Perché i tifosi del Napoli stanno protestando
Nonostante la stagione strepitosa, la frattura tra De Laurentiis e le curve si fa sempre più problematica
05 Aprile 2023
La Serie A sta per giungere al termine, passata la pausa per le nazionali da aprile a giugno ogni weekend si scenderà in campo. Il Napoli ad oggi è a +16 dalla Lazio, seconda in classifica, e sembra poter dormire sogni tranquilli in attesa della matematica certezza. Nel mentre in città, come sui giornali ed online, non si fa altro che celebrare la squadra di Spalletti. Il Mister del Napoli è riuscito a plasmare al meglio i suoi giocatori conquistando punti importanti sui campi italiani ed europei. Intanto la città, insieme ai comuni limitrofi, si dipinge di azzurro dando sfogo alla creatività di ognuno fra dolci speciali, panini colorati di azzurro e vie riempite con i cartonati di giocatori.
Eppure se a prima vista sembra essere tutto al suo posto, non è tutto oro ciò che luccica a Napoli. Il problema principale rimane il tifo organizzato all'interno dello stadio Diego Armando Maradona. Da quanto l’impianto di Fuorigrotta è stato ribattezzato in onore del fuoriclasse argentino, non ha mai raggiunto il calore di un tempo, fra sediolini sbiaditi, bandiere e tamburi. Il tifo organizzato, infatti, è protagonista di un forte scontro con la società - una questione che va avanti da tempo, già dai tempi di Ancelotti - e che ha più volte chiesto modifiche al nuovo regolamento dello stadio. Prima con le multe per l’assegnazione dei posti, in particolar modo al centro del settore popolare, e poi in questa stagione con il divieto di tamburi, megafoni e bandiere la situazione è andata sempre più peggiorando, fino ad arrivare ad un definitivo punto di rottura.
Solo in alcune partite le due parti sono riuscite a trovare una quadra, non dando però la continuità necessaria per creare quel clima di festa che si respira in città. Il colmo è stato raggiunto in questi mesi nelle partite interne contro Lazio e Milan, in uno stadio-teatro in cui a farla da padroni sono stati i tifosi ospiti con le loro bandiere, i loro tamburi e, nel caso dei laziali, anche di bombe e fumogeni. La richiesta è semplice: portare l'euforia che travolge la città in lungo e largo nel proprio tempio, chiedendo anche una politica diversa sui prezzi, differenziando almeno il settore superiore ed inferiore (dove la vista è nettamente peggiore).
Proprio per questo, domenica 2 aprile i gruppi della curva A e della curva B si sono incontrati nei pressi del Maradona per far sentire la propria voce, raggruppando numero importante di tifosi pronti a cantare e a colorare di azzurro l’intera area, chiedendo a gran voce di modificare un regolamente ormai stringente e poco utile per quella che è il momento dei partenopei. E dopo un pomeriggio completamente azzurro, fra cori ed abbracci, allo stadio però è successo tutt’altro. In campo la squadra di Spalletti ha giocato la sua peggiore prestazione, contro un Milan forte ed orgoglioso dello scudetto conquistato l’anno scorso. Stesso orgoglio che i tifosi rossoneri hanno portato nel settore ospiti.
Sponda azzurra la tensione era palpabile, poco prima del fischio d’inizio dalla B sono partiti i primi cori contro la società, ai quali distinti e tribune hanno risposto con i fischi. Le stesse zone però che sul 4-0 erano già semivuote. Questa stessa tensione, purtroppo, è sfociata anche in degli scontri interni fra alcuni gruppi della Curva B, terminati in meno di un minuto dando spazio poi ai cori e all’euforia proveniente dal settore ospiti. Protesta che poi si è protratta per tutta la partita, fra cori e fumogeni lanciati in segno di sfida sul finire del match, e ai quali si è unito anche il settore ospiti forte del vantaggio e dei fondamentali tre punti in tasca.
Una situazione con cui non convive solo il pubblico napoletano, anche i gruppi organizzati juventini sono costretti a rispettare le stesse restrizioni, un qualcosa che potenzialmente potrebbe accadere in tutti gli stadi con società che sognano atmosfere e curve come in Liga e Premier League, con una gentrificazione del tifo. Una situazione surreale per una squadra che sta per tornare alla vittoria dopo più di 30 anni e visto anche che ad inizio anno la questione sembrava essere accantonata, con i tifosi pronti a sostenere la propria squadra, così come sempre è stato. Tutto è ritornato a galla, in particolar modo dopo gli scontri con i tifosi romanisti in autostrada, che hanno riportato in auge la solita retorica sul tifo organizzato, colpevole di creare problemi di ordine pubblico. Una questione che si è infiammata anche per i prezzi riservati alla partita di Champions League contro il Milan, dove i tanto acclamati prezzi popolari si attestano sui 300 euro totali se un genitore volesse portare il figlio allo stadio, in un settore dove la visibilità è molto limitata.
Al di là delle legittime opinioni di ognuno, la realtà parla della rinuncia del tifo leggendario, che ha fatto anche la fortuna della società, a discapito di un’atmosfera ovattata che non caratterizza il calore partenopeo. Una situazione simile è avvenuta anche a Bari, anch’essa squadra di proprietà della famiglia De Laurentiis, in cui società e tifo organizzato hanno trovato il giusto compromesso per il bene di tutti. Ad oggi questa divisione è senza ombra di dubbio paradossale, in controtendenza con i risultati in campo di una stagione storica che si spera possa risolversi come nei migliori lieto fine. Una pessima vetrina per il Napoli, da ogni punto di vista, dato che la passione dei tifosi azzurri è sempre stata qualcosa di speciale, ma il clima dello stadio rischia ormai di cambiare per sempre.