Sport & Coming out: una relazione difficile
NSS - New Sport Side
21 Gennaio 2016
L’affaire Mancini/Sarri – che non dovrebbe nemmeno essere un affaire in una società civile, una che parte dal presupposto che quello che è successo è sbagliato e basta – ha avuto se non altro il “merito” di riportare alla luce una questione spinosa, difficile e soprattutto irrisolta, che noi tutti tendiamo a dimenticare con troppa leggerezza fino a che casi del genere non sussistono: quello dell’accettazione della sessualità nello sport.
Un rapporto tante volte complicato, con un indice di difficoltà che è andato aumentando a seconda del tipo di sport. Fa impressione notare come un coming out sia arrivato a costare una carriera, o in alcuni casi un downgrade della stessa. Una volta addirittura la vita.
Justin Fashanu
Nato nella periferia di Londra, Justin Fashanu è stato un calciatore di grande talento. Il suo passaggio al Nottingham Forest è passato alla storia come il primo trasferimento di calciatore nero da 1 milione di sterline, e a Justin quell’upgrade valse anche diverse convocazioni nell’Under 21 della nazionale inglese. Nulla di tutto questo però è servito ad arginare la dirompente forza del pregiudizio che Fashanu si trovò ad affrontare quando, all’inizio degli Anni ’80, cominciarono a circolare voci della sua frequentazione di locali gay.
Nel 1990 il coming out, che distrusse la sua vita. L’emarginazione, poi i problemi con la legge, una prima ripresa, fino ad arrivare al peggior epilogo possibile, il suicidio con cui si tolse la vita nel 1998, a 33 anni, per paura di «non affrontare un giusto processo a causa della mia sessualità», si trovò scritto in un bigliettino. Neanche quello servì a qualcosa.
Robbie Rogers
Robbie Rogers annunciò la sua omossessualità attraverso il suo blog. Era il 2013, e Robbie era uno dei migliori prospetti del calcio americano, appena rietrato da una deludente stagione al Leeds, in Inghilterra. Contestualmente decise anche di lasciare lo sport, preoccupato che la sua storia potesse diventare una sorta di attrazione per i media. «Non voglio che mi si intervisti a ogni partita chiedendomi com’è andata solo perché sono gay», disse al termine di una lettera che cominciava con “I'm a soccer player, I'm Christian, and I'm gay”, in quest’ordine, a voler mostrare agli altri quanto pregiudizio potesse comportare la sua sessualità in relazione agli altri due status. Dopo un anno di stop tuttavia, Robbie è tornato a giocare ai Los Angeles Galaxy. Ha scritto un libro sulla sua esperienza, si chiama Coming Out to play.
Jason Collins
Nello stesso anno Rogers seguì l’esempio di Jason Collins, professione giocatore NBA (centro), che con il coming out sulle pagine di Sport Illustrated è diventato il primo giocatore in attività di una delle major league americane ad essere apertamente gay. La sua apertura è stata considerata da tanti come il primo vero passo in avanti della “relazione” tra omossessualità e sport, ricevendo supporto da alcune delle personalità più influenti sia del basket (come Kobe Bryant) che della politica (con Michelle e Barack Obama in prima linea).
La normalità con cui Collins si approcciò alla questione – normalità ovvia, ma che non si riesce tutt'oggi a diffondere – colpì tutti, portando Martina Navratilova a definirlo un “game changer”. Cambiò anche il suo numero di maglia, scegliendo il 98 per onorare la memoria di Matthew Shepard, studente americano picchiato, torturato e ucciso nel 1998 proprio a causa del suo orientamento sessuale.
Michael Sam
La storia di Michael Sam ha fatto precipitare un po’ tutti nello scoforto pre-Collins. Michael è stato un forte giocatore di football americano per l’Università di Missouri State, fino a quando, nel 2014, si è dichiarato elegibile per il draft, venendo universalmente considerato tra le papabili prime scelte. Se non che nel febbraio dello stesso anno Sam decise di dichiarare la sua omossessualità in diretta televisiva su ESPN.
È stato poi draftato al settimo turno, delundendo le attese e rinforzando l’idea che vuole il pregiudizio negli sport professionistici (specialmente il football, uno sport di contatto e ritenuto per qualche assurdo motivo machista) una barriera insormontabile. Dopo qualche periodo in prova ai Dallas Cowboys, e una parentesi in Canada, la scorsa estate Sam ha deciso di smettere lamentando problemi di natura psicologica.
Martina Navrativola
Martina Navrativola è universalmente riconosciuta come una delle più grandi giocatrici di tennis di sempre. Oltre duecento settimane in testa alla classifica WTA (sia del singolo che del doppio, unica nella storia) l’hanno resa una autentica legenda. Nel 1981 il suo coming out fu molto controverso, Martina rilasciò un intervista al New York Dailly News sulla sua bisessualità, chiedendo però che non venisse pubblicata fino a quando lei (e la sua compagna) non si fosserò sentite pronte. Il giornalista non mantenne l’accordo, uscendo con la notizia ben prima del consenso e costringendo la Navrativola ad un tour de force di interviste e dichiarazioni.
La classifica WTA di cui la Navrativola è stata tante volte numero 1 è stata fondata da una vera e propria pioniera nella lotta al sessismo e al rapporto tra sessualità e sport: Billie Jean King, diventata la prima donna ad aver fatto coming out nella storia dello sport.
A lei hanno fatto seguito Amelie Mauresmo, poi Casey Stoney (capitano della nazionale femminile di calcio degli USA). Qualche anno fa anche Hitzlsperger, ex anche della Lazio, ha dichiarato la sua omosessualità, così come Kwame Harris e John Amaechi, una delle leggende dell’NBA. Nonostante gli esempi, nonostante la sensibilizzazione che si è cercata di mettere in atto, nessuno sport professionistico può dirsi privo di discriminazione, e gay, lesbiche, bisessuali e transessuali continuano ad essere utilizzati come insulti, in maniera magari anche inconsapevole, il che fa ancor più paura, se ci si pensa.
L’affaire iniziale, e l’insenstato trattamento che il tribunale sportivo gli ha concesso, non fanno che sottolineare quanto in fretta dobbiamo iniziare a percorrere la strada che porterà, semplicemente, i nostri amati sport alla civilizzazione.
Foto in copertina: William Bouguereau, Uguaglianza davanti alla morte, 1848