L'avanguardia grafica del logo del Torino
Come il Torino FC ha raggiunto negli anni '80 il livello più alto tra i loghi minimalisti
14 Dicembre 2023
Il passaggio da società sportiva a brand a tutto tondo non è un fenomeno nuovo nel calcio, anche se è un processo che ha subito un'accelerazione rapida dall'inizio del XXI secolo. I club professionistici di oggi sono nati come entità sportive con l'ambizione di vincere titoli, ma si sono gradualmente trasformati in brand con l'aspirazione di raggiungere il riconoscimento globale e i massimi profitti da ogni aspetto, dal merchandising ai canali di comunicazione. Uno dei segni più evidenti di questa trasformazione è la tendenza al rebranding dei loghi, sempre più pensati per la loro visualizzazione online e come stemmi identitari.
Minimalismo e semplicità sono stati gli elementi chiave di quasi tutti gli aggiornamenti degli ultimi anni, secondo un design più vicino all'estetica aziendale che a quella calcistica. In diversi casi i nuovi rebranding sono stati accolti da pesanti critiche, accusando i design di trasmettere poca personalità e di distaccarsi troppo dalla storia e dell'identità dei club. Basta dare un'occhiata ai post social che svelano un nuovo crest per trovare un'abbondanza di commenti che criticano il design e chiedono la fine di questa tendenza minimalista. Il quale tuttavia ha prodotto grandi progetti nel campo grafico e ha dato risultati molto interessanti anche nel calcio, non tanto nell’era moderna ma agli anni Ottanta.
Il restyling del Torino
Il Torino è un club con una ricca tradizione e per la maggior parte della sua storia ha utilizzato come stemma una variante di uno scudo ovale diviso in due metà, una marrone e una bianca. Lo stemma della città di Torino occupava il lato sinistro, mentre le iniziali del club erano inserite a destra. Lo stemma ufficiale poi compariva in diverse varianti sulle maglie da gioco dagli anni '60 ai primi anni '80, tra le diverse versioni c’era quella bianca, in alcuni casi aveva un aspetto regale e in altri quasi fumettistico.
Nel 1983, il presidente Sergio Rossi era in carica da appena un anno quando commissionò all'agenzia di design GBM Italia un nuovo logo per il Toro. Il progetto del restyling venne affidato a Gianfranco Mantello e fu un successo immediato. Il suo stile minimalista rendeva il nuovo stemma del Torino anomalo rispetto a quelli araldici dell'epoca e si presentava come un grande elemento di novità. Il risultato divenne il precursore dei rebranding delle agenzie creative oggi, e fu realizzato in un momento in cui i club iniziavano a prendere in considerazione il modo in cui venivano percepiti dall'esterno e come la loro identità grafica potesse giocare un ruolo nella comunicazione.
Il toro è sempre stato un simbolo del club e della città, ma non era mai stato rappresentato in modo così minaccioso e aggressivo, a rappresentare la forza della squadra. La sua forma spigolosa e la testa china gli conferiscono un aspetto molto più potente e trasmettono in modo convincente lo spirito dei Granata. Mantello ha avuto spazio per allontanarsi dalla tradizione con altri aspetti del design. La forma rettangolare, anche se con angoli delicatamente arrotondati, era - e rimane tuttora - una forma insolita per lo scudo di una squadra di calcio.
Inoltre, nella maglia il logo occupava più spazio, rendendolo ancora più imponente e visibile. Il suo stile minimalista lo rendeva diverso dagli stemmi araldici dell'epoca e gli conferiva un elemento di novità. In occasione della conferenza stampa di presentazione, Mantello spiegò il suo pensiero: "Volevamo ripristinare la determinazione e l'aggressività per cui il Torino è sempre stato famoso. Questo scudetto deve rientrare nei parametri della continuità e della tradizione, rispettando le proprietà grafiche e comunicando qualcosa al pubblico".
Mantello ha semplificato poi la tavolozza dei colori, riducendola a una bicolore, un'altra scelta vista anche nei moderni progetti di rebranding. Nel 2023 tuttavia, lo sfondo bianco sarebbe stato probabilmente eliminato a favore di uno spazio negativo, che avrebbe permesso di cambiare il colore primario in bianco quando fosse stato apposto sulle maglie da gioco del club, mentre il colore di base granata avrebbe riempito il resto.
Diversi tipi di minimalismo
Come molti tifosi del Torino, l'architetto Gueorgui Djarov considera lo stemma del 1983 il più bello della storia del club. Pur riconoscendo che condivide molte qualità minimaliste delle proposte degli ultimi anni, sottolinea una differenza fondamentale: l'intenzione.
"I crest moderni, come quelli dell'Inter o della Juventus, non sono stati progettati per rappresentare una squadra, ma un marchio. Sono loghi progettati per apparire bene su vestiti e merchandising anche per chi non segue il calcio. I veri tifosi del club, invece, vogliono che lo stemma trasmetta loro qualcosa, una parvenza del club, del calcio, come fa quello del Toro".
L'art director e graphic designer Serena Tempesta, che non tifa per nessuna squadra, è stata sottoposta ad una sorta di test in cui non ha ricevuto alcun contesto o informazione su nessuno degli stemmi, ha espresso la sua opinione sia su quello del Torino degli anni '80 che sul logo della Juventus del 2017, rigorosamente dal punto di vista del design.
"Il secondo (Juve) è molto freddo e anonimo. La combinazione di colori bianco e nero si percepisce subito come fredda. Non c'è nulla di antropomorfo, non ha alcun riferimento a qualcosa nel mondo reale, anche se mi ricorda vagamente la lettera J. Quindi è un logo molto spersonalizzato".
Sebbene i kit bianconeri della Juve non risultino freddi, è vero che la tavolozza monotona non favorisce lo scudetto, che avrebbe bisogno di un paio di modifiche. "Il secondo (Torino) è aggressivo. È un animale che comunica grinta e aggressività, anche il suo posizionamento qui è molto aggressivo. La tonalità di rosso è un colore caldo e vivace, che richiama la rabbia del toro. Gli spigoli vivi di questo logo aumentano l'effetto spaventoso che si vuole ottenere. Nel complesso, comunica molto di più, e lo fa essendo realistico piuttosto che astratto".
I club che stanno pensando a un nuovo stemma - e le agenzie creative incaricate di progettarlo - dovrebbero forse prendere esempio dal Torino. Trovare l'equilibrio tra minimalismo e significato non è un'impresa da poco, ma in troppe occasioni abbiamo visto privilegiare l'appeal, con pochi tentativi di rimanere fedeli all'identità storica. Il Torino stesso è tornato al suo stemma ovale nel 1990, prima di adottare l'attuale versione nel 2005, molto meno appariscente, con il ritorno del più elegante toro. Nonostante non sia più l'emblema ufficiale, l’animale furioso degli anni '80 è apparso di tanto in tanto su alcuni dei recenti kit e sull'abbigliamento da allenamento, liberato dal contorno rettangolare.
È giunto il momento per il Torino di reintrodurre il tanto amato scudetto dagli archivi, con tutti i valori che incarna? Quando è stato lanciato era in anticipo sui tempi e molti rebranding successivi difficilmente hanno raggiunto lo stesso grado di creatività. Inoltre valorizzerebbe la storia del club, puntando su un elemento apprezzato tanto dai tifosi quanto dagli esperti di design.