Nessuno usa più i badge sulle maglie
Il Chelsea non potrà indossare in Premier quello per la vittoria della Coppa del mondo per club mentre in Italia nessuno usa più quelli creati dalla Lega per i migliori giocatori
18 Febbraio 2022
Il caso più recente appartiene ai freschi vincitori della Coppa del Mondo per Club FIFA, il Chelsea di Tuchel, che insieme al trofeo ha ricevuto l’onore di poter appuntare sulla maglia di gioco il badge che testimonia il loro predominio stagionale. Solo che tale badge non potrà essere indossato durante le partite di Premier League, che non permette cambi del kit a metà stagione e preferisce non fare favoritismi ad una competizione rivale. Il Liverpool trionfatore nella stessa competizione due anni fa riuscì a metterlo sulle proprie maglie solamente in un'occasione in Premier League mentre il Chelsea sembra intenzionato a chiedere una deroga per due partite. Una misera ricompensa per la squadra migliore al mondo durante quest’anno solare.
Il Chelsea potrebbe quindi usarla nelle competizioni FIFA e forse nell’FA Cup, se otterrà anche lì un esenzione. Vedremo il prossimo 22 Febbraio se contro il Lille nei 16esimi di Champions League i Blues scenderanno in campo con la loro medaglia dorata al centro del petto, ma per ora non c’è alcuna conferma ufficiale nel merito. Una confusione che non aiuta né le squadre né i tifosi, che possono ora inserire il badge sulla loro maglia pagando sette sterline nello store ufficiale del Chelsea senza sapere quando mai la vedranno in una partita.
Allo stesso tempo in Serie A nessuno sta usando i badge creati dalla Lega per identificare i vincitori dei sei premi stagionali, per la precisione miglior portiere, miglior difensore, miglior centrocampista, miglior attaccante, miglior giovane e MVP del campionato. Dopo che Gianluigi Donnarumma, Cristian Romero, Romelu Lukaku e Cristiano Ronaldo hanno lasciato in estate la Serie A, Nicolò Barella ha indossato il badge destinato al miglior centrocampista solamente per la prima partita stagionale, prima della quale ha anche ricevuto il trofeo personale. Dusan Vlahovic lo ha portato invece sulla maglia della Fiorentina finché non è stato ceduto alla Juventus a Gennaio, e finora non lo ha mai usato sulla sua nuova maglia bianconera.
Ma non è la semplice aneddotica a doverci far riflettere sulla reale utilità di questi badge, quanto la sistematica mancanza di coordinazione tra federazioni e club che crea un caos di sovrapposizioni di regolamenti. In Serie A il Venezia non ha potuto avere sul proprio petto i suoi simboli perché il design delle maglie entrava in conflitto con le regolamentazioni del campionato, mentre quest’anno in Champions League a Inter, Barcellona, Ajax e Galatasaray è stato vietato di indossare delle maglie che in qualche modo infrangevano dei codici del voluminoso quanto polveroso regolamento europeo.
Un rapporto, quello tra regolamenti delle grandi competizioni nazionali e internazionali e creatività e strategie di merchandising dei grandi club, che è sempre più compromesso. E che allo stesso tempo impedisce una coerenza di fondo nell’estetica delle squadre e dei tornei, sempre di più e sempre più in guerra uno con l’altro. La storia del badge del Chelsea testimonia appunto quanto i conflitti tra UEFA, FIFA e Premier League impediscano la giusta celebrazione di un trionfo di squadra, una condizione che provoca alla lunga l’indifferenza verso certi tipi di riconoscimenti, come nel caso della Serie A. In mezzo ai due contendenti poi ci sono sempre i tifosi, che non possono vedere in campo i propri beniamini con le maglie così come sono state disegnate ma possono acquistarle a prezzi sempre più alti negli store fuori lo stadio.