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"In acqua sono davvero me stesso" - intervista a Noè Ponti

Abbiamo incontrato il nuotatore svizzero nuovo recordman sui 50 metri delfino

In acqua sono davvero me stesso - intervista a Noè Ponti Abbiamo incontrato il nuotatore svizzero nuovo recordman sui 50 metri delfino

Noè Ponti l'acqua ce l'ha sempre avuta nel nome. O almeno l'abilità di tagliarla a velocità supersonica, dando quasi l'impressione di non bagnarsi neanche mentre attraversa la corsia con le bracciate che sovrastano la superficie e le gambe potenti a sottolineare il movimento acquatico. La giornata di ieri, 11 dicembre 2024, sarà ricordata come una data storica per il nuoto: Noè Ponti si è laureato campione del mondo nei 50 metri delfino ai Mondiali di Budapest, migliorando ancora una volta il suo record del mondo con il tempo di 21"32. Solamente qualche giorno fa lo avevamo raggiunto per farci raccontare le sue sensazioni prima di un appuntamento così atteso, ma anche della sua vita in piscina, dell'amicizia con Ceccon e Martinenghi, l'importanza della salute mentale e ovviamente della sua relazione con il suo sponsor tecnico arena

Innanzitutto dicci com'è nata la tua passione per il nuoto. Quando è stata la tua prima esperienza in acqua e quando per la prima volta hai capito che avresti voluto seguire questa strada nella tua vita?

E allora è difficile ricordarsi la prima in assoluto. Diciamo che all'età di due anni e mezzo circa ho iniziato a nuotare senza braccioli e facevo uno stile, forse un po' simile al delfino. Cioè, le gambe a delfino, perché le braccia non ero ancora in grado di usarle. E poi da lì ho cominciato a fare vari corsi di nuoto, sia in estate che in inverno, anche grazie a mia sorella che è tre anni più grande di me e che nel 2006 ha iniziato a praticare il nuoto agonistico. E io l'anno successivo ho voluto provare quello che faceva mia sorella. Ho iniziato e dopo un mese e mezzo, ho smesso perché ero il più piccolo del gruppo e mi prendeva un po' in giro. Però dopo siamo andati in vacanza in Mar Rosso e sono stato tantissimo in acqua e quando sono tornato volevo riprovare. Da lì non ho non ho più smesso fino ad ora.

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Cos'è l'acqua per te, visto che hai detto che sei molto acquatico, che tipo di relazione hai? 

Direi che l’acqua è un po' come una seconda casa per me. Sto bene in acqua, riesco a fare tutto quello che voglio, mi sento a mio agio forse anche più di quando sono fuori dall'acqua. In acqua proprio riesco ad esprimermi al meglio, è proprio il mio elemento. 

Il nuoto è uno uno sport difficile da raccontare a chi non lo segue con frequenza. Qual è l'elemento che lo differenzia dagli altri sport?

Sicuramente è uno sport individuale. Puoi avere quanti compagni di allenamento vuoi, però alla fine sei sempre solo quando devi nuotare. Penso che richieda molti sacrifici, come tutti gli sport ad alti livelli, però già quando sei piccolo non è uno sport facile perché può essere molto monotono. Perché praticamente fai sei sette chilometri di allenamento avanti e indietro, sempre guardando questa questa linea nera sul fondo e può sembrare un po' noioso e ogni tanto ovviamente lo è, però ti può dare tanto. Alla fine riuscire a confrontarsi con te stesso e gareggiare contro gli altri ma anche contro il tempo, è bello. 

Forse l'atletica è lo sport che più ci va vicino ma credo comunque che gli allenamenti siano un po' meno monotoni, magari cambiano ogni tanto. Poi non sei in acqua tutto il tempo. Alla fine in piscina è difficile anche parlare con i tuoi compagni di allenamento, perché ogni volta che ti fermi a prendere fiato e scambi due parole, devi già ripartire. Richiede tanti sacrifici, non è facile però soprattutto quando raggiungi i risultati è davvero bello. Quando raggiungi l'obiettivo è il momento più bello del mondo

A proposito di obiettivi e di competizione, tu hai partecipato a due edizioni dei Giochi Olimpici molto diverse tra di loro raccontare un po', le differenze e le emozioni di scendere in acqua e appunto di competere nella gara più importante.

