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The NSS Guide To The World Cup

Pasadena 1994

The NSS Guide To The World Cup Pasadena 1994

E questo Mondiale del 1994 dove l’andiamo a giocare? USA. USA? Quelli del basebal e del football? Si USA.  Il 17 giugno il mondo assiste all’inizio del primo Mondiale nordameriano, l’incipit della lenta, ma costante, crescita del calcio statunitense. E’ stato il Mondiale delle grandi stelle e delle magliette serigrafate. Il primo mondiale della Russia, dopo lo sgretolamento dell’ URSS, e della Germania unificata. Il Mondiale della giovane Olanda di Dennis Bergkamp, della compatta Svezia che riesce ad eliminare tutte le soprese del Mondiale: Arabia Saudita (che aveva mostrato al mondo il talento di Saeed Owairan e del suo gol "alla Maradona")  e Romania prima, Bulgaria poi (nella finale di consolazione). E’ stato fondamentalmente il primo Mondiale “moderno”, ed anche quello dove ci si è resi conto che quando non arrivano i tedeschi, arrivano gli italiani. Oppure i brasiliani. 

 

Ci serve una stella



Come tutte le cose che succedono negli Stati Uniti, un occhio di riguardo va sempre alla parte del “maketing”. Nel calcio, è chiaro che riesci a vendere un prodotto tanto meglio quante stelle riesci a portare dalla tua parte. In questo caso al Mondiale. 4 anni prima si è giocato in Messico, e la coppa l’ha vinta, da solo, un tale con la maglia numero 10 dell’Argentina, che in molti chiamano Dies. Diego Armando Maradona, che viene da un altro scudetto con il Napoli e da una squalifica per doping, viene recuperato a tempo di record, e piazzato di fianco a quel fenomeno di Gabriel Omar Batistuta. Il suo Mondiale dura poco, giusto il tempo di quella corsa smodata contto la telecamera dopo il gol alla Grecia. Verrà squalifica di nuovo. Chissa come sarebbe potuta andar a finire con lui in campo.

 

La Divin Italia




Glu Azzurri hanno una gran squadra. C’è Arrigo Sacchi, c’è la difesa del grande Milan al completo (Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini) e soprattutto c’è lui: il Divin Codino, Roberto Baggio. L’Italia è un ingranaggio perfetto a servizio del genio creativo del nostro numero 10. E Baggio fa un Mondiale alla Baggio. Tiri a giro, assist, serpentine, si muove come se fosse un brasiliano e pensa come un artista del Rinascimento. Dopo la sconfitta iniziale contro l’Irlanda, ed un girone concluso a pari punti con tutte le altre squadre, l’Italia sale di livello. Merito di Dino Baggio, di Donadoni e suo, di Roby. Si arriva alla finale pieni di squalifiche ed infortuni. Tassotti ha rifilato la famosa testata a Luis Enrique ed è stato squalificato. Donadoni lo emula. Costacurta si fa ammonire da diffidato in semifinale, ma soprattutto Roberto non sta bene. Il resto (purtroppo) è storia Italiana. Roberto Baggio sbaglia il rigore e Pasadena incorona il Brasile



Senna...aceleramos juntos, o tetra è nosso

Nella storia del Brasile, credo che pochi atleti abbiamo avuto l’ascendente socio-culturale di Pelè. Uno di sicuro, si chiamava Ayrton, era di famiglia borghese, ed era il più grande pilota di sempre.  Nel 1994 il Brasile si apprestava a celebrare i due “tetra”. Il 4 Mondiale di Senna, e il 4 Campionato del Mondo della Selecao. Non era il più forte Brasile di sempre, ma si sa, i brasiliani son convinti di vincere sempre, e molto speso hanno ragione. La squadra di Taffarell, Leonardo, Aldair, Bebeto (quello del gesto della culla) e Romario fa il suo compito, sconfigge l’Italia ai rigori e diventa campione. Senna no, lui si è fermato qualche mese prima, in una curva di San Mariono. Il 17 luglio a Pasadena , il Brasile ha vinto due volte.

Quando il calcio supera il limite: Andres Escobar



Il 2 luglio del 1994 lo storia dell’umanità fa un grosso balzo all’indietro. Andres Escobar, solido difensore della nazionale colombiana, viene ucciso a colpi di pistola da uno dei guarda spalle dei fratelli a capo dei Los Pepes. Escobar aveva partecipato alla fallimentare campagna mondiale della Colombia. La più forte Colombia di sempre si diceva. Asprilla, Valderrama, (Higuita in galera), Rincon ed appunto Escobar. Ma parte con una sconfitta, 3-1 con la Romania. Poi la partita con i padroni di casa, l’autogol di Escobar e l’eliminazione dal Mondiale della squadra che Pelè aveva pronosticato vincitrice del Mondiale. Poi il salto indietro nel tempo.




Due modi diversi di essere un campione: Stoichkov e Hagi



Due grandi squadre dall’Est dell’Europa si rendono protagoniste negli States, sono la Bulgaria e la Romania, guidate rispettivamente da Gheorghe Hagi e da Hristo Stoichkov. Il Mondiale di Hagi è, come sempre, l’emblema della solidità e della concretezza. Gheorghe è (come lo ha definito Federico Buffa) un calciatore vero, uno di quelli che quando ti trovi a fare la squadra per giocare al calcetto sceglieresti sempre per primo. Quanto a Stoichkov invece, la faccenda potrebbe complicarsi. Un talento cristallino, capocannoniere di quell’edizione dei Mondiali, con dei gol il più delle volte decisivi, Hristo è uno di quelli come non se ne vedono troppi in giro. Il cliquè del genio e sregolatezza sembra esser stato inventato per lui.  Nel 1985, a seguito di una rissa in campo, alla tenera età di 19 anni, viene radiato a vita. La squalifica dura poco, i Mondiali dell’86 stanno per cominciare e il paese ha bisogno di lui, nonostante abbia solo 20 anni. Dio è Bulgaro.