La parabola dei murales calcistici
San Paolo, Spalato e Napoli le nuove capitali della football street art
01 Ottobre 2020
Recentemente un vicolo di New York è stato tappezzato di murales per rendere omaggio a cinque famosissime leggende del football. Graffiti usati principalmente a scopo decorativo, che occupano l’intera Mechanics Alley, sotto il Manhattan Bridge, e sono opera manuale di un artista di strada che si fa chiamare BKFoxx. Il lavoro è stato commissionato per la facciata di “the Ground”, un nuovo campo da calcio al chiuso, e comprende i ritratti monumentali e iperrealistici di Franco Baresi, George Best, Johan Cruijff e Diego Aramando Maradona, a cui si aggiunge il volto di Sir Alex Ferguson. Anche per i non tifosi di calcio, le immagini risultano impressionanti nel loro senso di scala e attenzione al dettaglio.
In Brasile, invece, sugli spalti del campetto dell'Arena Brahma nella favela di Jardim Peri c'è uno spettatore fisso. Oltre ai ragazzini che abitano il quartiere a nord di San Paolo e aspettano appoggiati al muretto il loro turno per poter giocare, dal 2018 il terreno di gioco - incastrato tra le numerose e sovraffollate palazzine della zona - è sovrastato da un enorme murales che ritrae Gabriel Jesus sorridente mentre esulta dopo un gol. L'opera è alta 34 metri e per realizzarla è stato necessario dipingere la facciata di dodici abitazioni: alcune coperte interamente con i colori verde, azzurro e giallo, fanno da sfondo al busto dell'attaccante del Manchester City e della nazionale brasiliana, mentre mima il gesto di una telefonata che lui stesso ha dichiarato essere dedicato a sua madre Vera Lucia.
Quello di Jardim Peri è un esempio perfetto di Street Art "site specific", ossia pensata per avere senso in un luogo ben preciso. In un'opera "site specific" è il contesto fisico a completare il significato al disegno, che apparirebbe invece incomprensibile in qualsiasi altro posto. Questo caso è esemplificativo per un motivo semplicissimo: Gabriel Jesus rappresenta per molti adolescenti brasiliani colui che "ce l'ha fatta", con la sua passione per il calcio, ad emergere da un contesto di degrado come quello delle favelas e diventare qualcuno, e la sua presenza a due passi da un campo di calcio funge da ispirazione per i giovani calciatori del posto: "Spero che un giorno ci sia un disegno di me affianco al suo", spiega Filipe Araujo, 11 anni, talento locale che passa spesso i suoi pomeriggi all'Arena Brahma.
Sempre in Brasile, in occasione dei mondiali di calcio del 2014, l'artista Paulo Ito scelse i muri di Rio De Janeiro per la sua campagna "Let them eat football" per denunciare il buco di quasi 12 miliardi spesi dal governo per i preparativi dei Mondiali 2014 mentre il Paese soffriva per un sistema sanitario nazionale scadente, per i costi alti di servizi essenziali come educazione e trasporto pubblico, e per la mancanza di sicurezza nelle strade. Senza contare la morte di 8 operai nella fase di costruzione e ammodernamento degli impianti per ospitare la competizione. Ito decise allora di dipingere un bambino denutrito seduto a tavola e in lacrime perché l'unica cosa che c'è da mangiare - posizionato in bella vista sul suo piatto di ceramica - è un pallone da calcio.
Accogliere un evento calcistico globale è allo stesso tempo anche una grande occasione per mettersi in mostra, specie in quei luoghi non abituati a stare sotto i riflettori. È il caso della città di Kazan, che nel 2018 ha ospitato l'albergo del Portogallo per i mondiali di Russia. Per celebrare l'arrivo in città di Cristiano Ronaldo, l'artista Dmitry Chalov disegnò sul fianco di un palazzo di fronte l'albergo un enorme murales con il volto del fuoriclasse lusitano. La celebrazione di un personaggio - o in questo caso di un calciatore - rientra decisamente nelle caratteristiche della pittura muraria. Ma la sua fruibilità, estesa a chiunque si trovi a passare davanti a un muro anche per caso, oltre all'impossibilità di spostarla - dovuta all'indissolubile legame con l'ambiente urbano - può generare equivoci. Caso volle che l'Argentina di Leo Messi, in occasione del match degli ottavi di finale contro la Francia, occupasse proprio la stessa struttura in cui avevano alloggiato CR7 e compagni. Per ovviare al problema fu subito assunta una squadra di writers che nel giro di poche ore disegnò un murales di Messi accanto a quello dell'eterno rivale. In più fu aggiunta una scritta in cima al disegno del portoghese, con un fumetto indirizzato a Messi: "I scored 4 goals. Can you beat that, Leo?"
