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Come andrà il tennis italiano senza Sinner
Bene, confermando un movimento in piena salute
25 Febbraio 2025
L'Italia non è mai stata la potenza e l’eccellenza globale del tennis che è oggi. Non ha mai avuto un numero uno al mondo, ma non si tratta soltanto di questo, anzi sarebbe riduttivo pensare a Jannik Sinner come una gemma nel deserto. Piuttosto, l’ascesa dell’altoatesino rappresenta il coronamento e allo stesso tempo il traino di un fenomeno più ampio, e di un’epoca senza eguali per le nostre racchette. Lo conferma il record con cui si è aperto il 2025 e che sarebbe stato impensabile fino a una manciata d’anni fa: la presenza di undici atleti azzurri nella top-100 del ranking ATP (maschile singolare), più di qualsiasi altro Paese.
La recente crescita del movimento è stata impressionante, anche se parzialmente oscurata dalla sua stella più luminosa; e non si limita a tornei e classifiche, ma si riflette anche nei grandi traguardi raggiunti lontano dai riflettori. Se il sistema è arrivato ad essere riconosciuto globalmente come un punto di riferimento, infatti, è per la combinazione di svariati fattori: la profondità e la diffusione del talento, ad ogni livello e categoria (maschile, femminile, singolare, doppio, giovanile, amatoriale); le fondamenta su cui è stato edificato il progetto; e guardando avanti, le prossime ambiziose sfide dell’amministrazione Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP).
Ora che Sinner sarà costretto all’inattività per 90 giorni, come accordato con la WADA (agenzia mondiale antidoping) in seguito alla positività al Clostebol, è il momento per ribaltare il modo in cui guardiamo all’attuale rinascimento tennistico italiano. Ovvero, per mettere provvisoriamente da parte l’ingombrante presenza di Sinner, che per ovvi motivi catalizza gran parte delle attenzioni pubbliche e mediatiche, e concentrarci maggiormente su tutto il resto della piramide del movimento azzurro. Che ha già dimostrato il proprio valore l’estate scorsa, nei Giochi Olimpici, in cui la rappresentativa italiana è tornata da Parigi con due medaglie in tasca nonostante l’assenza dell’altoatesino.
C’è vita oltre Sinner
Al di là dell'eccezionalità di Sinner, infatti, la crescita degli ultimi anni non è frutto del caso, ma di una virtuosa pianificazione. Sotto la guida di Binaghi, il tennis italiano è diventato - in controtendenza rispetto ad altri segmenti sportivi - un esempio di programmazione e lungimiranza negli investimenti, di crescita organica e sostenibile. La FITP ha puntato forte su tornei challenger e competizioni locali, su progetti rivolti ai più giovani come la Junior Next Gen (circuito under 10/12/14) e sull’abbattimento dei costi per la pratica amatoriale e professionistica. In generale, il focus è stato sulla creazione di un ambiente in cui non si deve più emigrare all’estero - con i costi e gli “sbarramenti” che comporta - per emergere. Anche la visibilità è diventata un po’ più accessibile, grazie al lancio di un canale tv (SuperTennis) patrocinato dalla stessa federazione.
I risultati sono tutti lì da vedere. Lorenzo Musetti, medaglia di bronzo alle scorse Olimpiadi, è 17esimo nel ranking mondiale (ha toccato anche la quindicesima posizione). Matteo Arnaldi, Matteo Berrettini, Lorenzo Sonego e Flavio Cobolli sono tutti tra la trentesima e la quarantesima; e dalle retrovie stanno arrivando anche i giovani Luciano Darderi (61), Mattia Bellucci (70, reduce da un paio di prestazioni maiuscole contro Medvedev e Tsitsipas), Luca Nardi (85) e Francesco Passaro (90). Il quadro maschile si completa con il “veterano” Fabio Fognini (95, a 37 anni compiuti), ma anche con la presenza nella top-10 del doppio di Andrea Vavassori (7) e Simone Bolelli (8).
