«L'azzurro della Nazionale ti fa stare bene» intervista a Mattia Zaccagni
Dal campo alla moda, preparandosi per EURO 2024
10 Maggio 2024
Secondo alcuni studiosi, nella storia dell’umanità la conquista del fuoco e l’invenzione della ruota non sarebbero secondarie a quella dell’arco. Prima come strumento di caccia, utilizzato addirittura in età paleolitica, e poi di guerra, imbracciato da egiziani e babilonesi sino ad arrivare ai popoli del medioevo. Epoca dopo epoca, arco e frecce hanno attraversato i secoli fino alla diffusione delle armi da fuoco, che ne hanno segnato il declino in ambito bellico, ma non per questo cancellandone il ricordo nell’immaginario collettivo, arrivato sino ai giorni nostri. Una figura, quella dell’arciere, divenuta sempre più rara. Un po’ come le qualità e lo stile di gioco di Mattia Zaccagni, che in un calcio sempre più caratterizzato dalla fisicità e dalla resistenza, fa della tecnica, del dribbling e della visione le sue doti principali. Qualità che, ogni volta che spinge la palla in rete, gli permettono di esultare proprio come un arciere, mimando di estrarre una freccia immaginaria dalla sua faretra per scagliarla contro il pubblico che lo acclama.
Un’esultanza che i tifosi della Lazio hanno ormai imparato a conoscere ed apprezzare da quando il classe 1995 indossa la maglia biancoceleste, arrivato nell’estate del 2021 dall’Hellas Verona, la squadra con cui ha esordito in Serie A e con cui si è fatto conoscere al grande pubblico, prima di trasferirsi a Roma. «A Verona ho vissuto otto anni magnifici e intensi. Son passato da essere un ragazzino a diventare uomo, sia in campo che fuori» ricorda Zaccagni: «Ho giocato in Serie B, ho vinto il campionato e mi son fatto le ossa in tutti i sensi. E in questo la città mi è stata vicina, ne ho sempre fatto parte e ci ho anche comprato casa: con lei ho un legame particolare e la porterò sempre nel cuore. E poi c'è stato il cambiamento con Roma, la Capitale, difficile da mettere vicino ad un'altra città sotto questo punto di vista. Adesso il mio cuore è qui, dove ho costruito qualcosa di importante e ho messo su famiglia».
Una città, quella di Roma, che Zaccagni ama vivere a pieno, perdendosi nei suoi quartieri. «Spesso andiamo a cena in centro, dove mi piace fare passeggiate in piazza del Popolo e dintorni» spiega il calciatore, che della Capitale ha imparato a conoscere anche le diverse sfaccettature. Una su tutte, quella che due volte l’anno la divide in due parti, mettendo contro amici, parenti e famiglie intere: il derby tra Roma e Lazio. «Prima di viverlo pensavo che fosse una partita diversa, ma tutto sommato normale. La verità, invece, è che quando si avvicina si sente eccome. Basti pensare che in città mi iniziano a fermare già da un mese prima. Già quando arrivi al centro sportivo ti potrei dire ad occhi chiusi se c'è un derby imminente o meno: c'è una tensione diversa, si respira un'aria abbastanza pesante. La partita è molto sentita e di conseguenza la sentiamo anche noi» spiega Zaccagni, il primo giocatore decisivo in due stracittadine di fila nella storia dei Biancocelesti, l'unico nome segnato sul tabellino dei marcatori al termine di entrambi i 90 minuti. «Dopo il primo derby in cui ho segnato lo scorso anno quasi non riuscivo ad uscire dallo stadio. I tifosi dicono che quando ne decidi uno rimani nella storia della Lazio: è qualcosa che ti porti dentro».
Oltre al bianco e al celeste, però, da tempo Zaccagni indossa anche l’azzurro della Nazionale italiana. «La prima volta che l’ho vestito, in allenamento, la sensazione che ho avuto è stata di leggerezza. Si sente la storia, ovviamente, ma ti trasmette un senso di leggerezza che ti fa sentire forte, anche se porta tante responsabilità. È difficile da spiegare, però ti fa stare bene». Con EURO 2024 sempre più vicino, il numero 20 biancoceleste rimane però con i piedi per terra: «L'obiettivo, prima di tutto, è rientrare tra i convocati del mister. E poi magari cercar di dare qualcosa alla squadra, provare a contribuire a qualcosa di importante». Passo dopo passo, partita dopo partita, ragionando senza lanciarsi in voli pindarici ma sempre con lo sguardo proiettato verso il futuro. È questo il mantra della sua carriera e della sua vita, testimonianza diretta di una persona pragmatica, che non lascia spazio a scaramanzia o superstizione: «Non credo tanto a queste cose. Di solito, quando scendo in campo, indosso un polsino a destra, un nastro, ma è più un'abitudine che altro».
Ad interessarlo e ad attirare la sua attenzione, invece, c’è la moda, il lifestyle, le tendenze del momento: «Per me dare una bella immagine di sé è importante, e poi ho mia moglie che su questo sbaglia poco e mi aiuta» scherza Zaccagni: «Anno dopo anno le cose cambiano. Quando vedo una mia foto di qualche tempo fa penso sempre: ma che mi mettevo addosso? Eppure, era la moda del momento, che però muta in fretta, e io cerco di stare al passo. Indosso diversi brand, mi piace molto variare: dallo sportivo all'elegante, ma anche casual. Vesto un po' di tutto» racconta Zaccagni, che mentre parla è seduto vicino ad un arco e ad una faretra contenente tre frecce, proprio come le Three Stripes di adidas, di cui adesso è uno degli atleti di spicco. Perché se la figura dell’arciere, con il passare delle epoche, è pian piano scomparsa, la sua immagine è rimasta impressa nella memoria collettiva, riaffiorando ogni volta che Mattia Zaccagni spinge la palla in rete e scocca una freccia immaginaria verso il pubblico che lo acclama. Il simbolo di un’icona, non solo sul campo da calcio.