John Cena si è svegliato dal suo American Dream
E la WWE ha iniziato a vivere una nuova Golden Age
12 Luglio 2024
«il dramma di vedere una persona che mette in gioco la propria vita per una storia», sono le parole utilizzate da Daniel Warren Johnson nella prefazione del capolavoro a fumetti Do a Powerbomb, per spiegare cosa lo ha attratto del wrestling a più di trent'anni e con una figlia da cullare nel cuore della notte. La WWE sta vivendo una nuova golden age, grazie all'avvicendamento dirigenziale che ha visto uscire di scena Vince McMahon ed alla popolarità smisurata che ha guadagnato Cody Rhodes, il nuovo volto della compagnia. Probabilmente non è un caso che proprio all’alba di questa nuova epoca, iniziata ufficialmente lo scorso aprile al termine dell’ultimo incontro di Wrestlemania 40, John Cena abbia annunciato il suo ritiro che sarà ufficializzato al termine di un tour in programma nel 2025. Il volto più noto della WWE degli ultimi 20 anni è riuscito a raccontarsi come più di un wrestler, entrando nel cuore di chi non ha mai visto un match in vita sua. In questo processo ovviamente si è creato un folto gruppo di detrattori, evidenziando come nel wrestling esiste un labile confine che divide racconto e realtà.
You Have to see Me
Cena si avvicina al wrestling nel 1999 dopo essersi laureato in fisiologia ed essersi fatto strada nel culturismo. Debutta in WWE qualche anno più tardi, nel 2002, a meno di un anno dall’attentato dell’11 settembre 2001. Gli Stati Uniti sono un Paese sotto shock e ogni decisione presa in quel periodo riflette con inquietante precisione questa situazione psicologica. Sotto il claim de "La Guerra al Terrore" - il terrorismo è una tattica, non un soggetto a cui dichiarare battaglia - iniziano due conflitti verso due "non paesi": in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003. La WWE si accorge che Cena è un soggetto perfetto su cui costruire un simbolo per gli Stati Uniti, ottimo da esportare al resto del mondo. È bianco, dal fisico scultoreo, ha una forte street credibility e con il microfono in mano è un fenomeno assoluto. In più è di Boston e l'accento bostoniano è l’american standard per quanto riguarda le produzioni cinematografiche e televisive che vengono somministrate agli spettatori esteri. Così Cena, che sin dall'inizio ha portato con sé la gimmick stereotipata del rapper, diventa anche una figura vicinissima all'esercito americano. Inizia a fare il classico saluto militare sul ring, appare in spot che lo vedono assieme a dei soldati e fa il suo esordio al cinema, in cui non a caso interpreta un ex-Marines.
Sul ring, nello stesso periodo, iniziano i successi. Prima arriva il titolo di Campione degli Stati Uniti, a marzo 2004, poi il primo titolo di Campione WWE a Wrestlemania 21 nel 2005. Un’ascesa fulminea che lo porta a diventare immediatamente il volto della federazione. Ma Cena da lì in poi, secondo la WWE, deve diventare anche il volto di un Paese intero e ciò influenzerà la scrittura del suo personaggio: come si comporta, quello che dice e ovviamente l'esito dei match. Cena non avrà mai un turn heel perché gli Stati Uniti non possono apparire cattivi. Non solo è sempre il buono della storia, ma interviene per appianare le ingiustizie, perché è questo che gli Stati Uniti fanno nella narrazione mainstream. Soprattutto, John Cena vince sempre. Indipendentemente dalle scorrettezze che subisce, le mosse che gli effettuano - che sarebbero letali per ogni altro membro del roster - le ingerenze esterne. Cena vince e con lui l’America.
John Cena come simbolo di una Nazione intera
Questa sovrapposizione tra narrazione e realtà, tra uomo e simbolo di un Paese, raggiunge la sua massima espressione nel 2011. È la sera del 2 maggio e il Presidente Barack Obama, in diretta dalla Casa Bianca, annuncia la morte di Osama Bin Laden. A Tampa in Florida sta andando in scena Extreme Rules. Molti telespettatori non hanno ricevuto ancora la notizia, tra cui i 10.000 presenti al palazzetto. Al termine del suo incontro con The Miz, Cena prende il microfono e comunica a tutti la notizia. È impressionante mettere a confronto oggi i due filmati. Da una parte Obama: da solo, immerso nel silenzio, che con gran fare istituzionale esclama: «Gli Stati Uniti hanno condotto un’operazione che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden». Dall’altra parte Cena, sudato, a petto nudo, in piedi su un muro in mezzo a 10.000 persone che con sguardo e voce emozionata urla «abbiamo posto fine a Osama Bin Laden» per poi dichiarare di essere dannatamente orgoglioso di essere americano. Nelle parole del wrestler è contenuta tutta la fusione tra realtà e finzione alla base della storyline e del Wrestling in generale.
Il pubblico col tempo inizierà a dividersi. Una fazione non sopporta il fatto che John Cena sia dipinto come intoccabile e imbattibile. E così, come la narrazione della lotta al terrorismo iniziata l’11 settembre aveva cessato di avere senso con la morte di Bin Laden dando vita ai dubbi degli americani, anche quella legata a Cena cominciava a scricchiolare. Iniziano a circolare le lamentele; le sue abilità sul ring vengono messe in discussione. E, anche se basterebbero il match a Backlash 2009 contro Edge o quello alla Royal Rumble 2017 contro AJ Styles per dimostrare il contrario, sono proprio quei cori e quegli sfottò a dimostrare che uno storyline, se forzato e reso illogico, perde rapidamente di senso. E la sua figura da Captain America comincia a mostrare le crepe, insieme al modello del sogno americano. Il bostoniano sembrava saperlo già da tempo, tanto da portare in scena, con la penna e la regia di quel genio di James Gunn, un Pacemaker (nell'omonima serie televisiva) che sembra rappresentare metaforicamente il suo percorso in WWE. Forse non è un caso che proprio in questi giorni, così caotici nell'universo a stelle e strisce, arrivi l’annuncio del suo ritiro. È Cody Rhodes a portare avanti il racconto oggi. Viene dalla Georgia, ha i capelli biondo platino e il suo soprannome è "American Nightmare": il mondo cambia e con lui le storie per cui vale la pena mettere in gioco la propria vita.