Secondo me l'Olimpiade è la gara più importante a cui può ambire un nuotatore come altri sportivi in altri sport e io ho avuto la fortuna di partecipare alle Olimpiadi a Tokyo. Era abbastanza particolare perché era comunque durante il Covid ed a causa delle limitazioni non c'era pubblico. È arrivata anche la medaglia abbastanza inaspettata ed è stato un vero peccato non averla potuta festeggiare con i miei familiari o con pubblico. Però sicuramente è stata un’edizione tanto particolare quanto indimenticabile. 

Mentre Parigi è stato veramente qualcosa di pazzesco, cioè nello stadio c'erano diciassette, diciottomila persone ogni ad ogni sessione, che fossero batterie o finali, non cambiava nulla. C'era sempre il sold-out ed era proprio bellissimo. Potevi gareggiare davanti a così tanta gente, tutto il tifo che ti accompagnava in vasca. Purtroppo è mancata la medaglia - un quarto e un quinto posto - per il resto è stata veramente un'esperienza da brividi, anche nel villaggio Olimpico. Potere vivere il villaggio al massimo, perché comunque a Tokyo non si poteva fare molto, invece a Parigi è stato speciale anche condividere tutto con gli altri atleti di altre nazionalità e discipline. 

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E la strada verso i Giochi Olimpici di Parigi è stata raccontata in un documentario. Com'è stata la lavorazione sul set e poi vedersi sul grande schermo?

Nel maggio 2023 mi hanno chiesto se ero disposto a fare questo documentario con Ellade Ossola della RSI, la televisione svizzera italiana. La conoscevo già da un po' di tempo e senza pensarci troppo ho detto sì. All'inizio era abbastanza particolare perché spesso c'era questa videocamera che ti seguiva ovunque, come avere sempre un occhio puntato su di te, questa videocamera che ti segue ovunque tu vada ed ho avuto bisogno di farci l'abitudine. Però dopo penso che sia andata benissimo. 

È stato un bel riconoscimento che con la televisione svizzera abbia voluto fare un documentario sulla mia strada verso i Giochi Olimpici e che hanno fatto solo i momenti belli ma anche quelli difficili, che ci sono sempre nella carriera di un nuotatore.

Qual è il modo che tu usi per superare appunto la la routine, immagino che ci siano comunque dei modi anche per staccare un po', per svuotare la testa da tutta la tua pressione tra una gara e l'altra.

Avevo già iniziato due percorsi. Li ho interrotti tutti e due perché non riuscivo a starci dietro. Però adesso dovrei iniziarne un altro che dovrebbe essere più fattibile perché è importante avere qualcosa al di fuori del nuoto. Se è tutto nuoto, nuoto, nuoto tutti i giorni fai il doppio allenamento, torni a casa, non fai niente - ti rilassi perché un po' sei stanco, quindi alla fine finisci per stare sul letto a non far niente - e può diventare tanto e troppo. Forse per cinque o sei mesi riesci a fare la vita solo da nuotatore però dopo diventa veramente troppo.

Cioè, rischi di andare in burnout quindi cerco sempre di trovare qualcos'altro da fare o con amici o con la famiglia che non riguarda il nuoto. Per questo quando ho delle pause cerco di andar via e godermi la mia vita, fare tutto quello non posso fare come atleta, fare quello che fa una persona normale senza pensare troppo allo sport. Per esempio quest'estate sono andato in Kenya per un safari, ho fatto un po' di volontariato perché una stagione che è lunga undici mesi è veramente tanto impegnativa, quindi devi riuscire a staccare, far qualcos'altro quando hai questi momenti di pausa. O al contrario quando viaggio tanto quando e sono via un mese o tre settimane, tornare a casa mi permette di ricaricare le batterie.

Quindi qual è per te un modo anche per esprimere la tua personalità in vasca e fuori e anche per per essere te stesso, per farti conoscere come persona e non soltanto come l'atleta in acqua?

