L’onnipresenza di Emirates negli eventi sportivi
Calcio, NBA, tennis ma non solo
28 Novembre 2024
Emirates, Fly Emirates, Fly Better. Ovunque: sulle maglie, intorno al campo, perfino nelle denominazioni ufficiali di squadre, competizioni, eventi e stadi. Se guardate tanto sport in tv, in streaming, dal vivo, o anche se ne seguite soltanto gli sviluppi sui social e altri media, i vostri occhi si saranno abituati a una costante: l'onnipresenza, ad altissimo livello almeno, di una qualche forma di sponsorizzazione Emirates. Il logo della compagnia aerea di Dubai era sui vostri schermi, ad esempio, quando avete assistito a eventi di grande richiamo degli ultimi dodici mesi: Jannik Sinner che vinceva i suoi primi due tornei dello Slam (Australian e US Open, di cui Emirates è official sponsor rispettivamente dal 2014 e 2012), Carlo Ancelotti e il suo Real Madrid che alzavano al cielo un’altra Champions League (con la scritta Fly Better a caratteri cubitali sulla maglia), i Los Angeles Lakers che mettevamo le mani sulla prima finale dell’NBA Cup (che dalla seconda edizione si chiamerà proprio Emirates Cup), e si potrebbe andare avanti a lungo.
La dimensione di questi eventi può dare un’idea già abbastanza chiara degli standard di posizionamento elitari del brand sul mercato, ma si tratta solo della punta del gigantesco iceberg composto dalle sponsorship della compagnia emiratina. Ma quale strategia - evidentemente diversa, allo stato attuale almeno, da quella di qualsiasi altro marchio - alberga dietro a tutto ciò? Nel caso di Emirates, la risposta è più profonda della semplice ricerca di visibilità che sta alla base di qualsiasi attività di marketing. Tanto dal punto di vista delle finalità, quanto nel modus operandi e nella selezione dei partner. Per addentrarsi nelle logiche di una realtà non sportiva che investe quasi 300 milioni di euro l’anno nel settore, è utile fare un passo indietro e inquadrare il caso estremo di Dubai nel relativo contesto regionale, e nei suoi legami sempre più profondi con il business sportivo.
Il Golfo Persico e lo sport
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Negli ultimi dieci-quindici anni è sembrato di assistere a una vera e propria invasione della Penisola arabica nell’universo sportivo occidentale. La recente importazione di stelle del calcio europeo nel campionato dell’Arabia Saudita, insieme alla FIFA World Cup 2022 disputata in Qatar e all’edizione 2034 assegnata a Riyadh, hanno dato ampio spazio nel dibattito pubblico a un processo che in realtà è in atto da tempo, davanti ai nostri occhi; un fenomeno che si è intensificato a partire dalla crisi finanziaria globale iniziata nel 2008, e nel caso specifico del calcio europeo anche dall’introduzione nel 2011 del Financial Fair Play UEFA, che ha dato ulteriore slancio alla ricerca di nuovi capitali e sbocchi di mercato. La spinta più forte, in ogni caso, è impressa dalle dinamiche interne dei Paesi del Golfo, che in questo momento storico stanno affrontando la complicata sfida di emanciparsi dai proventi petroliferi e hanno trovato nell’intrattenimento sportivo un potente alleato. Recentemente si è parlato molto dell’utilizzo dello sport da parte di queste ricche nazioni - soprattutto Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti - come strumento globale di comunicazione, e in un certo senso di riabilitazione della propria immagine all’interno della comunità internazionale.
