Vedi tutti

Il “Caitlin Clark Effect”, molto più di un fenomeno sportivo

La giocatrice di WNBA è (meritatamente) l’Atleta dell’Anno del 2024

Il “Caitlin Clark Effect”, molto più di un fenomeno sportivo La giocatrice di WNBA è (meritatamente) l’Atleta dell’Anno del 2024

Record su record, dal college basketball alla WNBA, trainando un intero movimento e raggiungendo traguardi che prima di Caitlin Clark erano considerati proibitivi per una giocatrice di pallacanestro. Numeri dentro e fuori dal campo senza precedenti, che sarebbero stati impensabili per chiunque ma che ormai per la giocatrice delle Indiana Fever - come direbbe Federico Buffa - suonano quasi offensivi. Ridurre tutto agli infiniti primati accumulati nei primi anni di carriera, tra università e professioniste, è infatti uno sminuire non necessario dell’onda d’urto che il cosiddetto “Caitlin Clark Effect” ha rappresentato per l’universo sportivo femminile. Settimana scorsa, invece, la nativa di Des Moines (Iowa) è stata omaggiata da Time con il titolo di Atleta dell’Anno, un tributo che esula dallo sport in senso stretto e che rende onore alla portata storica e rivoluzionaria del suo percorso.

Non tutti negli Stati Uniti hanno accolto positivamente - e quando mai, del resto - la scelta della rivista newyorkese, ma è chiaro che si tratti di punti di vista. O meglio, di angolature da cui osservare il riconoscimento, e di logiche in cui inquadrare il prestigio che ne deriva. Va sottolineato infatti che la scelta del Time, una testata di respiro globale che si occupa di società e cultura, non sia né voglia essere una nomina oggettiva, poggiata su criteri di valutazione comparativi delle performance o dei risultati, come il Pallone D’Oro e altri premi del genere. Partiamo da qui per capire il profondo significato del 2024 di Caitlin Clark, e perché abbia rappresentato qualcosa di davvero mai visto.

Atleta dell’Anno per Time Magazine

Quella del Time è una nomina che attinge dall’annata sportiva, ma di stampo lifestyle e spudoratamente americanocentrica - tant’è che prima di Clark le ultime copertine erano toccate al “collega” LeBron James (dopo la vittoria nella bubble, non certo l’apice della sua carriera), alla ginnasta Simone Biles (anni dopo l’exploit olimpico di Rio de Janeiro), al giocatore di baseball Aaron Judge (dopo l’iconica stagione dei 62 home run) ed a Lionel Messi (36enne, dopo lo sbarco all’Inter Miami). È evidente, insomma, che si tratti di un premio edificato sulla percezione popolare e sull’impatto culturale degli atleti, con confini che tendenzialmente coincidono con quelli degli States. Peraltro, è un’onoreficenza che si inserisce nella lunga tradizione della Persona dell’Anno eletta dal Time, che in ambito sportivo ha celebrato in passato icone come Jesse Owens e Muhammad Ali.

Più che premiare chi ha compiuto imprese memorabili, dunque, è un tributo a chi ha fatto del proprio anno sportivo un fenomeno di massa: una logica in cui non eleggere Caitlin Clark sarebbe stato impossibile, o quasi. Parliamo infatti di un’atleta che in qualche mese ha polverizzato record e frantumato barriere, è stata inserita da Forbes tra le 100 donne più influenti al mondo (raccogliendo il testimone di Serena Williams tra le atlete inserite nelle ultime classifiche), ha trasformato una lega (anzi due) e ha portato il basket femminile, senza esagerare, in una nuova dimensione. “And counting”, come dicono oltreoceano, per una ragazza che deve ancora compiere il ventitreesimo compleanno e ha una sola stagione da professionista all’attivo.

Il “Caitlin Clark Effect”

Pochi giorni prima del WNBA Draft 2024, in cui Clark è stata chiamata con la prima scelta assoluta da Indiana, si è giocata lo scorso 7 aprile una partita storica per il basket femminile: la finale del campionato universitario NCAA tra Iowa Hawkeyes (squadra dell’ateneo in cui Caitlin ha trascorso quattro anni) e South Carolina Gamecocks. Per il secondo anno consecutivo, nonostante le prestazioni incredibili della numero 22, Iowa è uscita sconfitta dalla contesa per il titolo, ma il “Caitlin Clark Effect” è stato più che mai evidente dai numeri relativi all’audience televisiva del confronto. La partita è stata seguita infatti da 19 milioni di spettatori circa, la prima volta di sempre in cui una finale NCAA femminile ha attirato un pubblico più vasto di quella maschile; e non solo, ha addirittura superato una partita delle NBA Finals, qualcosa di davvero impensabile.

