Come usano i social gli allenatori di calcio?
Boomer, businessman, aziendalisti and much more
27 Novembre 2020
Tutti gli attori sportivi - club, federazioni, giocatori - investono ormai tantissimo nelle strategie digital, ma c’è una nuova categoria che sta cambiando le modalità di fruizione: gli allenatori.
L’approccio che hanno i manager delle squadre si è evoluto con gli anni ha decisamente inciso il fatto che la nuova generazione di allenatori conta un numero non indifferente di giocatori che hanno già vissuto il calcio nell’era dei social media: Pirlo, Lampard, Arteta, Henry, Seedorf, Inzaghi, Gerrard sono tra i migliori esempi del caso. La direzione e le strategie, però, stanno cambiando anche per chi è nel settore da molto tempo prima del definitivo avvento dei social.
Il passaggio da giocatore ad allenatore ha stravolto l’utilizzo di Instagram per tutti quelli che sono passati dal completino all’abito. Questo trend porta a pensare che gli allenatori - specie se icone di un club come nel caso di Pirlo e Lampard - seguano le stesse guidelines aziendali a cui sono soggetti i calciatori, configurando come immagini dalla società. Avendo una libertà di movimento entro dei limiti, spesso i manager si affidano a società specializzate in comunicazione digital, per coordinare la comunicazione di personalità sempre sotto la luce dei riflettori sportivi. Agenzie come SoBe Sport - che gestisce clienti come Inzaghi, Oddo, Maldini, Nesta e Sheva - e Starsonfield - che cura la comunicazione di Pirlo, Toni e Max Allegri - fanno parte di mercato che è ancora ristretto. Le dimensioni di questo settore imprenditoriale porta spesso a creare comunicazioni molto simili tra loro.
Antonio Conte è la miglior fotografia della tendenza da parte delle società di ritenere i propri allenatori al pari dei calciatori come presenza social. Mister Conte ha creato ex novo un nuovo profilo, seguendo una comunicazione molto istituzionale: preparazione alla gara, post motivazionali durante la settimana e commento della partita della domenica sono il nuovo pane quotidiano degli allenatori.
Esistono chiaramente tanti casi i cui i social non fanno parte della quotidianità: Guardiola, Luis Enrique, Allegri, Sarri, Gattuso, Simone Inzaghi, Tuchel sono solo alcuni dei nomi che non vivono su Instagram. C’è poi chi riesce a dare più spazio ai propri affari come Pirlo, come Simeone e come Mourinho, anche se lo Special One richiede un focus speciale perché, come sempre, sfugge ad ogni logica. Il profilo di Mou ha cambiato completamente forma da quando ha firmato con gli Spurs, diventando un racconto alternativo della vita dell’allenatore. Il punto di vista personale sembra essere svincolato dagli standard della società, come se il portoghese riuscisse ad esser solo se stesso - anche quando mostra i suoi Hublot. I commenti che una volta si vedevano ai microfoni sono stati trasferiti quasi in toto su Instagram e i follower - superato il milione con appena 52 post e solo 9 mesi di vita - sono pronti a trasformare le didascalie di Mourinho in meme continui. Dal post partita di una gara giocata sottotono (“When you win but you don’t play especially well” o ancora “Bad perfomances deserve bad results. Tomorow 11 AM training”) fino alla consapevolezza dei tempi che cambiano, con uno spogliatoio intero piegato alla forza dei social senza nessuno con cui poter festeggiare. C'è spazio anche per un po' di hype culture, con un Mou che pulisce le scarpe com un vero sneakerhead ("When you play with a new pair of shoes") dopo aver catechizzato i suoi sotto la classica pioggia londinese.
Mourinho è più che altro un'eccezione, una personalità che fa dell’approccio divertente la sua forza e la sua immagine. Tanti altri colleghi, invece, utilizzano un approccio opposto, con un utilizzo che si avvicina molto di più ai boomer. Ancelotti, Koeman, Benitez e tanti di quella generazione impostano modalità di presenza sui social quasi finta, quasi come se fossero telecomandati.
La nuova ondata, molto più giovane di chi ha iniziato questo mestiere negli anni ‘80 o ‘90, sceglie modalità di utilizzo diverse, a metà tra l’essere ancora un giocatore e l’essere a capo di una squadra importante. Lampard e Pirlo - due che hanno iniziato ad usare i social nello stesso periodo, ovvero dal passaggio al calcio americano nel 2015 - hanno due mentalità diverse: da un lato il Maestro coniuga campo e business (che va dal Rolex all’aspirapolvere) restando all’interno delle restrizioni societarie, dall’altro il manager del Chelsea vanta una grande fanbase che praticamente non lo vede più su social da quando è diventato allenatore dei Blues.
I tempi sono cambiati e l’immagine che milioni di utenti possono vedere su Instagram viene - giustamente o erroneamente - considerata come lo specchio della personalità dell’allenatore. Se un tempo i media rendevano noto uno scandalo attraverso le prime pagine dei giornali, ora basta una instagram stories per scatenare l’inferno. Lo sa bene Roberto Mancini che, nelle operazioni di intensificazione dei contenuti social dopo la nomina di CT della nazionale, è inciampato in una delle più sconvenienti prese di posizione per una figura di questo calibro. Ma il Mancio, tra un Richard Mille e una Maserati, è forse l’esempio perfetto di come gli allenatori utilizzano i social.
Solo in una piccola minoranza di casi - per info citofonare a mister Liverani - i profili degli allenatori sono gestiti direttamente dagli stessi, ma anche dove c’è una qualsiasi struttura alle spalle i risultati non sono garantiti.