Diciamo che quando sono in acqua sono me stesso. Non è che devo cambiare troppo da come sono fuori, penso di riuscire ad esprimermi al meglio e sì, alla fine la cosa che riesco a far meglio è nuotare, nuotare veloce. Non è facile da nuotatore essere riconoscibile come atleta perché alla fine sei visto sempre con una cuffia e gli occhialini però penso che in acqua come fuori dall'acqua sono sempre lo stesso.

Mi piace scherzare e non ho mai dovuto provare a crearmi un'immagine perché sono sempre rimasto la stessa persona che porto in vasca. Anche nelle interviste dico quello che penso senza troppi mezzi termini infatti qualche uscita l'ho fatta però penso che anche per questo la gente mi vuole bene, perché sono autentico in quello che faccio e rappresento.

Con i nuotatori italiani che che che rapporto hai? Sei cresciuto con con Thomas Ceccon, con Nicolò Martinenghi quindi com'è adesso anche a volte scontrarsi sotto diverse bandiere, ma immagino che sia un rapporto molto forte di amicizia. 

Alla fine io gareggio per la Svizzera e loro per l'Italia però questo non cambia niente. Con Thomas abbiamo iniziato a gareggiare in uno contro l'altro nel 2016 e da lì penso che sia cresciuta una grande amicizia. 

Andiamo molto d'accordo e quando ci vediamo alle gare - ogni tanto vince lui, ogni tanto vinco io - però ci divertiamo sempre un sacco. E stessa cosa con Nicolò, ci conosciamo ormai da sette, otto anni e penso che abbiamo una bella amicizia che non è limitata solamente al nuoto. Parliamo un po’ di tutto, anche discorsi più profondi sulla nostra vita. Peccato che non non riusciamo a vederci così spesso però, per esempio,  tra un paio di settimane andrò in vacanza con Thomas quindi sì, comunque troviamo il modo anche di vederci fuori dal nuoto. Poi so che quando ci sono loro mi diverto, perché non sono solamente dei grandissimi campioni ma anche dei bravi ragazzi.

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Invece la relazione con arena come com'è nata, qual è stato il motivo che ti ha portato a sceglierli come sponsor? 

Guarda, penso che arena sia il brand leader nel nuoto ed anche grazie alla vicinanza dell'Italia è sempre stato uno dei dei brand che ho utilizzato anche sin da piccolo. Comunque il costume da gara migliore è quello che hanno fatto per le Olimpiadi. Mi piace proprio la marca, mi piacciono le persone, è proprio come essere una famiglia. Alla fine, dopo Tokyo, il mio allenatore conosceva un paio di persone in arena e ha chiesto se conosceva qualcuno che poteva farmi entrare nel team. Così è iniziato subito dopo Tokyo, dopo la medaglia a dicembre mi sono seduto con arena e mi hanno preso nella loro famiglia. Penso che sia la cosa più importante, le relazioni che crei non solo con lo sponsor, ma con le persone con cui lavori.

Raccontaci perché il costume arena che hai indossato agli ultimi Giochi Olimpici è il migliore possibile, quali sono le qualità che un nuotatore valuta rispetto magari ad un non professionista?

A me piacciono i costumi che sono abbastanza, che mi permettono di muovermi abbastanza, che mi permettono di essere abbastanza mobile in acqua. Ho una buona mobilità, soprattutto nel bacino e l'importante è che sia comodo e che mi permetta di avere un ampio range di movimenti mentre nuoto. In più la compressione è molto buona ed è come se le gambe galleggiassero più che con gli altri costumi, proprio ti tira un po' più in alto le gambe e quindi ovviamente ti aiuta nella nuotata. 

Inoltre il Powerskin Primo ha una struttura rivoluzionaria che unisce il meglio della tecnologia arena, unendo la flessibilità del Powerskin Carbon Glide con la compressione del Powerskin Carbon Core FX. La fibra di carbonio ti dà proprio la possibilità di avere questa mobilità senza perdere velocità e potenza. Già a giugno 2023 avevamo fatto un primo test e mi sono trovato immediatamente a mio agio. Poi l'ho usato agli scorsi campionati Europei e ho nuotato davvero veloce, e quando un nuotatore va veloce con un costume non lo vuole più cambiare. È anche un fatto mentale, però proprio ora non ne farei mai a meno.