È un discorso che affonda le radici nelle ben documentate controversie in materia di diritti umani e civili, all’interno di un disegno geopolitico ed economico che viene definito - semplicisticamente, ma non impropriamente - sportwashing. In questo esercizio di soft power si muovono diversi attori: ovviamente i governi dei Paesi coinvolti, a partire dalla monarchia saudita guidata dal principe ereditario Mohammed bin Salman (che con il programma Saudi Vision 2030 ha predisposto, tra le altre cose, l’invio di enormi capitali nel contesto sportivo), ma non soltanto. Se da una parte l’investimento per organizzare grandi eventi, dare visibilità alle leghe locali e persino acquisire club storici del vecchio continente porta la firma governativa (direttamente o indirettamente, cioè tramite fondi sovrani e società riconducibili), il ventaglio di soluzioni per utilizzare il megafono dello sport è piuttosto ampio, e include anche le attività di marketing in arrivo dalla dimensione privata (più o meno, anche qui i confini sono labili). È il caso di compagnie aeree quali Qatar Airways, Etihad e soprattutto Emirates, che ormai siamo abituati a vedere un po’ ovunque, e la cui affermazione planetaria rappresenta una parte non irrilevante nel processo di differenziazione economica ed apertura al mondo esterno di tali Paesi.
Emirates e lo sport
@emiratesfacup Who’s taking gold?
Fondata nel 1985 da Sheikh Ahmed bin Saeed Al Maktoum (attuale CEO) e di proprietà dell’omonimo gruppo di investimenti, Emirates è la compagnia aerea di riferimento dell’Emirato di Dubai, dove ha sede il suo principale hub aeroportuale. Con una flotta di quasi 300 velivoli e una rete che coinvolge oltre 150 destinazioni e 90 Paesi, è oggi - dopo la vertiginosa crescita a cavallo del nuovo millennio - uno degli operatori più affermati a livello globale. Senza dubbio è il marchio che, a partire dalle prime collaborazioni internazionali nel 2004, investe maggiormente nel contesto sportivo (e più recentemente, anche culturale e artistico), nonostante l’agguerrita concorrenza di competitor locali e non, come Turkish Airlines, British Airways e American Airlines.
Il target di riferimento definisce, come sempre in materia di marketing, l’approccio e la selezione dei partner. Trattandosi di un servizio che punta sul binomio comfort-lusso, e che si rivolge dunque a utenti poco sensibili ai costi e di estrazione sociale medio-alta, la presenza del suo logo (e delle varianti Fly Emirates e Fly Better) è capillare, ma non certo indiscriminata. Anzi, si può dire che punti accuratamente e quasi esclusivamente a bersagli prestigiosi, elitari, adatti a trasmettere il messaggio desiderato: l’eccellenza. Come a dimostrare all’audience globale che Emirates, semplicemente può. Può essere sulla maglia del Real Madrid, sui muri dello stadio dell’Arsenal, sui campi NBA, sulle reti di Wimbledon, e via dicendo: tutte partnership che non per caso sul sito della compagnia aerea sono presentate con toni altisonanti e con pomposi riferimenti storici, tra un superlativo e l’altro (best, most, greatest). Non si tratta soltanto di obiettivi classici quali visibilità, riconoscibilità e rafforzamento del marchio, associazione a realtà con valori positivi, creazione di occasioni per allargare e fidelizzare la clientela (a volte collaborando con gli organizzatori per incentivare gli appassionati a raggiungere il luogo dell’evento a bordo di voli Emirates); l’immagine da trasmettere emotivamente è quella di un brand che può arrivare dove i competitor si fermano, e il cui limite è il cielo, come recita un detto che bene aderisce a chi fa dei voli il proprio business.
Emirates e il calcio
Non sorprende che lo sport più popolare al mondo sia quello in cui Emirates investe maggiormente. Nel vasto ventaglio delle operazioni marketing di Emirates, secondo stime non ufficiali, il settore calcistico assorbe il 60% circa della spesa totale, grazie soprattutto a shirt sponsorship (logo sulle divise da gara di squadre e arbitri) ma anche a partnership di differente natura. Tutto è iniziato dalla UAE Pro League (campionato professionistico locale), ma ha raggiunto ben presto i vertici, ovvero la federcalcio mondiale (FIFA), con cui Emirates intrattiene un profondo rapporto commerciale da quasi vent’anni; si estende anche alla competizione più antica e prestigiosa in assoluto, la coppa nazionale inglese, che dal 2015 è diventata The Emirates FA Cup (da non confondere con l’Emirates Cup, torneo estivo che coinvolge alcuni dei migliori club del continente).
