Come sta cambiando il panorama delle sponsorizzazioni calcistiche
Dal nuovo business model di Nike alla visione di adidas
01 Marzo 2024
Lamine Yamal, il talento blaugrana classe 2007, è solo l'ultimo in ordine cronologico a passare da Nike ad adidas. Poco prima la stessa sorte era toccata a Enzo Fernandez del Chelsea, pagato oltre 100 milioni di sterline la scorsa estate. Sono gli ultimi calciatori ad aver terminato il proprio contratto di sponsorizzazione con Nike e ad aver successivamente scelto un nuovo sponsor tecnico. Yamal è stato già annunciato come nuovo volto di adidas, la diretta concorrente dello Swoosh nel mercato delle sponsorizzazioni calcistiche e uno dei tanti brand che sta passando alla cassa approfittando della strategia Nike. Infatti dei tanti atleti di prima fascia che nelle ultime stagioni hanno interrotto, per diverse motivazioni, il loro contratto con l'azienda di Beaverton, non tutti hanno scelto il marchio delle Three Stripes come destinazione futura.
Basti pensare a Sergio Ramos, divenuto brand ambassador di Mizuno nel 2022, oppure ad Under Armour, che dopo aver sponsorizzato nella storia recente Memphis Depay, Trent Alexander-Arnold ed Ollie Watkins, sta puntando su Eddie Nketiah e Antonio Rüdiger come Main Testimonial. O come New Balance, che ha puntato forte sul mercato inglese firmando due nazionali come Raheem Sterling e Bukayo Saka oltre al futuro talento del Real Madrid e già icona di stile in patria Endrick, mentre in Serie A vanta solamente due nomi, ovvero Wojciech Szczęsny e Timothy Weah. Ma anche Skechers, marchio che ad agosto 2023 ha selezionato Harry Kane come profilo per debuttare nel mondo del calcio. Sarà stato il contratto stellare da €110 milioni ad allettare il centravanti inglese, ma l'operazione del marchio statunitense dimostra come la "scena degli scarpini" stia palesemente mutando, assistendo sia all'inserimento di brand minori che all'introduzione di nuovi business model, come quello di Nike.
Cosa sta facendo Nike
Le scelte di Nike fanno presupporre che, con tutte le probabilità del caso, l'intenzione sia quella di ridurre gradualmente il proprio roster di calciatori. L'obiettivo finale potrebbe essere quello di puntare a un ricambio generazionale: non è un caso che la maggior parte degli atleti che hanno lasciato Nike negli ultimi mesi siano nati dal 1993 in poi (Kane, Neymar Jr., Casemiro, Lacazette, Ramos), mentre Haaland, Foden, Mbappé e Musiala, talenti generazionali under 26, siano tra i profili inamovibili. Puntando su superstar ben selezionate, Nike si posiziona assicurandosi almeno un talento per campionato europeo. A questi nomi, infatti va sommata anche la sponsorizzazione di Lautaro Martinez in Serie A, indubbiamente il calciatore più dominante nella prima parte del campionato italiano. Concentrandosi su un numero minore di atleti (seppur di altissimo calibro), Nike potrebbe garantire una ventata d'aria fresca nell'intero mondo del calcio lavorando su diversi progetti, come ad esempio la recente presentazione di ben 14 nuovi kit per i club della NSWL.
Similmente a quanto fatto negli ultimi anni togliendo i propri prodotti dal mercato wholesale e spingendo per la distribuzione diretta, sembra che Nike abbia modellato lo stesso approccio anche sulle strategie di sponsorizzazione. Sempre meno outlet esterni e sempre più IP che possa gestire in modo verticale, come appunto i kit di una lega privata chiusa sul modello NBA, NFL e NSWL. Un modello che nell'ultima proiezione per l'anno fiscale 2023 non ha dato i frutti sperati, forzando l'azienda di Beaverton ad un frettoloso dietrofront, ma che invece sembra continuare con atleti e club. Non è un caso che anche Tiger Woods, uno dei volti più riconoscibili dello Swoosh abbia scelto di lanciare un suo brand anziché continuare con lo sponsor che lo ha accompagnato praticamente per tutta la sua carriera.
