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More Than - Jackson Irvine

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More Than - Jackson Irvine The collector

Jackson
Irvine

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Il mondo del pallone lo ha scoperto durante il Mondiale in Qatar, quando è sceso in campo contro la Francia nella maglia gialla della nazionale australiana. Con i capelli lunghi raccolti con un elastico e gli inconfondibili baffi sottili da attore consumato è diventato immediatamente uno di quei calciatori di culto che solamente la Coppa del Mondo sa creare. La mitologia attorno a Jackson Irvine non si esaurisce però solamente ai suoi risultati sportivi, ma è anzi alimentata dal suo stile anche fuori dal campo di gioco fatto di foto in analogico e maglie da calcio vintage. Quello del centrocampista del St. Pauli verso il gioco del calcio è davvero un amore totale, che sa dare più di quanto riceve, e che tocca ogni elemento della sua vita. Per questo lo abbiamo scelto come protagonista del nuovo capitolo di More Than. “La maglia da calcio è sempre stata, da quando ho memoria, l’unica cosa che ho indossato crescendo. La prima maglia con cui sono stato fotografato è stata una vecchia maglia dell’Aberdeen, del 1995 circa, della squadra scozzese della città da cui proviene mio padre, quando avevo uno o due anni. La mia famiglia è arrivata in Australia e mi ha portato quella e una maglia della nazionale scozzese” mi racconta Irvine, descrivendo come la sua passione verso le maglie non sia certo un’invenzione per Instagram. "Lo so che sono uscite sui social alcune mie foto con maglie vintage ma in realtà hanno sempre avuto un ruolo di primo piano nella mia vita."

Anzi nel caso di Irvine è giusto dire come abbia iniziato a collezionare maglie ancor prima di imparare a camminare. “Queste sono state sicuramente le primi due che ho indossato e poi uno dei primi ricordi più forti che ho è quello di aver ricevuto una maglia del Manchester United quando avevo circa cinque o sei anni, nel periodo in cui il Manchester United vinse la Champions League e venne in Australia nel 1999 per giocare una partita amichevole contro la nostra nazionale. E sì, quello è stato un momento iconico quindi quella maglia ha significato molto”. Cresciuto in Australia da una famiglia scozzese, il calcio è stato un modo anche per rimanere legato alle sue origini. “Mio padre ha giocato a un buon livello semi-professionale in Australia quando ci siamo trasferiti e anche mio nonno materno quando è arrivato in Australia dai Paesi Bassi ha giocato qui. In qualche modo è stato il calcio a unire molti pezzi della mia famiglia in Australia. Quindi, sì, è stata una presenza importante nella mia vita quando ero molto giovane”. E Irvine ha seguito le orme familiari, prima giocando con le selezioni giovanili scozzesi e poi scegliendo la maglia dei Socceroos, con la quale ha giocato due Mondiali da protagonista. I club invece lo hanno portato presto lontano dal Nuovissimo Mondo, prima al Celtic, poi all’Hull City e infine al St. Pauli, dove ha trovato la sua dimensione ideale.

“Credo che molte persone, quando ho firmato per la prima volta, abbiano pensato che si trattasse di una sorta di manovra di marketing invece che di una decisione calcistica.” Il St. Pauli infatti rappresenta un’idea di calcio ben precisa, sia dentro che fuori dal campo. “Questo club è unico in termini di comunità e di tifosi e di come i valori che lo sostengono e in cui credo. Rappresenta un ambiente calcistico unico e penso che sia qualcosa da cui il calcio può imparare per essere più chiaro sui propri valori e su dove si trova e, sapete, per essere in linea su certe questioni e per avere una voce più forte nella società”. E con il suo look da perfetto hipster romantico, con i suoi tatuaggi old school e i suoi capelli sciolti, Irvine assomiglia più ad un tifoso del club che ad un giocatore. “Per me sia in campo che fuori è stata la scelta giusta e, probabilmente, non sono molti i giocatori che nella loro carriera hanno la fortuna di trovare un posto in cui si trovano così bene”. Questa perfetta armonia risuona anche nelle parole con le quali descrive la sua personale visione del calcio, incrociando estetica, competizione e senso d’appartenenza. In particolare parlando delle nuove generazioni sottolinea come queste stiano cambiando la percezione verso alcuni aspetti che con il tempo sono diventati anacronistici. “Probabilmente 10 anni fa, quando ero adolescente, avevo un atteggiamento molto diverso rispetto ai giocatori di oggi. Credo che il gioco sia cambiato in modo significativo, sia all'interno che all'esterno, e alcuni atteggiamenti devono essere aggiornati. Il modo in cui i giocatori si esprimono individualmente è diventato separato dal modo in cui si comportano sul campo. Ed è bello poter assistere a questo cambiamento e spero che i più giovani abbiano sempre più la libertà di essere sinceri”.