In campo femminile, poi, si è fatto un altro discreto salto di qualità. Jasmine Paolini ha raggiunto due finali Slam in fila e la quarta posizione del ranking WTA (ora è sesta), trascinando un movimento che si completa con le presenze in top-100 di Lucia Bronzetti (62) ed Elisabetta Cocciaretto (71). Non per caso le ragazze dell’Italtennis sono campionesse in carica della Billie Jean King Cup, e l’estate scorsa ci hanno regalato un oro olimpico nel doppio con Paolini ed Errani (quest’ultima nel 2024 ha vinto pure gli US Open misti con Vavassori). Infine, ci sono i giovani. L’Italia ha quattro dei migliori quindici under-23 del mondo, e numerosi talenti emergenti nel circuito junior. Spiccano i nomi di Pierluigi Basile e soprattutto Federico “Pallino” Cinà, candidati neanche troppo nascosti a sfidare l’egemonia nazionale, e non solo, di Jannik Sinner. La lista si potrebbe comunque arricchire nei prossimi anni, considerando la continuità con cui il movimento ha dimostrato di sfornare talenti, a conferma della bontà dei recenti investimenti per migliorare i programmi di formazione e le strutture di allenamento.
I numeri del tennis in Italia
Parallelamente, e per diretta conseguenza, il giro d’affari del tennis - e del padel, che durante la pandemia ha dato un certo slancio - sta esplodendo. Secondo i dati più aggiornati, l’industria sul territorio italiano vale complessivamente 8.1 miliardi di euro, contribuendo annualmente alle casse dello Stato con 1.2 miliardi in tributi e oneri fiscali. Non sorprende che gli investimenti privati siano lievitati, e che tanti grandi sponsor abbiano fiutato il business: Rolex, Lavazza e Banca Intesa, ad esempio, hanno rafforzato la loro presenza; e ai settori tradizionalmente coinvolti nelle sponsorship tennistiche si uniranno presto i capitali in arrivo da universi in ascesa come betting e streaming online, intelligenza artificiale e prodotti tecnologici.
La crescita di appassionati e praticanti si è impennata dal 2021 in avanti, sì, ma ha radici ben più profonde. Basti pensare che il numero dei tesserati è passato dai 129.000 di inizio millennio al milione attuale, di cui un quinto circa nel solo 2024. Un traguardo che sembrava fuori dal mondo in una delle terre del calcio per antonomasia, e invece è diventato un ritmo di crescita “normale”. Il divario con il primo sport nazionale resta ampio, sia in termini di popolarità sia di fatturato, ma non c’è dubbio che oggi il tennis - che ha scollinato i sei milioni e mezzo di praticanti - sia la seconda disciplina in Italia.
Tutti questi numeri stanno aprendo nuovi spiragli e legittimando orizzonti ambiziosi. Secondo quanto emerso nei giorni scorsi, la FITP avrebbe avanzato una proposta da oltre mezzo miliardo di euro per acquisire i diritti sul Madrid Open: non solo un appuntamento prestigioso del circuito (Masters 1000), ma anche adiacente agli Internazionali d’Italia nel calendario, e quindi potenzialmente strategico per il posizionamento come aspirante sede di un nuovo torneo dello Slam. Nel frattempo, Torino continuerà ad ospitare le ATP Finals fino al 2030, dopo un’edizione da record lo scorso dicembre, e si studiano nuove opportunità per Milano nel post-Olimpiadi invernali 2026.
Il tennis italiano sta anche ridefinendo il suo rapporto con il mondo fashion e lifestyle. La collaborazione tra Sinner e Gucci, ad esempio, ha portato sugli schermi di tutto il mondo le sue uscite dal campo con il borsone personalizzato. Ma pure qui, c’è molto altro oltre a Sinner: Arnaldi è ambassador di Golden Goose, Bellucci nel torneo di Rotterdam ha affiancato il debutto di C.P. Company nel settore, Berrettini ha realizzato una capsule collection con Hugo Boss, Cobolli si è unito al team On, si potrebbe andare avanti. Il tennis, d’altronde, non è più uno sport d'élite, ma un fenomeno di massa in grado di dialogare con un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo. In meno di dieci anni gli affezionati al gioco sono quasi raddoppiati (dal 22% della popolazione nel 2016, al 40% attuale), il volume del business si è decuplicato, e il bello è che la generazione da cui è partito tutto ha ancora tante stagioni davanti.
