Come stanno cambiando i loghi del calcio inglese
I casi di rebranding più riusciti e le strategie dei club della Premier League
09 Giugno 2020
Nel febbraio 2016, quando si trattò di svelare il nuovo logo, la Premier League parlò di una nuova ''identità visuale'' legata alla riconoscibilità di un marchio che prescindesse dallo sponsor: ''Dalla prossima stagione ci distaccheremo dall’idea di una competizione sponsorizzata in modo da farci conoscere esclusivamente come Premier League, cioè il modo in cui intendiamo presentarci al resto del mondo'', disse il managing director Richard Masters.
Per farlo serviva andare in controtendenza rispetto a quanto accaduto negli altri principali campionati europei, affidandosi ai creativi di Design Studio che svelarono in un'intervista a Culture Trip che ''il vecchio brand aveva quasi 10 anni e non era più adatto allo scopo. Per questo abbiamo deciso di crearlo prima di tutto in versione digitale, in modo che risultasse quasi come l’icona di un’app''. Quindi semplice, diretta, immediata, riconosciuta e riconoscibile in questa nuova modernità applicata a simboli provenienti dal passato che rappresenta la sfida per i creativi che devono aprire alle società di calcio le porte del mercato dello streetwear.
Una strategia ispirata al rebranding che vari club hanno sviluppato nel corso degli anni per i propri loghi, soprattutto per ciò che riguarda il minimalismo e il rispetto di tradizione. Basti pensare che quando nel maggio del 2013 l'Everton annunciò il cambiamento del logo – che sarebbe stato senza lo storico ''Nil satis nisi optimum'' oltre alle due ghirlande laterali – oltre 14.000 tifosi firmarono una petizione online per opporsi. Alla fine la scelta del management del club fu quella di tornare a quello precedente dopo appena una stagione, con un logo dal design antico e moderno allo stesso tempo, realizzato in due varianti di colore (bianco e blu): nome del club e anno di fondazione spostati al centro sotto la torre del principe Rupert e ripristino di motto latino e ghirlande.
Dall’altra parte della Mersey, a Liverpool, un cambiamento radicale è avvenuto nella stagione 2017/2018, in occasione del centoventicinquesimo anniversario della fondazione del club: rimane l'iconico Liverbird che dà il nome a squadra e città, mentre viene eliminato lo scudetto che lo circondava e il nastro araldico in cui era indicata la data di fondazione, ora posta alla sinistra del marchio con ''2017'' a destra. Un unicum che scompare nelle stagioni successive in cui si sceglie di puntare su un logo stilizzato e integrato nel design della maglia, con la sigla L.F.C. posta al di sotto del Liverbird.
A Manchester, altra città divisa in due, la situazione è diversa. Mentre lo United, nonostante i disastri delle ultime stagioni, può ancora permettersi di sfruttare il fascino intramontabile di un logo ormai datato 1998 – derivazione diretta di quello del 1973, con colori più accesi ed eliminazione della scritta ''Football Club'' – il City negli anni ha spesso giocato, alternandoli, con gli elementi ricorrenti anche nell’emblema della città, come lo scudetto che ingloba una nave, l’aquila dorata e la rosa simbolo della contea del Lancashire.
Il 26 dicembre 2015, prima del match con il Sunderland, debutta il logo attuale nato per andare incontro alle esigenze dei tifosi, soprattutto per ciò che riguarda colorazione e simbolismi: il risultato è uno stemma circolare, con una fascia esterna bianca contente il nome del club e l’anno di fondazione, e una interna su sfondo azzurro che presenta uno scudetto con la nave dorata e la rosa del Lancashire. Una versione riveduta e corretta dello stemma che campeggiò sulle maglie dei Citizens dal 1972 al 1976.
Una strada, quella della rivisitazione in chiave moderna del grande classico, seguita prima e dopo anche da West Ham e Tottenham. Per gli Hammers si nota immediatamente l’assenza del castello di Boylen – a seguito del trasferimento dal vecchio Boylen Ground alla London Olympic Arena – a fare da sfondo al doppio martello (con il nome della squadra posto nella parte superiore dello stemma); per gli Spurs abbiamo una versione ''scontornata'' e più scura del logo già realizzato nel 2006, con il gallo poggiato su un pallone vintage.
Restando a Londra, non si può non notare come sia stato l'Arsenal ad anticipare i tempi della rivoluzione: già nel 2002 il club decise di optare per un disegno meno ''ingombrante'' dei precedenti, eliminando il motto ''Victoria concordia Crescit'' e cambiando la direzione del cannone (da sinistra a destra) posto al centro di un logo caratterizzato da ben cinque colorazioni. Questa versione avrebbe subito una variazione nella stagione 2011/2012 in occasione delle celebrazioni per l’anniversario numero 125, con la riproposizione delle quindici foglie di quercia (un omaggio ai fondatori della storia del club) direttamente dallo stemma del 1888.
Ma c’è anche chi ha scelto di cambiare poco o nulla. Per un Leicester che nel 2010 si limitò ad arricchire gli elementi in bianco che circondavano la volpe posta al centro dello stemma c’è un Newcastle che può vantare uno dei loghi più antichi dell’attuale Premier League: era il 1988, infatti, quando i Magpies del Newcastle decisero di tornare a ispirarsi al retaggio storico della città, con lo stemma bianco e nero dai contorni dorati sostenuto dai due cavallucci marini e sormontato dalla torre con il classico ''royal lion'' posto sulla sommità con la bandiera recante la Croce di San Giorgio. Scomparsa, invece, la gazza che ancora oggi dà il soprannome ai beniamini della ''Toon Army'' e che pure campeggiava in bella vista sulle maglie dal 1976.
Perché cambiare, in fondo, non è certo una scelta obbligata.