La linguetta coprilacci è ovunque
Sta diventando il dettaglio più amato dai designer di moda?
31 Gennaio 2024
Oggi è impossibile immaginare una Fashion Week senza il calcio, ma mai come ora non sono più le maglie le vere protagoniste delle passerelle trasformate in campi d’erba. In un'era di smarrimento per le sneakers che hanno perso l'aura che fino a qualche tempo fa le contraddistingueva, c'è stato un ribaltamento per quanto riguarda le nuove silhouette che si vedono ai piedi dei cool kids e non. Tanti marchi di recente hanno realizzato sneaker ispirate al calcio e formula adottata è sempre la stessa: silhouette low-top, midsole bassa e coprilacci. All’inizio fu Bikkembergs con la celebre Tirosegno, la prima introduzione della moda su un campo da calcio, con una scarpa che fu indossata anche da Giorgio Chiellini. Era l’Europeo del 2008, e la struttura definita da cerchi concentrici associò due mondi a quel momento estremamente lontani tra loro. Nascosto dall’effetto ottico ecco spuntare la lingua coprilacci, che diventò da quel momento il ponte di contatto tra l'efficienza della performance e la personalizzazione della moda. Ed ora che l’estetica calcistica è diventata mainstream, superando in qualche caso anche la fama stessa dello sport, sia brand tecnici che di moda hanno riscoperto questa connessione giocando nello spazio liminale tra le due sensibilità.
Reebok, adidas, PUMA, Acne Studios, Asics sono alcuni dei brand che hanno voluto interpretare lo shape della scarpa da calcio, ognuno attraverso i propri codici e le proprie filosofie, creando così un nuovo trend di linguette. C’è quella tirata su direttamente dagli anni '70 realizzata da Wales Bonner per adidas, quella squadrata anni '90 di Reebok e BOTTER, tornati a collaborare in occasione dell'ultima fashion week di Parigi. Ma non dimentichiamo le sneakers firmate Acne Studios nella scorsa stagione, quando il marchio scandinavo alla scorsa FW ha proposto ben due modelli di scarpe con tacchetti gommati: uno prendeva ispirazione dal modello Total 90 di Nike, mentre l'altro era caratterizzato da un copri lacci vistoso e metallizzato. Allo stesso tempo anche i brand sportivi sono tornati a percorrere questa strada, non ultima ovviamente adidas che ha riproposto uno degli shape più celebri del proprio archivio, le Predator, passate alla storia anche per il modo con il quale nascondevano i lacci. Ma anche il modello Avanti di Fenty x PUMA gioca con questo dettaglio in versione extralarge, forse per ingentilire un modello dedicato al pubblico femminile.
E se PUMA e Coperni hanno realizzato una scarpa che tenta di sintetizzare blokecore e balletcore, altri brand hanno ugualmente intersecato diversi stili utilizzando come base lo scarpino e come segno distintivo la linguetta. È ad esempio il caso di Asics, che per la sua prima collaborazione con il brand OTTO 958, ha proposto una rielaborazione dell’ASICS GEL-FLEXKEE a metà tra lo skateboard e il futsal. Le combinazioni sembrano essere praticamente infinite, con al centro di esse sempre lei, la linguetta.
Coprilacci, perché sono scomparsi
Un deciso ritorno al passato, sia in campo che fuori di esso, dopo che per almeno un decennio si era andati in direzione opposta inseguendo il minimo vantaggio competitivo. I motivi dietro un look sempre più minimale degli scarpini sono essenzialmente due. Il primo riguarda il fatto che eliminare alcune componenti dallo scarpino sia una mossa astuta per diminuirne il peso, migliorando le performance degli atleti. La prima vittima di questo processo che avrebbe reso le calzature da gioco più performanti è stata proprio la linguetta coprilacci, rimasta scolpita, anche per questo motivo, nei cuori dei nostalgici. Lo scopo della linguetta coprilacci, sin dalla sua nascita, è stato quello di evitare che la presenza del fiocco alterasse la sensibilità dei calciatori ma anche per offrire maggiore supporto al piede. Oggi la soluzione a questa necessità viene offerta - in una vasta selezione di scarpini - da un sottile collar in knit che garantisce stabilità specialmente alla caviglia. Insomma, in entrambi casi è stata la tecnologia ad avere la meglio sulla tradizione, in un processo evolutivo che abbiamo visto in molta attrezzatura sportiva.
Eppure, ci sono delle eccezioni: alcuni modelli sono riusciti ad opporre resistenza alle innovazioni tecnologiche, come ad esempio il famoso Copa Mundial di adidas e svariati modelli de La Pantofola D'Oro a dimostrazione del fatto che la tradizione riesce spesso a sopravvivere al sopraggiungere del progresso. Avremmo forse dovuto dare uno sguardo più attento agli iconici scatti che ritraggono Bob Marley giocare nei campetti sterrati della Giamaica negli anni '70. Il suo stile ha profetizzato la scomparsa della linguetta in quanto era solito giocare le partite allacciando le sue adidas Copa Mundial tenendo la linguetta bloccata all'insù.
Il ritorno delle linguette coprilacci e la vittoria della nostalgia
Nel corso dell'ultimo decennio, nel calcio, ci sono dei casi che testimoniano come la linguetta coprilacci abbia timidamente provato a resistere. Nike e adidas - rispettivamente con il lancio dei modelli Nike Premier 3 e Copa Gloro - hanno pensato a un modo intelligente di accontentare sia i detrattori che i fan della linguetta. Questi modelli si presentavano di fatti con una linea tratteggiata sulla zona del collo della scarpa, consentendo a chi volesse di rimuoverla con l'utilizzo di una forbice. Oltre a una scelta intelligente in un momento nel quale andavano molto di moda le sneakers cutout, risultò anche una memorabile operazione di marketing che riuscì a non chiudere definitivamente le porte del futuro alle linguette coprilacci.
Sfruttando il loro ritorno, dimostrando che il sentimento di nostalgia che ha invaso, specialmente negli ultimi anni, apparel, scarpini e l'estetica tutta del calcio sia un aspetto a cui marchi tengono particolarmente, forse più di ogni altra cosa. L'esempio più lampante riguarda il ritorno delle Predator Archive di adidas, indossate oggi da Jude Bellingham e Trent Alexander Arnold i quali hanno raccolto il testimone dell'eredità lasciata da giocatori del calibro di David Beckham, Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero. Per questo è curiosa la decisione del brand tedesco per quanto riguarda il modello Predator in versione lifestyle, che prende il nome di Freestyle, di non prevedere la presenza di una linguetta coprilacci, probabilmente per evitare che il dettaglio delle three stripes passi in secondo piano.
Come successo all’inizio del fenomeno blokecore, quando le maglie più improbabili vennero tirate fuori dai cassetti nei quali erano sepolte da anni per essere nuovamente indossate, e il colletto divenne l’elemento da personalizzare, nello stesso modo la linguetta è diventata il dettaglio attraverso il quale esplorare possibilità e creatività. Con buona pace di Toni Kroos, il colletto rende immediatamente la maglia comoda da indossare anche lontano dal campo, e così la linguetta sembra esser messa lì per dire di essere sportiva senza perdere l'appeal commerciale della sneakers da tutti i giorni. Alla fine il sogno di tutti questi brand, intrecciando calcio, nostalgia e archivio, è quello di trovare una nuova Samba.