Il significato della firma di Haaland con Nike
La sponsorizzazione dell’attaccante del City può rivitalizzare un mercato altrimenti in discesa?
07 Marzo 2023
Le scarpe da calcio sono un elemento necessario, fondamentale del gioco. Una condizione d’esistenza alla quale non ci si può sottrarre se si vuole scendere in campo senza infortunarsi, e rappresentano la sede materiale dove risiede il talento di chi le indossa. Non è quindi un caso che nei decenni abbiano assunto un ruolo simbolico, diventando legati alle fortune e alle vittorie dei calciatori che li allacciavano prima di una grande partita. Senza scomodare i giganti di questo sport, ogni giocatore ha uno scarpino di riferimento che agli occhi del consumatore e dello sportivo diventa il modo più semplice per avvicinarsi alle prestazioni dei propri beniamini. E questo rapporto simbiotico tra scarpa da calcio e superstar, che lega a doppio filo la storia del pallone, è stato decisivo per creare uno dei mercati sportivi più floridi. Ancora oggi la vendita di scarpini è uno dei dati più alti quando si tratta di equipaggiamenti tecnici, un valore che non stupisce visto l’altissimo numero di praticanti del The Beautiful Game in tutto il mondo.
I grandi produttori si sono quindi contesi sempre i più grandi campioni a suon di contratti milionari, ben sapendo che il gioco valeva la consueta candela. Chi infatti non avrebbe voluto indossare le stesse scarpe di Pelé o abbozzare i dribbling alla Maradona? L’investimento risultava sempre in un risonante successo. E anche negli ultimi giorni, con l’asta tra i brand per accaparrarsi la firma di Erling Haaland, quel tipo di frenesia non è sparita, visto che Nike sembra disposta a spendere sui venti milioni di sterline all’anno per assicurarsi quello che si appresta ad essere il più prolifico attaccante della sua generazione. Cifre che ci riportano a tempi andati, quando i campioni si dividevano attraverso i loro sponsor tecnici e si contendevano la fama a colpi di spot pubblicitari epici. O ancora prima, quando PUMA pagò Pelé per allacciarsi le sue scarpe in mondovisione durante Messico 1970.
Ora gli scarpini vendono ma non conquistano, ed i tanti modelli che hanno aggiornato l’estetica e la funzionalità delle storiche silhouette sono ancora usatissimi dai calciatori in tutto il mondo. Alcuni di questi però stanno invece evitando di calzare le ultime novità scegliendo dei modelli più anziani, come Tony Kross che non si separa mai dai suoi adidas 11Pro, mentre Vinicius Jr. nella sua guerra personale contro Nike ha addirittura dipinto di nero le proprie scarpe da gioco. E tale ci racconta dei tanti limiti delle odierne sponsorizzazioni, che non riescono ad imporsi nell’immaginario dei tifosi come un tempo e che hanno più un ruolo commerciale. In questo contesto la firma di Haaland è quindi una boccata d’ossigeno per un mercato che si stava lentamente prosciugando.
E soprattutto segna il forte ritorno di Nike, che negli ultimi anni aveva trascurato l’acquisizione di nuovi talent per dedicarsi invece verso lo storytelling e le communities, con un impegno economico anche non indifferente per assicurarsi quello che sarà uno degli attaccanti più prolifici della sua generazione. Dopo aver perso prima Neymar e pochi giorni fa Grealish verso PUMA, Nike ha messo a segno un colpo fondamentale che mostra quale potrebbe essere la nuova linea del brand di Beaverton, ovvero prendere a tutti i costi i big lasciando andare invece gli altri talent. I venti milioni di sterline che, secondo le indiscrezioni Nike ha promesso a Haaland, superano addirittura quelli che ora il brand statunitense paga attualmente all’altra sua giovane superstar a roster, Kylian Mbappé. Ai due toccherà il compito di traghettare lo swoosh nel prossimo futuro, quando il calcio internazionale e di conseguenza i brand non vivranno più sul dualismo Messi-Ronaldo.