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La Juventus è andata sulla Luna

No, non per modo di dire

La Juventus è andata sulla Luna No, non per modo di dire

È stato un weekend da dimenticare per la Juventus dal punto di vista calcistico. Lo 0-4 incassato ieri sera dall’Atalanta - non la prima brutta figura allo Stadium delle ultime settimane - ha inevitabilmente fatto rumore, così come la contestazione dei tifosi nel secondo tempo. La sconfitta nello scontro diretto, dopo le vittorie di Inter e Napoli, ha emesso una sentenza definitiva sulle ambizioni dei bianconeri: nelle ultime dieci partite la squadra di Thiago Motta, come confermato dall'allenatore stesso nel post gara - dovrà pensare più alle inseguitrici, e quindi al quarto posto, che al terzetto in fuga. Fuori dal campo invece il club è reduce da una 72 ore di avventure galattiche, spaziali. E non è la classica iperbole per raccontare una campagna, un progetto comunicativo o un prodotto fuori dagli schemi, ma un’espressione da prendere alla lettera. Come se parlassimo di un viaggio della NASA, perché è proprio questo il caso: la Juve è andata sulla Luna. Una partnership unica nel suo genere ha spedito infatti il club torinese e l'agenzia spaziale americana nello spazio, al fianco di Intuitive Machines (IM), Lunar Outpost e una manciata di altre realtà coinvolte nel Lunar Voyage 1

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Così è stato ribattezzato il viaggio del lander IM Athena, partito mercoledì scorso (26 febbraio) da una base in Florida e atterrato ieri dalle parti di Mons Mouton, polo sud lunare. L'obiettivo: proseguire con le esplorazioni scientifiche (ad esempio sulla presenza di ghiaccio) e gettare le fondamenta per Artemis, il progetto della NASA che punta al ritorno dell’uomo sulla Luna nel 2027 (con base proprio a Mons Mouton). Secondo le informazioni condivise da Steve Altemus, CEO di Intuitive Machines, l’esito della missione è stato condizionato da alcune criticità nell’atterraggio, in modo simile a quanto accaduto l’anno scorso con la spedizione Odysseus (compromessa dall'allunaggio con il lander in posizione statica, rovesciato su un lato). Pur non riuscendo a far sbarcare il rover MAPP (Mobile Autonomous Prospecting Platform) - un piccolo veicolo robotico realizzato da Lunar Outpost e progettato per muoversi autonomamente sul suolo per qualche giorno - il bicchiere è più che mezzo pieno. Il centro di controllo ha fatto sapere di non aver interrotto la ricezione di dati dal veicolo; e quindi, non soltanto di aver escluso l’ipotesi di uno schianto, ma anche di aver condotto buona parte delle attività di ricerca previste (qui un resoconto dettagliato).

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Alla spedizione hanno partecipato partner tecnologici di primo livello, tra cui Nokia (con antenne per testare la rete LTE/4G e il primo contatto telefonico Terra-Luna), il MIT (Massachusetts Institute of Technology, con un micro-robot per raccogliere dati sulle temperature e agevolare future operazioni) e Castrol (lubrificanti speciali in condizioni estreme). E la Juve, che ci facevano lassù? Perché sul rover che ha viaggiato per otto giorni nello spazio c'era anche il logo di un club calcistico italiano? Oltre ai payload scientifici, la missione ha evidentemente assunto una dimensione commerciale e culturale. Lo conferma la presenza di sponsor come Juventus, adidas, Nakamoto (bitcoin) e LEGO; oppure la foto che MAPP avrebbe dovuto scattare e vendere alla NASA per un simbolico dollaro, come primo caso di economia lunare nella storia. Dal punto di vista del progetto, la collaborazione con questi brand è un’interessante evidenza, in ottica futura soprattutto, dell'impulso che può essere garantito dal settore privato alle esplorazioni spaziali. «Collaborare con la Juventus ci permette di coinvolgere un nuovo pubblico nell'entusiasmo dei viaggi spaziali. Insieme, ispiriamo curiosità su ciò che è possibile oltre la Terra, esplorando soluzioni sostenibili che potrebbero migliorare la vita sul nostro pianeta», ha spiegato Justin Cyrus, founder e CEO di Lunar Outpost. 

Lato brand, invece, si tratta di un’intuizione di marketing senza precedenti. Si può dire: fuori dal mondo. La visibilità e l'esclusività del viaggio, del resto, non necessitano di presentazioni; e pazienza se le immagini del rover che porta a spasso la J bianconera sulla Luna, alla fine, non ci sono giunte. La ricerca scientifica, e soprattutto spaziale, è così: non solo grandi svolte, ma anche e soprattutto di tentativi e conoscenze acquisite un po' alla volta, spingendo il sapere umano sempre più in là. «La Juventus è storicamente guidata da uno spirito di innovazione e scoperta» - dice Mike Armstrong, chief marketing officer - «e la nostra partnership con Lunar Outpost estende questa visione». In effetti non capita tutti i giorni di vedere una società sportiva a bordo di una navicella spaziale. «Essere il primo club di calcio a partecipare a una missione lunare è un motivo di grande orgoglio per noi», prosegue Mike Armstrong. «Dimostra la nostra costante volontà di esplorare nuovi orizzonti, non solo nello sport».

La Juventus in effetti si è imbarcata senza nessuna certezza, né precedente storico. Ha accettato le regole del gioco, i rischi intrinseci dell'operazione e i costi di viaggio, contribuendo alla fattibilità della missione. Poi è stata per otto giorni nello spazio, fino all’atterraggio di venerdì mattina sulla Luna. E c’è ancora qualcosa all’orizzonte, come lascia intendere il comunicato pubblicato sul sito dei bianconeri - in cui si legge di una partnership in continua evoluzione, in cui Juventus e Lunar Outpost (che intanto ha già tre spedizioni lunari in cantiere, ndr) continueranno a promuovere l’esplorazione spaziale attraverso future iniziative.