Perché i prodotti TV sono importanti per affermare la propria legacy
Le star NBA alla ricerca di nuove strategie per lasciare il segno
04 Maggio 2020
Mentre LeBron James usciva a testa bassa dalle NBA Finals perse 4-0 contro i San Antonio Spurs, i Daft Punk creavano "Alive", uno degli album di maggior successo. Tra le tracce c'è "Television, rules the nation" e non c'è bisogno di aggiungere perché sia un brano storico. Nel momento storico in cui la TV stava cambiando ruolo sociale, arriva la dirompente carica elettronica del duo francese a ricordare al mondo che c'è un nuovo strumento per "comandare" tutto.
I prodotti TV nel corso dei decenni si sono differenziati sempre di più, arrivando ad una moltitudine di format di cui ormai si è perso il conto. Se all'interno dei nuovi prodotti TV includiamo anche quelli sfornati dagli innovativi servizi streaming (Netflix, Prime Video et similia), si entra decisamente in un mondo dalle dimensioni spropositate. Saranno cambiati i modi, sarà cambiata l'audience, saranno cambiate le modalità di fruizione, ma i prodotti TV in senso lato sono al centro delle dinamiche di tantissimi processi cognitivi, sociali e soprattutto sportivi.
I motivi per cui Michael Jordan ha voluto intraprendere la fantastica avventura televisiva che rientra sotto il nome "The Last Dance" sono sostanzialmente due: marketing e legacy. Il secondo punto è decisamente più articolato del primo, anche solo per la natura stessa di un termine di cui si sta abusando nell'ultimo periodo. Definire il concetto di "legacy" non è così semplice e a tratti diventa meno difficile spiegare cos'è il marketing, nonostante le complessità che nasconde. Definirla mera "eredità" non ne esalta a sufficienza l'aspetto epico. La legacy rappresenta l'impronta che un giocatore ha lasciato durante la carriera, è l'essere diventato iconico in maniera trasversale, è l'influenza stilistica e sportiva che si tramanda alle generazioni future. Un mix di questi ingredienti aiuta un atleta a diventare immortale.
Come si diventa immortali nello sport moderno?
Per diventare una leggenda, per entrare nell'Olimpio dei migliori giocatori basterebbe un palmarès di tutto rispetto, fatto di anelli, titoli, MVP, partite memorabili. Il condizionale è d'obbligo, perché in un'epoca in cui la digitalizzazione rende tutto immediatamente fruibile, si fa presto a scomparire dai radar. Esistono tantissimi casi di campioni pluridecorati che non rientrano quasi mai nelle top 10 all-time o che non rivendicano il loro posto nell'élite. Per reference chiedere a Robert Horry (7 anelli NBA con 3 squadre diverse), uno che di partite decisive ne ha decise tante ma che oggi in molti forse non farebbero rientrare tra i migliori 50 giocatori di sempre.
Come si diventa allora immortali? La risposta in parte arriva dall'ultimo trend: raccontare le proprie gesta e una storia vincente attraverso un prodotto TV. La legittimazione che arriva direttamente dalla TV e dall'audience legata a quella tipologia di prodotti è sempre più visto come uno step fondamentale per la creazione della propria immagine pubblica.
Dopo l'uscita di "The Last Dance", sono arrivate presto notizie che riguardano la produzione - o almeno l'esistenza del materiale in vista di una produzione - di almeno 3 documentari, con al centro Dwyane Wade, Kobe Bryant e nelle ultime ora si è aggiunto anche Magic Johnson. Il vaso di Pandora che ha aperto Michael Jordan con "l'ultimo ballo" dei suoi Chicago Bulls ha scatenato una nuova forma di legacy, un nuovo istinto di immortalità, una nuova tendenza ad essere al centro di un racconto che possa testimoniare quanto il gioco sia cambiato grazie alle imprese del protagonista.
Cosa significa essere sportivamente immortale?
L'idea del racconto attraverso un prodotto TV ha convinto anche i più scettici, catturati emotivamente e psicologicamente dai racconti dei Bulls del titolo 1998 o da produzioni come lo stupendo documentario su Maradona scritto e diretto da Asaf Kapadia. Anche se Jordan ha affermato che "dopo la serie in molti penseranno che sono una persona orribile", il 5 volte campione NBA sa che la sua immagine ne uscirà rafforzata e la sua legacy diventerà sempre più intoccabile. Tentativo che faranno anche Magic, Wade e chissà quanti altri sportivi.
L'obiettivo principale di questi documentari, però, è leggermente diverso dal rendere solida un'eredità sportiva. Affinché un'immagine diventi eterna, essa deve riuscire a resistere ad epoche diverse da quella in cui è vissuta. Il ricordo per certi versi appartiene al passato e il passato, soprattutto in una modernità fatta di eventi che si susseguono alla velocità della luce, non è fatto per durare in eterno. Ecco perché la produzione di questi prodotti aiuta legacy importanti ad attraversare decadi diverse, momenti storici diversi e prova a comunicare con generazioni completamente diverse. Sopravvivere all'avvento di tutto ciò che non appartiene alla tua epoca è la chiave per diventare immortale e il miglior aiuto può arrivare proprio dai prodotti TV.
Questioni di ego e autocelebrazioni?
Il retrogusto di tutta questa serie di discorsi ha il sapore di egocentrismo purissimo e di autocelebrazione estrema. Può sembrare una cosa negativa e ad un occhio superficiale può sembrare davvero così. Ma a pensarci bene, egocentrismo e difesa della propria immagine sportiva/pubblica sono del tutto naturali. Una natura competitiva, una natura che è fatta di fantasmi del passato che offuscano l'immagine degli emergenti pretendenti al trono, in uno degli scontri che va oltre le semplice chiacchiere da bar del tipo "Chi è migliore tra Jordan, Kobe e LeBron?".
Essere tra i migliori equivale ad aver posto l'asticella ad un livello superiore, ad un livello che probabilmente solo chi è in quel famoso Olimpo può comprendere. Anche se spesso si getta benzina laddove non serve, le questioni che ci sono dietro le quinte, dietro la realizzazione di una docuserie piuttosto che di un film sono solo da ipotizzare. L'esempio eclatante è la versione 2.0 di Space Jam. Il film si intitolerà, guarda caso, "Space Jam: The New Legacy" e non "Space Jam 2" come in molti ipotizzavano prima dell'annuncio di LeBron James. Attorno a quella parola "legacy" si sono già costruite teorie complottiste che vorrebbero LeBron come antagonista di Jordan e, ancora una volta, come dimostrazione del fatto che l'eredità di James sia più pesante, importante e significativa rispetto a quella di "Sua Ariosità", tanto per dirla alla Marvin il Marziano.
Paragonare fiction e realtà, personaggi immaginari e storytelling legato ad imprese sportive realmente accadute dà una visione distopica dei fatti. Non sappiamo quanto ci sia la spinta di Jordan dietro la realizzazione di "The Last Dance", né tantomeno sappiamo quanto LeBron James sia coinvolto nella produzione e nelle scelte relative alla sceneggiatura del film in uscita nel 2021. Sappiamo che Kobe ha voluto che una troupe lo seguisse, ma questo non significa che possiamo etichettare i tre personaggi come "egocentrici e narcisisti" (o meglio, non possiamo farlo per l'argomento in questione). L'unica cosa sicura è che lo strumento della legittimazione attraverso i prodotti TV è ormai una strada aperta che porterà a nuove frontiere, nuovi orizzonti e nuove strategie per rendere immortale la propria immagine.