La stessa che lui non ha mai abbandonato, perché quando gli chiedo se gli piacerebbe diventare il volto di un brand o di una collezione come molti suoi colleghi hanno fatto negli ultimi tempi la risposta è sempre la stessa. Credo di preferire la libertà - a dimostrazione di quanto la sua immagine sia priva di filtri e costrizioni. “Ogni aspetto della mia vita, quando si tratta del modo in cui mi vesto o della musica che ascolto o di qualsiasi altra cosa che faccio, deve essere autentico, deve essere genuino ed esprimere realmente chi sono”. Anche nel suo uso dei social, Irvine non abbandona questo approccio diretto e onesto, che gli permette di far entrare i suoi fans per un breve sguardo nella sua vita di tutti i giorni. “Più vediamo i giocatori aprirsi e condividere i loro interessi al di fuori del calcio e ottenere un po' più di libertà di espressione. Fa solo bene al calcio e può aiutare i giocatori più giovani a essere più sicuri di sé”. Questa attenzione all’aspetto fuori dal campo dei calciatori è essenziale anche per aumentare l’interesse verso i protagonisti del Beautiful Game. ”La gente ha iniziato a riconoscere che il calciatore e la persona sono ovviamente due entità separate e che il modo in cui vivi la tua vita fuori dal campo e il modo in cui ti esprimi dentro di esso siano due riflessi separati” chiarisce Irvine, nonostante lui sia così autentico in ogni momento. Quando glielo faccio notare lui attribuisce questa possibilità ancora al suo club, il St. Pauli, e la città di Amburgo. “Ho la fortuna di giocare qui e questo mi dà la possibilità di mostrare che c'è un'alternativa al modo con il quale viviamo il calcio. Quando sei parte di una comunità e le persone intorno a te, sai, non ti giudicano e ti danno quella libertà e quello spazio puoi finalmente esprimere te stesso”.


Ed a quanto pare, almeno dando retta al suo account Instagram, esprimersi per Jackson Irvine consiste nell’indossare un numero non quantificato di maglie da calcio vintage. Anche lui non sa davvero quante siano, ma scommette che sono abbastanza per aprire un piccolo negozio - “una scelta che farebbe felice la mia ragazza”. Sarebbe però come rinunciare ad una parte di sé, una testimonianza del suo amore per il gioco del calcio. Sono sempre stato prima un fan, e molti di questi club e di questi giocatori hanno avuto un ruolo chiave nel far nascere la mia passione verso quello che credo sia molto più di un semplice sport. Per questo ho tantissimi legami con le varie maglie ma tutte possiedono qualcosa in comune, custodiscono un certo tipo di nostalgia. Come Madeleine proustiane le varie maglie da gioco collegano Irvine con la sua infanzia, memorie di un passato che continua a giocare un ruolo determinante sulla sua vita.

 
“Sono sempre stato prima un fan, e molti di questi club e di questi giocatori hanno avuto un ruolo chiave nel far nascere la mia passione verso quello che credo sia molto più di un semplice sport. Per questo ho tantissimi legami con le varie maglie ma tutte possiedono qualcosa in comune, custodiscono un certo tipo di nostalgia.”
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“Sono sempre stato prima un fan, e molti di questi club e di questi giocatori hanno avuto un ruolo chiave nel far nascere la mia passione verso quello che credo sia molto più di un semplice sport. Per questo ho tantissimi legami con le varie maglie ma tutte possiedono qualcosa in comune, custodiscono un certo tipo di nostalgia.”
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“Per me e tutta quella generazione di calciatori miei coetanei gli anni ‘90 rappresentano un vertice irripetibile a livello di stile, e credo chiunque possa darmi ragione. È bello vedere che ora i club iniziano a ricollegarsi al loro passato interpretandolo attraverso i nuovi canoni e le nuove tecnologie. E credo che negli ultimi due anni ci sia stato un buon successo di squadre che hanno adottato questo approccio, cercando sempre di mantenerlo fresco e moderno”. Una fascinazione che vive anche attraverso le innumerevoli contaminazioni fashion e lifestyle. E la spinta arrivata dal mondo della moda ha invaso il campo di gioco, trasformando la maglia da calcio in uno degli item più desiderati del momento. “La connessione tra calcio e moda penso che giochi un ruolo importante, con le squadre che stanno iniziando a esplorare i momenti iconici all'interno della loro storia e stanno cercando di sfruttare questo aspetto con i tifosi. Finalmente ora quando le persone, anche quelle che non hanno mai avuto interesse verso il calcio, guardano una maglia pensano a una squadra. Stiamo assistendo ad un momento speciale per il calcio nel mondo del design.”

E pensare che la sua già notevole collezione potrebbe essere ancora più vasta se solo fosse più scaltro nell’ottenere qualche maglia dopo il triplice fischio dell’arbitro. “Sono forse uno dei peggiori giocatori con cui scambiare maglia a fine partita” - mi confessa -”Sono sempre troppo emozionato per una vittoria o troppo concentrato durante le partite che non mi viene mai in mente di fermarmi e chiedere una maglia. E poi, subito dopo, quando sono negli spogliatoi mi rendo conto che ho perso l’ennesima occasione. È successo sia quando lo scorso anno abbiamo battuto il Borussia Dortmund nella DFB-Pokal - una grande vittoria per noi - e all’ultima partita dei Mondiali contro l’Argentina. Ero talmente deluso di aver concluso il percorso in nazionale che mi sono lasciato scappare la maglia di Messi!"

Model: Jackson Irvine
Photographer: Max Galys
Photographer Assistant: Maksym Lobachov
Stylist: Shirin Abbas
Hair: Jemilla Pir
Location: Axis Mundi
Interview: Lorenzo Bottini

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Jeans KAPITAL, cardigan NEEDLES, tank top Ex FUTURISTIC, shoes ADIDAS VINTAGE.
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