Il calcio ha ancora un problema con la moda?
Il caso di Serge Gnabry segnala come i giocatori non siano sempre liberi di essere loro stessi
27 Gennaio 2023
Mentre le società sportive da un lato flirtano con la moda e il lifestyle per modellare il proprio profilo in modo da essere competitive in un mondo che sembra espandersi senza fine, lo stesso ambiente calcistico non è riuscito a superare alcune barriere culturali che lo delimitano rispetto ad altri sport. Una di queste è diventata evidente quando ieri il Direttore Sportivo del Bayern Monaco Hasan Salihamidzic ha apertamente criticato un suo calciatore, Serge Gnabry, per aver partecipato ad alcuni show - Kidsuper e Namacheko - della Paris Fashion Week nell’intervallo tra due partite del club bavarese. "È una cosa da dilettanti", ha dichiarato Salihamidzic all'agenzia di stampa tedesca dpa. "È esattamente quello che non mi piace. Non è da Bayern Monaco fare casino quando si ha un giorno di riposo. Un giorno di riposo deve servire a riposare per poter affrontare la partita successiva".
Gnabry infatti era stato invitato dai due brand durante il consueto appuntamento parigino, come era già successo nelle precedenti stagioni, e aveva concordato con il suo allenatore Julian Nagelsmann la sua assenza tra le sfide di Bundesliga contro il Red Bulls Lipsia e il Cologna. Due gare che si sono concluse in parità per il Bayern, che ha visto il suo vantaggio in testa ridursi a sole tre lunghezze di margine su l'Union Berlin. E sono stati forse questi due passi falsi ad aver alzato la pressione in casa Bayern e scatenato le ire di Salihamidzic. Ma soprattutto queste dichiarazioni dimostrano quanto questo supposto progressismo del calcio a volte venga messo a nudo da una concezione padronale e punitiva del professionismo, come se già la vita di un atleta non fosse segnata da sacrifici e privazioni.
Ovviamente i calciatori di alto livello sono dei privilegiati, che possono volare in mezzo alla settimana a Parigi per frequentare gli show più esclusivi e tornare in tempo per gli allenamenti e le partite, ma come in ogni ambito lavorativo bisogna difendere la vita privata e il tempo libero dall’attività agonistica. Mai quanto per uno sportivo, saper staccare dalle pressioni che una stagione può generare rimane una qualità sottovalutata, non lasciarsi travolgere emotivamente dalle montagne russe bilanciando ogni fase della propria quotidianità, è una qualità fondamentale per resistere ad alto livello. E rappresenta ancora oggi un aspetto sottovalutato in uno sport che sta lentamente prendendo coscienza della salute mentale dei suoi atleti, da equiparare a quella fisica.
Così la continua tensione generata dalla necessità di dover portare risultati di rilievo sia in campo che fuori, sommata all’aspetto più deteriore della costante presenza social dei club e dei giocatori, ovvero di essere sempre a disposizione dei giudizi altrui, fa in modo che non sempre ci sia una vera libertà di esprimere i propri interessi oltre il calcio. E noi di nss sports lo sappiamo bene, avendo lanciato lo scorso anno un format - More Than - che cerca di combattere lo stereotipo dell’atleta visto solo come un corpo performativo nel suo sport di riferimento. E lo fa usando la moda come grimaldello per scardinare quei preconcetti che Salihamidzic ha usato per condannare il suo giocatore.
Le parole del dirigente bavarese infatti hanno rivelato come ancora oggi nel calcio la moda sia vista come una distrazione e una passione troppo lontana dalle qualità che richieste a un giocatore. Non sono stati usati ad esempio gli stessi toni quando Manuel Neuer si è rotto una gamba andando a sciare nella pausa tra la fine dei Mondiali e il ritorno dell’attività del club, una trasgressione ben più grave di partecipare a una sfilata. Ma lo sci, a differenza della moda, non mette in crisi un modello machista dello sportivo, non confronta l'idea di una mascolinità chiusa e cameratesca con una nuova aperta e sensibile. Quello che il dirigente bavarese rimprovera Gnabry insomma è di aver infranto uno stereotipo, ancora troppo comune tra chi si occupa di pallone.
Come ci ha spiegato Danny Williams, uno dei protagonisti di More Than "Ci sono ancora una serie di tabù nel mondo del calcio e i giocatori non sono ancora aperti a parlarne, perché vivono in una bolla, sono pagati dai club e devono rispettare delle regole". Ovviamente non ci sono regole scritte che impediscono ai calciatori di spendere il proprio tempo libero lontano dalla squadra, tanto che lo stesso Nagelsmann ha dichiarato che "come un normale datore di lavoro, non puoi dire ai tuoi dipendenti che devono andare in chiesa la domenica alle 10, pranzare alle 12 e dormire alle 2 del pomeriggio. È importante che ognuno possa organizzare il proprio tempo libero in modo da essere felice. Ma deve sempre essere utile per il suo lavoro". Ma ci sono regole non scritte, trasmesse dentro gli spogliatoi e dalle quali ancora oggi è difficile scappare.