Al netto delle opere legate a uno specifico evento, "istantanee" per natura - come vuole la definizione di street art, fatta per impressionare e non per durare - alcuni murales sono talmente legati alla città in cui si trovano da diventare un vero e proprio ornamento urbano. Siete mai stati a Spalato? La piazza più calda del calcio croato è letteralmente invasa da murales dedicati all'Hajduk, che si fanno più numerosi ed elaborati man mano che ci si avvicina alla zona dello stadio Poljud.
Quando la rappresentazione è così diffusa, fino a diventare ossessiva, finisce col sovrapporsi allo spazio urbano e contribuire alla sua identità. È così ad esempio che Ferenc Puskás finisce per diventare parte integrante dell'immaginario collettivo di una città come Budapest. Idolo della grande Ungheria degli anni '50, l'attaccante dà il nome allo stadio comunale, è raffigurato in una statua a due passi dal Danubio mentre palleggia in doppiopetto e cravatta, e il suo gol è rappresentato nel gigantesco murales che celebra lo storico successo dei magiari in casa dell'Inghilterra per 6-3 nel 1953.
Parlare di Puskás a Budapest è un po' come raccontare la Rosario di Messi, la Napoli di Maradona o Il Cairo di Salah. Giocatori entrati nella cultura pop dei rispettivi luoghi di origine (o di adozione), la cui immagine diventa tratto caratteristico della città ma anche - al contrario - oggetto di ammirazione e ossequio da parte degli street artist locali. I loro murales vanno in controtendenza rispetto al senso dell'arte di strada, provano a consegnarli all'eternità, se non nella raffigurazione (visto che la pittura è sempre a rischio di sgretolarsi o essere vandalizzata), quantomeno impregnando i muri e l'aria della loro presenza.
Nati da movimenti di protesta come libere espressioni creative della popolazione contro il potere, nel tempo i murales hanno assunto sempre più valore estetico. Iconiche alcune rappresentazioni italiane come il Totti che bacia il cielo nel rione Monti di Roma, oppure l’enorme Maradona stilizzato che campeggia nei Quartieri Spagnoli di Napoli. Oggi sono arrivati anche ad essere commissionati da enti pubblici o grandi enti privati, come il caso del doppio murales chiesto dalla Lega Serie A in occasione della finale di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta nel 2019. A Jorit, street artist napoletano, è toccato raffigurare Ciro Immobile sulla facciata di un palazzo a Ponte di Nona Vecchia, mentre al duo di artisti siciliani Rosk & Loste è stato affidato un murales con Gasperini e i suoi tre tenori: Papu Gómez, Ilicic e Duván Zapata. Opere realizzate sulle orme di Kamp Seedorf, soprannominato “Il Banksy del pallone”, che ha tappezzato Amsterdam di graffiti raffiguranti gli idoli calcistici degli ultimi 30 anni.
Situazione simile anche per l’Inter, che nel 2018 ha fatto realizzare “Interwall”, un murales che celebrasse i 110 anni di storia nerazzurra. Per ogni decade i tifosi hanno potuto scegliere il giocatore più iconico, e tra gli altri spuntano i volti di Ronaldo, Javier Zanetti, Beppe Bergomi, Giuseppe Meazza e Giacinto Facchetti. L’opera ha però subito una sorte tipica dei dipinti di strada: il disegno è stato infatti imbrattato dopo appena tre giorni, con della vernice rossa, che potrebbe far pensare a un’origine milanista dietro al gesto.