He got nickname
Do the right thing
01 Ottobre 2013
La recente notizia che già dal prossimo anno i giocatori della NBA potrebbero vestire jersey con dietro il loro soprannome, ha generato reazioni contrastanti. Io dico semplicemente “chissene", in Italia i calciatori brasiliani lo fanno da sempre, perché i cestisti americani non dovrebbero. Tuttavia una risposta più che plausibile sarebbe che i nicknames dei fenomeni dell’NBA talvolta hanno davvero dell’assurdo.
E le origini di tali nicknames sono le più diverse e disparate. Per la loro attribuzione infatti si passa da un particolare talento tecnico-fisico, passando per un film, un autonomina ed una più normale etichetta giornalistica.
Prendiamo ad esempio Rafer Alston, leggenda dei playground neworkesi, e uno dei pochi giocatori di streetbasket ad aver sfondato per davvero in NBA. Ecco lui è universalmente conosciuto come Skip to my Lou, dal verso che gli speaker radifonici ai campetti facevano vedendogli saltare ed umiliare gli avversari come se fosse la cosa piu naturale di sempre "One Skip, two skip", e via all’infinito.
Non mancano i riferimenti a famosi film americani. Shawn Marion viene chiamato “Matrix” per la sua straordinaria capacità di restare per secondi interi, facendo rabbrividire persino Morpheus e soci. C’è chi poi il suo soprannome lo deriva direttamente dall’esperienza da attore come Ray Allen nello spendido “He Got Game” dove Ray interpreta il ruolo di Jesus Shuttlesworth al fianco di Denzel Washinton diretti dal nostro ormai amico Spike Lee; e guarda caso sono proprio questi i due nick del 34 di Miami.
Tra i piu famosi a darselo da soli un soprannome troviamo due grandissimi come Shaquille O’Neal e LeBron James, rispettivamente “Big Diesel” e “The Choosen One” con tanto di dichiarazione di modestia incorporata.
“The Black Mamba” è invece il modo in cui viene chiamato Kobe Bryant, e che gli deriva dalle straordinarie movenze rettili che Kobe propone sotto-canestro. Altro riferimento animale è quello di Kenneth “Manimal” Faried, atletico lungo di Denver, con un ‘energia nel gioco comune davvero a pochi, senza dimenticare il “Birdman” tatuato di Miami Chris Andersen.
Detto nelle precedenti puntate di “Do The Right Thing” di Paul Pierce “The Truth” e di Allen Iverson “The Answer”, passiamo ai riferimenti aulici di “His Airness” M.J. e “The Black Jesus” Earl Monroe.
Dalle doti tecniche di Karl Malone e Toni Kukoc gli derivano i lori “The Mailman” (perché mandava sempre a segno le lettere che Stockton gli consegnava), e “Euro-Magi” quando l’universo NBA capì che anche un non-americano poteva dominare in lega.
Le smisurate braccia di Kevin Garnett gli sono valse il soprannome di “Go-Go GadgetArms” dal cartone animato che ha accompagnato le infanzie di tanti di noi, mentre lo straordinario ball-handling di Gary Paiton venne riassunto in “The Glow” C’è chi poi, del nickname ci ha fatto un vero e proprio secondo nome come Earvin Johnson, vi chiderete Earvin chi? Signori suà maesta Magic Johnson.