Loghi fantastici e come (non) cambiarli
L'intricata relazione tra modernità e passione
12 Dicembre 2016
Lo scorso 9 dicembre l’Atletico Madrid ha presentato al suo pubblico il nuovo stadio e il nuovo logo. Si chiamerà Wanda Metropolitano, dal nome della società cinese (Wanda Group) che da qualche anno ha acquistato il 20% del club. Come era facile immaginare, i tifosi dei Colchoneros non l’hanno presa benissimo, soprattutto per la perdita di identità storica rispetto al vecchio Vicente Calderon. Ma anche il restyling del logo non ha lasciato indifferenti i caldi supporter locali: non è andato giù lo spostamento del corbezzolo e in generale il forzato tentativo di ammodernamento. È questa infatti la politica che da qualche anno sta accompagnando le scelte dirigenziali delle squadre di mezzo mondo: il desiderio di rinnovamento finalizzato alla messa in vendita dei marchi, a renderli sempre più appetibili ai mercati.
Abbiamo raccolto alcuni dei casi più emblematici e contestati degli ultimi anni, partendo da quello del Brentford, club della seconda lega inglese, che dal prossimo anno cambierà logo. Si è scelto di abbandonare alcuni degli elementi più caratterizzanti dello scudetto societario per puntare tutto sul suo simbolo: l’ape. Nasce proprio da qui la rabbia dei tifosi; quella rappresentata infatti somiglierebbe troppo ad una vespa – anche il numero di zampe sarebbe sbagliato – e ne andrebbe della storia del club.
Uno dei cambi più clamorosi è stato quello del Manchester City. La società di Mansur infatti, ha scelto una strada diversa: ha riportato in vita il primo logo del City, puntando tutto sulla rosa e sulla barca simbolo cittadino. Il risultato stilistico è sinceramente impeccabile, ma il problema è stato un altro… L’affetto della parte meno nobile di Manchester per la propria squadra è fortissimo, e in tanti portano tatuato il logo del team sulla propria pelle. Con il cambio, un nutrito gruppo di tifosi ha chiesto alla società fondi per la sostituzioni dei propri tatuaggi: richiesta accolta. D’altronde, cosa non si fa per i propri tifosi?
Sempre in Inghilterra, si è assistito ad un altro ritorno alle origini molto importante. Il Liverpool ha da qualche anno abbandonato il logo che l’accompagnava da decenni, per tornare allo stile più minimale degli anni ’70. Nel passaggio però, è andato perso il motto inciso sull’ingresso di Anfield e che ha fatto la storia recente del Liverpool: “You’ll never walk alone”. Anche la metà blu della città, l’Everton, recentemente si è trovata a dover far i conti con l’idea di un cambio di badge. I tifosi però hanno protetto il loro scudetto fino ad arrivare all’indizione di un referendum, vinto dai “nostalgici” con l’80% dei voti.
In Italia non ci sono stati cambi significativi negli ultimi anni. Dopo quello della Juventus, la rivoluzione più grande è stata quella della Roma, che nel 2013 abbandona lo storico intreccio ASR a favore di un più immediato ROMA. La modifica coincide con il tentativo di internazionalizzazione della società, con i proprietari americani e con il processo che vuole rendere la Roma un brand appetibile a investitori e sponsor. Stessa sorte toccata anche al Paris Saint Germain, che ha asciugato il proprio logo con la sola intestazione di Paris.
È la globalizzazione, bellezza.