Ancelotti contro Klopp è un confronto generazionale
Da un lato l’allenatore del Real Madrid, schivo e meditativo, dall’altro quello del Liverpool, estroverso e rock’n roll
26 Maggio 2022
Vedere Carlo Ancelotti e Jurgen Klopp sfidarsi in una finale di Champions League - stasera 28 maggio a Parigi -, in periodo di confronti e discorsi generazionali, può simboleggiare l’ennesima opposizione tra mondi diversi. Da un lato l’allenatore del Real Madrid, dall’altro quello del Liverpool, due figure in ogni senso diverse. Perché Ancelotti è un allenatore d’altri tempi: aggiornato, metodico, rigoroso, ma sempre con fascino antistorico rispetto alle icone che siamo abituati a vedere adesso sulle panchine. E per questo il confronto (anche lifestyle) con Klopp ci affascina. Rappresentano due scuole di pensiero antitetiche e, soprattutto, professionisti che appartengono a due diverse epoche storiche.
Per uno come Klopp, oggi, anche non vincendo, è più facile finire sulle prime pagine. Perché Klopp è scenico, ha battezzato il suo stile con il tech-code delle tute, prima New Balance e poi Nike, e gli occhiali Ma più di tutti, ha fatto del suo spirito - rock’n roll, per citare le definizioni che ne venivano date ai tempi del Borussia - un brand. Come Guardiola e il Cholo, Klopp è un brand di se stesso che ha come prodotto un certo tipo di calcio, cui la sua barba e gli occhiali tondi sono il primo veicolo di marketing, insieme con una certa retorica. Per quanto sia riservato, il suo status lifestyle è etichettabile come pochi fra i suoi colleghi. L’allenatore tedesco rappresenta quella categoria di laptop trainer che oggi è così comune, ma che dieci anni fa non era neanche ammessa a bordo campo. In questo Klopp è stato precursore prima e totem poi, ed è per ciò che oggi ha una fanbase personale così estesa e rispettosa della sua figura.
Per intendersi, come tutti i radicali anche l’allenatore tedesco ha la sua quota di sostenitori quanto di detrattori, ma nessuno può negare la sua riconoscibilità, sia per lo stile calcistico, sia per quello nel vestiario. In Klopp possiamo vedere la riflessione di molti allenatori giovani, di quelli che ci tengono ad avere uno stile e si affidano alla tecnologia attraverso la quale, spregiudicati, portano avanti la propria teoria.
Il calcio di oggi è sicuramente più complementare a Klopp che a Ancelotti, ma il secondo ha quella strana aura intorno alla sua panchina che, visti i risultati, è difficile da definire come sfavorito. Prima del Real, Ancelotti in effetti sembrava esser stato messo da parte dalla geografia calcistica internazionale dopo le avventure poco sexy con Napoli e Everton. Invece, due anni dopo, si ritrova in finale di Champions league e campione de LaLiga, festeggiata con la solita classe come dimostra la foto con il sigaro che ha fatto il giro del mondo.
Come ha detto di recente Allegri: “Carlo (Ancelotti, ndr) è un allenatore classico, non passa mai di moda. Come il vestito blu o il vestito grigio”. Ancelotti, sul fascino del saggio, dell’esperto, ha costruito il suo personaggio attuale ricalcando un topos antico quanto il calcio stesso. Ma proprio per la sua attitudine non può essere un role model, perché appartiene a un modo di pensare il calcio che raramente si incontra più oggigiorno. Ma è proprio perché è un vincente come pochi, attraverso il suo stile casalingo e meditativo, che fa paura più di tutti. Ancelotti un boomer e Klopp un millennials? Forse. Di sicuro c’è solo che sono due fenomeni del proprio settore.