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La rivoluzione del surf grazie alle piscine a onde

Con l'ultimo WSL Championship Tour abbiamo scoperto che si può surfare nel deserto

La rivoluzione del surf grazie alle piscine a onde Con l'ultimo WSL Championship Tour abbiamo scoperto che si può surfare nel deserto

La tentazione sarebbe quella di definire quanto visto a metà febbraio ad Abu Dhabi - in occasione del Championship Tour WSL 2025 - come un nuovo modo di fare surf. Nel dettaglio, la World Surf League, la federazione che sovrintende il campionato professionistico di surf, dal 14 al 16 febbraio ha fatto tappa negli Emirati Arabi Uniti per una gara che si è disputata nel mezzo del deserto. Come è stato possibile? È stata utilizzata una gigantesca piscine ad onde: una vasca profonda tre metri che grazie ad una particolare struttura sul fondo che riprende le forme della barriera corallina è in grado di generare onde, sia da destra che da sinistra, che possono raggiungere i tre metri di altezza e propagarsi per cento metri. Un gioiello tecnologico realizzato dalla Kelly Slater Wave Co., l’azienda fondata da Kelly Slater, il surfista più famoso e vincente di sempre. La gara in sé non ha riscosso la copertura mediatica che un evento del genere - una competizione di surf nel pieno del deserto - avrebbe potuto generare; anzi le attenzioni maggiori sono state rivolte al caso che ha coinvolto Tyler Wright, surfista australiana che rischiava l’arresto in quanto omosessuale, per via delle leggi in vigore negli Emirati Arabi Uniti, e che ha partecipato all’evento solamente dopo aver ricevuto rassicurazioni ufficiali sulla sua sicurezza da parte della WSL.

Una volta che si resiste alla tentazione di definire una novità il surf in una piscina a onde, il passaggio successivo è quello di visualizzare il cuore della vicenda, ovvero che grazie alle piscine ad onde è ora possibile fare surf in qualsiasi luogo. Il surf è uno sport che ha necessità di location con caratteristiche ben definite: il caso più lampante lo abbiamo vissuto in occasione delle ultime Olimpiadi di Parigi, considerato che tutte le gare di surf si sono svolte nella suggestiva cornice di Tahiti, a 15.000 chilometri di distanza dalla capitale francese. In questa costante ricerca da parte degli sport di superare confini alla ricerca di popolarità, ancora una volta si sono inseriti i soldi provenienti dal Medio Oriente, con i paesi arabi che uno alla volta si stanno avvicinando agli sport che caratterizzano le vite degli occidentali: Calcio, NBA, Formula 1, MotoGp. Il surf è solo l’ultimo nome su questa lista e non è da escludere che quanto visto ad Abu Dhabi non si possa ripetere altrove. L’arrivo del surf negli Emirati Arabi Uniti è stato concepito prima a scopo turistico e commerciale e successivamente a livello sportivo. Una nuova attrazione per la popolazione elitaria di quei posti e allo stesso tempo una soluzione per far sentire a casa chi ad Abu Dhabi viene a trascorrere le proprie vacanze. Una comunione di intenti che ha portato alla creazione di Surf Abu Dhabi, ovvero la location da 75.000 metri quadrati in cui si è svolta la tappa della WSC realizzata in partnership tra la già citata Kelly Slater Wave Co. e Modon, la società immobiliare che fa riferimento al governo degli Emirati Arabi Uniti.

Al netto della classica divisione tra puristi romantici e innovatori avanguardisti, il surf nelle piscine ad onde è da tempo una pratica comune tra i professionisti. Le immagini della gara ad Abu Dhabi non rappresentano una novità assoluta. A conti fatti si tratta di una soluzione ideale e molto sfruttata dai professionisti per i propri allenamenti e già in passato si erano tenute tappe della WSL in piscine ad onde. La maggior parte, per non dire la quasi totalità del calendario della World Surf League prevede comunque delle gare in acque libere, dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico. Le piscine ad onde però aprono a nuovi scenari, come ad esempio alla possibilità di fare surf in città. La diffusione dei surf park potrebbe proiettare il surf in una nuova dimensione, restituendo una nuova popolarità a questo sport. Certo, la conseguenza forse più amara è che verrebbe meno quella magia selvaggia che da sempre contraddistingue il surf, quel senso di sfida alla morte celebrata anche in film di culto come Point Break. C’è la possibilità che possa restituire un’immagine più elitaria rispetto a quella selvatica che tra capelli lunghi, piedi nudi sulla sabbia e tavole caricate su tetti di van siamo soliti associare a questo sport. L’unica certezza è anche in una piscina ad onde, il surf sarebbe comunque cool.