Ricordate quando Panini "americanizzava" le squadre italiane di calcio?
Intercettando la fascinazione del pubblico nei confronti dello sport statunitense
12 Settembre 2024
Siamo a metà anni Ottanta, un periodo in cui l'influenza culturale americana in Italia, in espansione già nei decenni precedenti, si sta consolidando in modo sempre più capillare. Dalla TV al cinema, dallo sport alla musica, e più in generale nelle abitudini di vita: la diffusione di nuove tecnologie sta rendendo la traversata dell'Oceano molto più rapida per prodotti e costumi di vario genere, che dalle nostri parti vengono assorbiti con crescente familiarità. In ambito sportivo, le principali leghe professionistiche stanno iniziando a prendere piede, soprattutto quelle del football americano e del basket. La NFL aveva fatto il suo debutto televisivo nel 1981, con il primo Super Bowl lanciato su Canale 5 e diventato poi un appuntamento fisso sulle reti Mediaset negli anni a venire; una novità introdotta e consegnata al pubblico italiano dalle voci - tutt'oggi familiari - di Guido Bagatta, Rino Tommasi e Flavio Tranquillo. Più o meno in parallelo anche la NBA si presentava con la prima storica partita trasmessa - in differita di due settimane - nel gennaio '81; su Pin (Prima Rete Indipendente), con il commento di Dan Peterson, per inaugurare l'imminente età aurea della lega a livello globale, sulle ali prima della rivalità Celtics-Lakers e poi dei Chicago Bulls di Michael Jordan.
Questa è la cornice in cui si inserisce il particolare progetto di Panini per l'album Calciatori 1986/87, quello delle "figurine all'americana", presentato così al suo interno: "Con una iniziativa inedita, a ogni squadra di Serie A e di Serie B viene dedicata una figurina all'americana, che, sul modello dei principali sport statunitensi, abbina al club una denominazione (in lingua inglese) applicabile ai giocatori e relativa a una caratteristica della città o del simbolo sociale, a propria volta riprodotta in disegno grafico". Insomma, intercettando la curiosità del pubblico verso lo sport a stelle e strisce, e nello specifico per i nomi delle franchigie tipicamente composti dalla città e da un nickname associato, Panini realizzò quindi un "rebranding americanizzato" per ognuno dei 36 club che componevano la Serie A (16) e Serie B (20) di allora. Immaginando Juventus, Milan, Inter, Roma, Napoli e via dicendo come franchigie statunitensi, ma con riferimenti alla cultura locale; e usando la creatività per offrire qualcosa di nuovo e diverso, in un periodo in cui la creatività era il diktat in casa Panini. Per i prodotti da collezione dell'azienda modenese, gli anni Ottanta sono un momento di ampie innovazioni dal punto di vista estetico, su impulso del direttore editoriale dell'epoca Arrigo Beltrami.
Stava arrivando a compimento il processo evolutivo che ha portato al mezzobusto nelle foto dei giocatori e alla dimensione attuale delle figurine (49x65 millimetri); sul piano creativo, nel frattempo, si facevano in ogni edizione esperimenti più e meno fantasiosi, come le svariate rivisitazioni di mascotte e sponsor sulle maglie (sdoganati dalla stagione 1981/82), a cura del team artistico interno della redazione. Ed ecco il progetto del 1986, che strizza l’occhio al trend di quel periodo, dando vita a un unicum nella storia dell'album per la sua combinazione di elementi tradizionali e visivi. I soprannomi e loghi proposti in quell’occasione attingevano alla cultura, alla storia e alla simbologia dei club e delle rispettive città. Talvolta con intuizioni e stili originali, altre volte invece con idee e disegni un po’ banali (per quanto possa avere senso pensarlo, a quasi quarant'anni di distanza). Dai "Como Lakers", i "Torino Bulls" e gli "Avellino Wolves" (di chiara ispirazione NBA, rispettivamente Los Angeles, Chicago e Minnesota) ai "Milan Devils", gli "Inter Dragons" e i "Roma Gladiators"; e ancora, scendendo di categoria, i "Bari Cocks", i "Catania Elephants", i "Modena Yellows" e i "Taranto Buccaneers". Provando a eleggere i casi meglio riusciti, chi scrive suggerisce per la Serie A i "Sampdoria Mariners" e per la Serie B i "Lanerossi Vicenza Rams".
Il risultato dell'esperimento suscita ancora oggi pareri contrastanti tra collezionisti e appassionati. Di sicuro, però, il progetto non ha avuto nel tempo il credito che meriterebbe, quantomeno sul piano dell'estro - mettendo i gusti soggettivi da parte. Oggi, d'altronde, abbiamo gli occhi abituati agli standard della grafica digitale e alle creazioni dell'intelligenza artificiale, tant’è che sfogliamo questi album d’archivio in formato PDF, sui nostri smartphone, come se fosse il mercato dell'antiquariato. Decontestualizzare un progetto, però, non aiuta a coglierne il significato intrinseco, soprattutto in area grafica; e riprendendo in mano queste figurine del 1986, abbiamo davanti un'interessante testimonianza dello sbarco dello sport americano nel mercato italiano, e contestualmente dei primi tentativi - alcuni riusciti meglio, altri peggio - di mischiare due culture tanto differenti e sempre meno distanti. Provate a immaginare di dare tutto ciò in pasto ai team creativi dei club attuali, e magari di giocare una giornata di Serie A con maglie, nomi e loghi all'americana. Un po' come in NBA e NFL, tra l’altro, vediamo con la "Noche Latina" o con le maglie dedicate al capodanno cinese. Non sarebbe affascinante?