La sfida che deciderà lo sportswear nel 2025
Nike vs SATISFY è l'esempio più chiaro di cosa ci aspetterà tra legacy e upcoming brands
14 Gennaio 2025
Il 2025 si è aperto con una storia che potrebbe riassumere le sfide e le contraddizioni che definiranno l’anno, dallo scontro tra i legacy brand e gli upcoming pronti a prendere il loro posto, alle nuove tendenze in termini di sportswear e di moda. Ma partiamo dall’inizio. A fine 2024 Nike ha caricato sul suo store on-line, il suo principale canale di retail, una t-shirt disegnata dal suo Nike Running Division senza grandi aspettative. Un modello tecnico disponibile in blu e in grigio chiaro realizzato nel materiale proprietario Dri-Fit simile a molti altri in vendita da anni. L’unica reale differenza in questo caso sono dei fori all’altezza del petto e sulla schiena come se la tee fosse stata attraversata da una carica di pallottole. Un dettaglio inusuale, e che ha colpito immediatamente l’attenzione di una parte ben definita della running community, quella che ha eletto SATISFY a proprio culto di riferimento. Il running brand francese negli ultimi anni è diventato un autentico punto di riferimento per gli appassionati che volevano distinguersi nelle loro 5k o mezze maratone attraverso un abbigliamento minimal ma curato nei minimi dettagli.
Ed uno di questi dettagli appunto è definito dal MothTech, una tecnologia che è diventata sinonimo del brand sin da quando nel 2015 ha lanciato sul mercato il prodotto disegnato in prima persona dal founder Brice Partouche. Ispirato dalle magliette bucate di vecchie band rock con le quali andava a correre, Partouche ha studiato la mappatura del corpo per isolare i punti chiave della traspirazione umana ed aiutarli attraverso delle microforature che appunto ricordano quelle che lasciano le tarme sui vecchi vestiti. L’incontro tra la funzionalità dedicata alla performance e l’estetica grunge da second-hand non poteva che infiammare l’attento pubblico del running proprio nel momento in cui questa attività, solitamente solitaria, stava diventando il centro di communitye clubs. Spazi d’aggregazione e condivisione necessari per superare il periodo post-Covid e lanciarsi in una nuova socialità fatta anche e soprattutto di corse post-lavorative. L’hummus culturale dove si è imposta l’estetica più invidiata e copiata dell’ultimo anno, quella del runner e delle sue community.
Un trend talmente influente e significativo che tutti vogliono metterci le mani sopra, fino ad allungarle un po’ troppo come nel caso di Nike, che ha esagerato con la sua voglia di realizzare un prodotto troppo simile a quello di Satisfy. La colpa, o la presunta tale, inoltre è stata amplificata dal rapporto di forza tra i due brand coinvolti, quello che una volta si sarebbe definito Davide contro Golia. Da una parte il gigante worldwide dell’abbigliamento sportivo, uno dei brand più riconoscibili e conosciuto al mondo, nell’altro angolo l’azienda formato boutique, senza CdA o stakeholders ma con un grande numero di seguaci, come recita uno dei più celebri claim del brand, Running Cult Member. Una differenza di scala che testimonia anche gli approcci profondamente differenti, che Satisfy ha voluto lungamente precisare nella sua risposta su LinkedIn alla presunta copia di Nike.
“Questo incidente evidenzia il cambiamento che SATISFY ha innescato nel mondo della corsa, dove i marchi indipendenti stanno guidando l'innovazione all'intersezione tra sport, stile e cultura. I nostri modelli hanno risonanza tra i runner che cercano un'attrezzatura che soddisfi le loro esigenze di prestazione e rifletta la loro identità, sfidando lo status quo. Siamo grati alla nostra comunità per la sua vigilanza e il suo incrollabile sostegno, mentre continuiamo a spingerci oltre i confini della cultura del running.” Un messaggio programmatico più che una risposta attraverso gli avvocati, un perfetto assist per farsi un po’ di autopromozione sfruttando il momento. Forte della sua reputazione, SATISFY ha avuto gioco facile a schierarsi dalla parte della ragione per segnare ancora più marcatamente la distanza che la separa da una big corporation come Nike.
La sfida è stata dunque lanciata, e sarà quella che definirà i prossimi dodici mesi nel panorama dello sportswear ancor più di quanto abbiamo già visto nel 2024. Negli ultimi anni la forbice che ha storicamente separato i legacy brand e gli upcoming si è ridotta sensibilmente, con questi ultimi pronti a ribaltare il rapporto di forza. Secondo il report The State of Fashion 2025 di Business of Fashion, i Challenger brands genereranno la maggior parte dei profitti economici nell'abbigliamento sportivo nel 2024, cambiando di fatto il paradigma sul quale si era misurato finora il mercato. Ora sono proprio i nuovi brand nati all’ombra dei Big 4 (Nike, Adidas, Puma e Under Armour) ad essere i veri rivoluzionari del settore, spesso partendo da sport cosiddetti di nicchia, legati pubblici verticali ed animati da community forti e indentitarie, capaci di risultare allo stesso tempo credibili e aspirazionali. Ai vecchi brand non rimane che provare ad inseguire, e in casi come quelli di Nike e SATISFY, copiare le innovazioni tecniche senza però riuscirne ad incarnarne l’identità.