato a chiedermi perché loro sì e io no'' – non foss’altro perché nemmeno MJ le aveva ancora provate: quelle che Washington riceve dalle mani di Avery Glymp con la stessa febbrile eccitazione di uno sneakerhead qualunque è, infatti, il primo paio di Jordan XIII mostrato al pubblico. Quando il film esce, il 1 maggio 1998, quelle scarpe sono già parte integrante dell’iconografia jordaniana; durante le riprese dell’anno prima, invece, erano ancora l’ennesimo prodotto visionario del genio di Tinker Hatfield.
Il creativo di Nike si era mosso con congruo anticipo: già nel 1995 aveva iniziato a disegnare i primi schizzi di una scarpa che rispecchiasse in tutto e per tutto l’atleta che la indossava, portando il mercato delle signature shoes in una nuova dimensione. L’idea gli sarebbe venuta vivisezionando le partite di Jordan: un giocatore diverso dagli altri, che andava a una velocità diversa dagli altri e con movenze eleganti, potenti, istintive, come quelle di un grande felino. Una pantera, un ''black cat'' di 1.98 che doveva essere dotato di un supporto adeguato: è così che Hatfield presenta l’idea al diretto interessato a Los Angeles, in una pausa delle riprese di Frozen Moment, il commercial di lancio delle Air Jordan XII. Il 23, uno difficile da sbalordire al primo tentativo, approva soddisfatto il progetto ma sibila: ''Ok i disegni mi piacciono ma voglio vedere una scarpa: non posso giudicare finché non la posso toccare o provare''.
Hatfield si rimette al lavoro: la sua idea di base – una sneaker dalla linea sinuosa e con la forma della suola che richiamasse quella della zampa di un grande felino – deve conciliarsi con le esigenze e le caratteristiche fisiche del Jordan chiamato al ''repeat of Three-Peat''. Servono 127 schizzi, una serie pressoché infinita di revisioni e un’ulteriore modifica voluta da MJ – che chiede ed ottiene di eliminare la fibbia a metà dell’allacciatura – perché l’Air Jordan XIII veda la luce.
È una scarpa rivoluzionaria, la prima in assoluto disegnata integralmente al computer (un Macintosh) utilizzando Photoshop e Adobe Illustrator, ''l'Air Jordan più leggera mai prodotta'' stando alle indicazioni di Nike. L’ideale per accompagnare un momento storico. Il 9 settembre 1997 nasce ufficialmente il Jordan Brand destinato, secondo le stime del Chicago Tribune, a generare introiti per quasi 230 milioni di dollari l’anno. La AJ XIII diventa, quindi, la signature shoe di lancio del nuovo marchio: ''Questo prodotto è un piccolo esempio di quello che è sempre stato il nostro approccio creativo con Michael: un approccio che tiene conto delle sue esigenze sul campo oltre che della sua personalità'' dice Hatfield nella conferenza stampa che consacra l’uomo da Wilmington come il primo atleta in grado di diventare un marchio su scala globale.
Meno di due mesi dopo le Jordan XIII debuttano ai piedi di MJ nel season opener in casa dei Boston Celtics: 30 punti, 6 rimbalzi e 4 assist nella sconfitta 95-82. Le indosserà per tutta la stagione, in tutte le varianti di colore abbinate alle divise dei Bulls, fino a gara-3 delle Finals contro gli Utah Jazz, affrontata con le nuovissime Jordan XIV, le stesse indossate in gara-6 per segnare il tiro che lo avrebbe consegnato all’immortalità.
Eppure nonostante non abbiano avuto un istante iconico al quale legarsi – ad eccezione del game winner contro Atlanta in febbraio nella versione ''Black Toe'' – le Jordan XIII diventano il modello che cambia per sempre la concezione di sneakers. Nel 2017, in previsione del re-issue del modello che sarebbe avvenuto nell’agosto 2018 in occasione del ventennale dall’uscita di He Got Game, Tinker Hatfield racconta a The Undefeated che ''dopo questa scarpa niente è stato più come prima. Quando esce un nuovo modello molte volte si tratta di una semplice evoluzione di quello precedente. Questa no. All’inizio i nostri responsabili del marketing erano nervosi, Michael invece no: sapeva che questo design sarebbe piaciuto agli altri esattamente come era piaciuto a lui''.
E, in effetti, parliamo della prima Jordan che viene ricordata e apprezzata per la sua estetica piuttosto che per un singolo signature moment. Negli anni, numerosi giocatori hanno reinterpretato a modo loro lo spirito di una scarpa unica nel suo genere: quando era un Kings a Sacramento, Mike Bibby indossava una rarissima versione ''low'' bianca e viola; Jason Kidd ha infiammato il New Jersey con le ''Grey Toe'' biancorosse; nella stagione 2010/2011 Gerald Wallace ha calzato spesso e volentieri la versione ''Playoff Retro'' e anche Kobe Bryant era solito arrivare allo Staples Center indossando un paio di ''Flint'' bianche e blu; oggi è il solito PJ Tucker a sfoggiarne almeno due varianti a stagione, così come era solito fare Quentin Richardson, che ha cambiato cinque squadre in 13 stagioni di carriera probabilmente quasi solo per far vedere la varietà di ''Jordan XIII'' a disposizione.
E Ray Allen? Negli anni di Boston le Jordan XIII sono state quelle più calzate nello splendido bianco/nero verde dei Celtics, con tanto di nome sulla linguetta: un privilegio dovuto per chi, a metà della sua stagione da rookie, decise di lasciare sul tavolo un ricco contratto con FILA per diventare il primo ambasciatore ufficiale del futuro brand più famoso del mondo. E pensare che nemmeno gliele volevano dare, quelle scarpe.