L'estetica dello spogliatoio
Com'è cambiato nel tempo uno dei luoghi più sacri e intimi dello sport
01 Giugno 2020
In ''The Last Dance'' abbiamo avuto la possibilità di notare numerosi dettagli estetici di MJ - dagli occhiali ai cappelli, dalle sue macchine fino agli outfit più disparati - ma anche, più in generale, dell'NBA del tempo: uno degli aspetti che ci ha colpito maggiormente è stato notare che dal punto di vista ''architettonico'' la Lega non dava particolare importanza ad uno degli ambienti più frequentati dagli atleti: lo spogliatoio.
Infatti nelle scene in cui Jordan e i Bulls sono all'interno dei vari ''locker room'' si nota facilmente la differenza qualitativa tra gli ambienti spogli e senz'anima di un tempo rispetto a quelli iper-accessoriati dei giorni nostri che ricordano più i privé di una discoteca, con ampi spazi in cui son state poste comode poltrone e maxischermi. Stiamo parlando di ambienti che custodiscono i segreti di squadre e di intere stagioni e che fino a qualche anno fa sono stati sinonimo di intimità e il cui l'utilizzo primario era quello di cambiarsi e, al massimo, parlare delle tattiche pre-partita.
Ma col passare del tempo sono cambiati spazi e conseguenti dinamiche: ora gli spogliatoi di privato hanno ben poco, rappresentano il luogo che desta maggior curiosità all'interno di un ''tour dello stadio'', proprio perché si vuol vedere dove i propri beniamini svolgono la routine prima di mettere piede in campo e dove passano il tempo insieme. A darci un ulteriore assaggio di quello che succede sono le telecamere TV che - almeno nel campionato di calcio di serie A - ormai hanno accesso agli spogliatoi fino a pochi istanti prima dell'inizio della partita. Nell'NBA la situazione è ancora più estrema visto che, oltre al pre-partita, i broadcaster possono entrarci anche da 30 minuti dopo la fine di una gara in modo tale da cogliere anche eventuali malumori tra compagni di squadra.
E quello che si può vedere dalla TV non sono più degli spazi vuoti con un tavolo, una lavagna e delle panchine con qualche appendino, bensì troviamo dei veri e propri open space che portano alle ''weight room'', alle camere di crioterapia o alle vasche idromassaggio.
La trasformazione dello spogliatoio da semplice ''stanza'' a ''luogo comunitario'' è un processo voluto dalle società per assicurarsi che i giocatori possano passare insieme più tempo possibile, proprio per promuovere quella serie di attività che infatti vengono chiamate di team building. Nei ''locker room'' degli stadi e dei palazzetti di tutto il mondo l'obiettivo è quello di creare comfort e relax con l'obiettivo di accrescere la voglia di sentirsi parte di una grande famiglia dove, in questo caso, la casa è proprio lo spogliatoio.
Qualche mese fa fece scalpore la notizia di Louisiana State University che per il rinnovamento degli spogliatoi della propria squadra di football americano spese ben 28 milioni di dollari: all'interno poltrone allungabili dove poter dormire - chiamate appunto ''nap room'' - dotate anche di iPad e caricatori USB, una training-facility di primo livello, un cinema, una piscina ed un ristorante.
Lo spogliatoio di LSU è lo spogliatoio più all'avanguardia al mondo ma bisogna pur sempre ricordare che una squadra di football è formata da circa 50 giocatori (grossi) e che gli spazi necessari devono essere adeguati, motivo per cui è sicuramente più facile trovare spogliatoi enormi e tecnologici in questo sport piuttosto che nel calcio dove la rosa è invece formata da ''solo'' 25 giocatori.
Ciò non toglie che negli ultimi anni anche le proprietà delle squadre dello sport più praticato al mondo si sono adoperate per rimanere al passo coi tempi e - chi più, chi meno - hanno ristrutturato e/o modernizzato i propri spogliatoi. C'è chi ha avuto la possibilità di costruirli da zero insieme al nuovo stadio, come il Manchester City e la Juventus e chi invece ha potuto cambiare l'arredamento e fare qualche modifica per aumentare appeal e tasso di modernità senza però poter toccare i muri portanti.
E' il caso del Liverpool, del Barcellona e delle due squadre milanesi che, avendo degli stadi risalenti rispettivamente al 1884, al 1954 e al 1926, non possono ambire ad aver gli spogliatoi delle squadre con strutture più recenti.
Discorso leggermente diverso per quanto riguarda la NBA dove le squadre sono composte da 15 giocatori e i cui spogliatoi, soprattutto quelli nelle ''training facility'', sono sempre stati dimensionati in proporzione alla grandezza dei giocatori. Nella Lega americana non ci sono spogliatoi di spicco perché é la NBA stessa che fornisce degli standard base alle società entro i quali non si può scendere a livello qualitativo.
In questo caso gli spogliatoi del Barclays Center di Brooklyn ed il Chase Center di San Francisco, inaugurati rispettivamente nel 2016 e nel 2019, sono più nuovi rispetto agli storici Staples Center di Los Angeles o Madison Square Garden di New York, ma i giocatori di ogni squadra hanno a disposizione le stesse identiche strutture, anche se con finiture più o meno recenti.
Per tanti - se non tutti - avere la poltroncina leggermente più comoda o l'armadietto lucido piuttosto che di un legno vecchio può non fare la differenza. Ma l'ha fatta invece per LeBron James che nell'estate 2009, proprio mentre stava discutendo il rinnovo del suo contratto con i Cavaliers, chiese alla società di rinnovare lo spogliatoio ed alcuni dettagli del palazzetto al fine di aumentare le probabilità che un'altra superstar si accasasse a Cleveland. La franchigia - ovviamente - esaudì le richieste di LBJ, ma l'unico giocatore di rilievo che lo raggiunse fu un vecchio Shaquille O'Neal che non influì più di tanto sulle prestazioni del team dell'Ohio.