L’eredità di Sinner
Detto della capillarità e della crescita del movimento alle spalle del suo leader indiscusso, è bene ribadire - in un momento di flessione della sua popolarità, dovuta alla questione doping - che Sinner negli ultimi anni ha davvero cambiato le carte in tavola per il tennis in Italia. Se è vero che i risultati sono stati all’altezza - ampiamente - anche in sua assenza, non c’è dubbio che il suo percorso abbia spalancato le porte per tanti talenti arrivati insieme o poco dopo di lui. Si fa presto, con gli ultimi aggiornamenti del suo curriculum, a definire la portata del suo avvento: bi-campione in carica dell’Australian Open, 44 settimane da numero uno al mondo (a proposito: lo resterà nonostante la squalifica), otto titoli vinti nel 2024 (tra cui due Slam), il “bis” con l’Italia in Coppa Davis (a mezzo secolo dall’unico precedente, nel 1976). Una macchina da titoli, insomma. E anche da soldi. Sommando premi sportivi (tornei del circuito ed esibizioni, come il Six Kings Slam di Riyadh) e sponsorship (di vario genere, tra cui gli innumerevoli spot televisivi), Sinner nel 2024 ha guadagnato oltre 41 milioni di euro.
Ed è il punto di partenza di un impero destinato ad allargarsi: il contratto decennale con Nike - da 15 milioni a stagione - trasformerà Sinner e la volpe intravista di recente, come già accaduto con altre grandi “signature”, in un brand globale; i marchi del made in Italy - come Parmigiano Reggiano e Alfa Romeo - fanno a gara per associarsi alla sua immagine; e il recente lancio della società Wooly Lemon, con sede nel Principato di Monaco, ha già segnato l'inizio di una sua gestione autonoma dell’immagine, con la possibile prospettiva di rappresentare in futuro anche altri atleti. Il ben documentato “effetto-Sinner” è la luce riflessa di cui gode l’intero movimento, dentro e fuori dal campo. La sua ascesa a talento generazionale ha reso il tennis uno sport mainstream in Italia, aumentando vertiginosamente l’audience televisiva (ricordate i sei milioni e mezzo di spettatori su Rai e Sky per la finale a Torino, oppure i tre milioni su Eurosport per quella di Melbourne?), le iscrizioni ai circoli sul territorio (+30% di bambini negli ultimi dodici mesi), i ricavi di tutto il settore (gli Internazionali d’Italia, ad esempio, hanno superato i 600 milioni di indotto). D’altro canto, è importante inquadrare la dinamica anche a parti invertite, e quindi l'altoatesino come prodotto (top di gamma) di un sistema che funziona.
Che ha favorito il suo exploit e quello di tanti altri, e che nei prossimi mesi potrà dimostrare a tutto il mondo, un’altra volta, che il tennis italiano non è solo Jannik Sinner. E che dopo la siccità degli ultimi decenni, ci possiamo addirittura permettere il “lusso”, con un numero uno del mondo fermo tre mesi, di non temere di defilarsi troppo dalle prime pagine del circuito. Nel 2024 ci siamo abituati bene, del resto. Oltre a tutti i risultati già menzionati, il bottino dei titoli raccolti in giro per il mondo parla chiaro: Paolini a Dubai (Masters 1000), Berrettini a Marrakech, Gstaad e Kitzbuhel (250), Sonego a Winston-Salem (250), Darderi a Cordoba (250), più tutte le finali prestigiose di Musetti e Paolini, le vittorie in doppio firmate Errani, Vavassori e Bolelli, e non ultima un’Olimpiade da protagonisti. Vengono quasi le vertigini, a pensare che c’è ancora ampio margine di crescita.