Ad ogni calciatore il suo scarpino
Questo periodo di transizione di Nike - il cui impatto sui cambiamenti futuri solo il tempo potrà svelare - non può che suscitare più di qualche emozione nei cuori dei nostalgici di un calcio ormai passato, i quali hanno sempre associato in maniera quasi automatica marchi (o modelli di scarpini) a calciatori. Prima ancora dell'avvento dei signature boots, gli scarpini già riuscivano a fondersi con l'identità dei calciatori - o almeno con il loro stile di gioco. È il caso di adidas, che ha sfruttato le doti calcistiche e il fascino dell'immagine di David Beckham per rendere leggendaria l'ascesa ed affermazione del modello Predator Touch. O come fatto dalla stessa Nike, che in occasione del Mondiale del 1998 creò il modello Mercurial nello schema colori giallo, blu e grigio per Ronaldo Nazario. In quel caso, lo Swoosh cercava un calciatore che avesse le giuste qualità per indossare lo scarpino, sia tecniche che stilistiche per trasformarlo in un culto. E possiamo dire che gli è andata piuttosto bene.
Ma agli esempi di R9 e Beckham se ne possono aggiungere molti altri, da Baggio, Weah e Gianluca Vialli con le Diadora Classic Pro alle Mizuno Morelia di Rivaldo. Ad accentuare questo legame affascinante tra calciatore e scarpino contribuivano anche iconici spot pubblicitari, come il Leoni di Diadora, o l'Earn Team di adidas del 1994, che invece di concentrarsi sull'immagine di un calciatore specifico mirava a mettere in risalto le feature e il concept dello scarpino, lasciando agli spettatori la libertà di associarli a un calciatore. Il culmine si raggiunge con lo spot The Cage firmato Nike, con cui il marchio riuscì a comunicare quanto l'associazione scarpino-calciatore sia una questione più seria di quanto qualcuno possa pensare.
Uno scenario per il futuro
La fine del duopolio Messi - Ronaldo significherà anche la fine del duopolio adidas e Nike, ed un cambiamento di campo netto rispetto agli ultimi due decenni. Certo, l'azienda tedesca può contare su un roster di prestigio per qualità e quantità di calciatori a disposizione, ma anche grazie su un prodotto che, come visto con il grande ritorno di Predator, ma anche le altre non si stanno facendo trovare impreparate. Nonostante la sua operazione di reset di molte posizioni contrattuali, Nike ha puntato forte su Haaland e Mbappé, due profili molto diversi tra loro se non nella loro irreale abilità realizzativa, pagando cifre molto alte pur di averli e strapparli alla concorrenza. Una scelta non proprio il linea con la storia recente di Nike, che ha puntato sempre sul suo fascino per abbassare le fee dei propri talent.
Ma d'altronde la concorrenza scalpita e la stessa adidas sta pensando ad un piano jordanesco per la propria superstar Jude Bellingham, con tanto di logo stilizzato della sua ormai celebre esultanza. Quella di Bellingham è una figura forte abbastanza per catalizzare l'attrazione in maniera cross-generazionale; certo è che avere a disposizione la capacità di collegare il suo stile di gioco alla figura di Zinedine Zidane (ancora oggi fortemente legato alle Three Stripes) è un importante punto di forza su cui quasi nessun marchio di sportswear può far leva. Lo stereotipo del numero 5 Blancos dalla classe sopraffina, alla Zizou appunto, un enfant prodige che sembra provenire da un'altra galassia in termini di attitudine, specialmente se paragonato ai suoi coetanei.
In una nuova generazione nella quale l'abitudine di realizzare advertorial in grado di influenzare il mercato sembra essersi un po' persa, la scelta dei talent diventa ancora più determinante in quanto il loro profilo fuori dal campo è importante tanto quanto le prestazioni in esso. E ciò sta avendo un forte impatto sulle strategie dei brand. Se infatti Nike sceglie i talent rispetto a quanto possano interpretare il messaggio scelto dal brand - solitamente Just Do It -, adidas predilige atleti in grado di esaltare il prodotto mentre aziende con meno brand value scelgono volti più forti così da posizionare il proprio marchio attraverso le loro fanbase. Con tutte le probabilità del caso, il valzer di sponsorizzazioni continuerà imperterrito nei prossimi mesi, con i maggiori player dello sportswear che cercheranno di comporre al meglio il proprio team d'atleti. E ci sarà anche chi dovrà fare i conti con la sorta, come PUMA: chi sarà all'altezza di ereditare il peso di un'icona come Neymar Jr.?