A livello di squadre, invece, svetta l’accordo con la più globale di tutte, il Real Madrid, che affitta a Dubai lo spazio sulla maglia da gioco per 80 milioni di euro circa all’anno; una cifra superiore solo a quella destinata all’Arsenal, un pezzo di storia della Premier League, che oltre al logo sulla divisa gioca le partite casalinghe nell’Emirates Stadium (title sponsor), per un ritorno stimato di 60 milioni di euro ogni dodici mesi. E non è finita: ci sono anche Milan (official airline partner dal 2007 e principal partner dal 2011), Benfica e Olympique Lyonnais, e in passato anche Paris Saint-Germain, Chelsea, Amburgo, Olympiakos e New York Cosmos.
Emirates e gli altri sport
@emirates 62,000 spectators. Two titans of rugby. One Emirates A380. Our special flypast of Emirates Airline Park in Johannesburg made an epic clash even more iconic. #Emirates #A380 #Johannesburg #Aviation #AVGeek #Pilot original sound - Emirates
Alle spalle di Real Madrid e Arsenal, la terza partnership sportiva più onerosa si registra nel mondo dei motori, dove Emirates è sponsor del World Championship di Formula Uno con un accordo da 40 milioni annui circa. Oltre all’automobilismo, il logo della compagnia aerea compare inoltre nelle gare di ciclismo, grazie alle sinergie con l’UAE Tour e la squadra UAE Team Emirates, la più vincente per merito di Tadej Pogacar, e nella vela, in qualità di sponsor di eventi come America’s Cup e Sail GP, o di squadre come Emirates Team New Zealand ed Emirates Great Britain Sail GP Team.
Una delle ultime aggiunte riguarda l’universo cestistico, dove Emirates ha stretto un accordo con la massima autorità del settore, se non altro sul piano della visibilità: l’NBA. Il basket, sport in costante crescita a livello globale, rientra da decenni nei segmenti di mercato cui la società di Sheikh Ahmed bin Saeed Al Maktoum riserva attenzione; inizialmente a livello locale (Dubai International Basketball Championship e Beirut Basketball Club), e ora su scala molto più ampia, rivolgendosi a un mercato - quello statunitense - ricettivo il giusto alle sponsorship nell’universo calcistico. Il deal firmato con l’NBA a febbraio scorso garantisce una serie di spazi alla società di Dubai: non solo come title partner dell’NBA Cup, ma anche con patch dedicate sulle maglie di arbitri e ufficiali di gara, nonché sulle divise in WNBA (campionato femminile) e in G League (la lega di sviluppo per aspiranti giocatori professionisti). Vi potreste accorgere di questa nuova collaborazione prendendo un qualsiasi volo in partenza o in arrivo a Dubai, su cui avrete l’occasione di guardare partite, highlights e contenuti tematici; oppure facendo visita all’Emirates Official Store, dove troverete in vendita anche il merchandising ufficiale della massima lega cestistica americana.
Nel golf sono ben quindici gli eventi del calendario PGA che rientrano nel portfolio di Emirates, e ancora di più nel tennis (maschile e femminile), dove vanta un ruolo quasi istituzionale in qualità di sponsor di tutti e quattro tornei dello Slam, delle Finals di fine anno e di altri sessanta eventi che compongono il calendario annuale ATP e WTA. Oltre al logo stampato sulle reti, sulla superficie del campo e sui cartelloni pubblicitari, in queste occasioni la compagnia aerea è solita allestire lounge all’interno del circolo in cui accogliere gli spettatori, offrire un’esperienza premium simile a quella proposta a bordo dei voli, e ovviamente promuovere i la propria immagine ed i propri servizi. Infine, per il pubblico anglosassone - particolarmente affezionato a rugby (primo sport di squadra in cui sono espatriate le sponsorship degli Emirati), cricket e corse di cavalli - l’esposizione coinvolge partner come l’Emirates Dubai Sevens, la Rugby World Cup, il Lancashire Cricket Club, l’Emirates Old Trafford e tante altre realtà e appuntamenti. E si arriva anche al football australiano, con il Melbourne Cricket Ground. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti: qualunque sia lo sport di cui siete appassionati, o quasi, il logo di Emirates è lì che vi aspetta.