Dopo aver sbriciolato ogni record possibile - di campo e non - in ambito collegiale, il “Caitlin Clark Effect” è entrato nel vivo con il suo sbarco tra le professioniste. L’adattamento al nuovo contesto non è stato immediato: è servito un po’ di rodaggio a Clark per aggiustare il tiro (specialità della casa, non per caso il paragone più ricorrente è con Stephen Curry) e per limitare le palle perse (10 all’esordio, un record negativo, ma come dice Caitlin “i passaggi migliori li fa chi ha il coraggio di sbagliare”); in ogni caso il bottino al termine della stagione - chiusa al primo turno dei playoff - testimonia un’altra annata destinata agli annali. Per la lista infinita (letteralmente, vedere per credere) di primati stabiliti anche dopo il passaggio al piano di sopra, e non solo.

Il suo debutto ha tenuto 2.1 milioni di spettatori americani incollati alla TV, il miglior risultato televisivo per una partita di regular season WNBA negli ultimi 23 anni. E da quel momento in avanti, Clark ha continuato a infrangere record ad ogni allacciata di scarpe: dai 20.711 sugli spalti per la sfida contro le Washington Mystics (nuovo massimo storico per la lega e apice del +264% nell’affluenza di Indiana rispetto all’anno precedente), al boom del basket femminile sui social (con 800 milioni di visualizzazioni, i profili delle Indiana Fever hanno superato qualsiasi squadra delle leghe professionistiche più popolari nel Paese); dai 28 milioni di dollari previsti dal contratto di sponsorizzazione firmato con Nike (cifre neanche immaginate dalle sue colleghe), al +1193% (non è uno scherzo) nei dati relativi al merchandising di squadra. 

Forse da questa parte dell’Oceano non percepiamo a fondo tutto ciò, ma è necessario sottolineare che anche soltanto aver visto qualche highlight di basket universitario femminile sui nostri schermi è già un forte segnale. Ed è niente rispetto alla “Caitlin-mania” cui ha dato vita negli Stati Uniti, dove è passata da ragazza prodigio del campionato collegiale a volto della massima lega professionistica. E in senso più ampio, da cestista a simbolo di un movimento e punto di riferimento delle nuove generazioni. Nancy Lieberman, leggenda della WNBA e prima allenatrice nella storia dell’NBA, l’ha definita “la Taylor Swift del basket femminile”; e la cantante, a sua volta, non ha mai nascosto di esserne una sostenitrice.

Un’ambasciatrice globale

In una lega dove molte giocatrici sono attive su temi sociali e politici, la giovane Clark si è mossa finora con equilibrio. “So che le persone si aspettano che io dica e faccia certe cose, ma voglio farle nel modo giusto, quando mi sentirò pronta. Forse non dico sempre le cose giuste” - ha aggiunto di recente, in risposta ad alcune critiche ricevute sui social network - “ma sto imparando”. Un messaggio spontaneo da cui il pubblico dovrebbe trarre un promemoria della sua giovane età, e forse anche un utile insegnamento; ovvero, che è sciocco pretendere da ogni atleta, giovane e non, uomo e donna, un incondizionato (e magari spontaneo) impegno sociale, civile e politico, con tutte le skills comunicative che richiede. Soprattutto se il soggetto è una ragazza di 22 anni, con un’esposizione mediatica mai sperimentata dalle sue colleghe e per questo senza un vero termine di paragone. Quando ha avuto la possibilità di intervenire sul tema del privilegio razziale, sollevato da A’ja Wilson, Clark comunque non ha evitato l’argomento, anzi ha risposto con maturità. “Vorrei poter dire che tutto quello che ho ottenuto è solo merito mio”, ha spiegato, “ma so che come persona bianca ho avuto privilegi che altre ragazze non hanno”. Non un atto di difesa, ma un tentativo - tutt’altro che scontato per una della sua età - di dare il là a un dialogo costruttivo.

Peraltro, l’impatto sociale di Caitlin rende ingenerosa - si potrebbe dire ingiusta - qualsiasi critica di questo stampo. La giocatrice di Indiana sta infatti mostrando a tutto il mondo che la distanza tra sport femminile e maschile - in termini di attenzione, numeri, rilevanza e potenzialità - non è più così abissale. Come si legge nel pezzo del Time, “Clark non sta solo giocando a basket, ma sta cambiando il modo in cui il mondo guarda lo sport femminile”. Non è un caso che la nativa dell’Iowa sia stata nominata Atleta dell’Anno in un 2024 che ha rappresentato una svolta epocale per lo sport femminile - dalla parità di genere dai Giochi Olimpici alla finale NWSL più seguita di sempre, dalla valutazione record della franchigia calcistica Angel City FC alle ultime stime di mercato, che parlano di una crescita stimata in oltre un miliardo e mezzo di dollari nel prossimo triennio per il basket e il calcio femminile.

Pur essendo il cammino verso l’equità ancora piuttosto lungo, lo sport femminile è in ascesa e “in questi casi, a volte, la svolta può arrivare anche grazie a una ambasciatrice come Caitlin”, ha detto Dawn Staley, Head Coach di South Carolina. “Dobbiamo ringraziarla”, ha aggiunto poi, “perché ha portato il nostro sport a un altro livello”. Ed è proprio questo a fare di Caitlin Clark un fenomeno generazionale.