

Destiny Udogie
Business man


Cosa fa il calciatore oltre ad essere un calciatore? Quali limiti ha il calciatore e in che modo vuole – o vorrebbe – esprimere il proprio io nella vita di tutti i giorni, dopo aver terminato l’allenamento con i propri compagni? Con Destiny Udogie abbiamo parlato anche e soprattutto di questo. Cosa significa per un ventenne spostarsi dal Friuli Venezia Giulia al Nord di Londra? Come cambiano gli orizzonti e gli influssi culturali approdando in Premier League? Come si vive in una metropoli, ma soprattutto come si conciliano i martellanti stimoli di questa con il calcio professionistico? Quello che abbiamo fatto assieme a Destiny Udogie è stato intraprendere un viaggio per capire il punto di vista dei professionisti su questioni delicate che, ogni stagione, mettono sotto le pressanti luci dei riflettori innumerevoli atleti, minando la loro libertà di essere ed esprimersi.
Per farlo, non potevamo scegliere che un calciatore della next gen, un classe 2002 che ha appena iniziato a raccontare sul campo il proprio talento con la maglia degli Spurs, combattendo anche per un posto in Nazionale italiana. Destiny Udogie è il nuovo protagonista di More Than, ma è, prima di tutto, un atleta con una personalità che può fungere da specchio per comprendere i desideri, le esigenze e le volontà del calciatore contemporaneo.
Incontriamo Destiny al Tottenham Community Sports Centre, uno dei centri sportivi comunitari più famosi di Londra. Tra moquette impolverate e il parquet di un campo, Udogie non si perde troppo in chiacchiere: «Sono appena rientrato, l’allenamento di oggi pomeriggio è stato duro». Dopo uno stop che gli ha fatto saltare 12 gare con gli Spurs, Udogie è ora più concentrato che mai. «Sai, non sono uno che fa festa, che va a ballare o cose simili, io sono sempre concentrato sul campo. È il mio lavoro, no? Però ci sono altrettante cose che mi rilassano e che voglio fare in libertà. Vorrei che tutti i calciatori potessero farle, che tutti potessero sentirsi liberi, non possiamo pensare solo al calcio».
Ne approfittiamo per chiedergli un parere sulla polemica che ha scatenato, nel mese di gennaio 2025, l’ira di Sergio Conceição: a 36 ore da Milan-Parma, Ruben Loftus-Cheek, Davide Calabria, Theo Hernandez e Francesco Camarda sono finiti nell’occhio del ciclone per essere andati al concerto di Lazza a Milano, dove hanno scattato una foto a fine serata proprio con il rapper. «La trovo una cosa ridicola. Come può trattarsi di una mancanza di rispetto? Ma poi, nei confronti di chi? Se poi volessimo analizzare questa situazione con maggiore obiettività, non è la stessa cosa andare a cena fuori e magari concedersi un drink o un bicchiere di vino? I tecnici – e le società – dovrebbero imparare a lasciare più libertà ai calciatori, perché ciò aumenta il loro benessere all’interno dei club, che sono delle aziende a tutti gli effetti. Negare queste cose rischia solo di rendere scontenti – e dunque meno performanti – i calciatori».
«Prima di sfilare per 424 non pensavo che fosse così faticosa la giornata da modello: lo show era alle 17:00 e io sono arrivato lì alle 13:00, ho salutato Robert Pirès e Mathieu Flamini, poi mi hanno spiegato come avrei dovuto camminare in passerella. Non pensavo che esistessero così tante tipologie di camminate»

«Prima di sfilare per 424 non pensavo che fosse così faticosa la giornata da modello: lo show era alle 17:00 e io sono arrivato lì alle 13:00, ho salutato Robert Pirès e Mathieu Flamini, poi mi hanno spiegato come avrei dovuto camminare in passerella. Non pensavo che esistessero così tante tipologie di camminate»

Nonostante la sua estrema riservatezza e professionalità, dal momento esatto in cui Destiny Udogie scende dall’auto che lo ha accompagnato nel cuore del Nord di Londra, certo non sembra che il calciatore degli Spurs sia uno a cui non interessa esprimere sé stesso: lo segue una troupe, praticamente. «Loro mi aiutano nel mio progetto. Da agosto settembre voglio iniziare a raccontare le mie giornate in un vlog, è un modo per distrarmi e per esprimermi». Poi, subito dopo il make-up, Destiny inizia ad analizzare i capi che dovrà indossare nello shooting – un cambio a 180 gradi, dopo essersi presentato sul set in pieno stile Destiny Udogie: pochette Goyard e sabot Marni. «Finalmente uno stile diverso! Mi piacerà vedermi con questi look. Incredibile questa giacca Fragment x Moncler, la vorrei subito, potete lasciarmela dopo lo shooting? (ride, ndr.)»
Da quando Udogie è arrivato a Londra, ha scoperto una metropoli con le sue influenze culturali, un melting pot che unisce infinite sfumature e che rischia di diventare una distrazione per un calciatore, specialmente se giovane come Destiny: «Da quando sono arrivato qui, è cambiata radicalmente la mia percezione nei confronti della moda, ma anche l’importanza che io le attribuisco. Mi piace prendere in prestito lo stile degli altri, mi piace osservare ciò che indossano le community, come si muove la moda, e da quando sono a Londra tutto è più facile, ho molti più stimoli. Poi qui c’è la Fashion Week; sto sviluppando un certo rapporto con questa. L’anno scorso ero già stato alla Paris Fashion Week nelle vesti di spettatore, quest’anno ne ho preso parte in maniera più attiva (ride, ndr.)»
Durante la Fashion Week parigina di gennaio, Destiny Udogie ha sfilato per 424, il brand losangelino fondato da Guillermo Andrade. Il terzino del Tottenham è stato scelto dal designer, affiancando due leggende del pallone come Mathieu Flamini e Robert Pirès. Noi abbiamo chiesto a Destiny cosa abbia significato quel momento per lui. «Quando mi hanno proposto di sfilare per 424, ero tranquillissimo in realtà, perché non è il mio lavoro e quindi sapevo di avere aspettative basse. Devo essere onesto, non pensavo che fosse così faticosa la giornata da modello: lo show era in programma alle 17:00 e io sono arrivato lì alle 13:00, ho salutato Robert Pirès e Mathieu Flamini, poi mi hanno spiegato come avrei dovuto camminare in passerella. Non pensavo nemmeno che esistessero così tante tipologie di camminate e di portamento».
Anche quando proviamo a parlare di sport in generale, torniamo sempre sullo stesso discorso: quello che riguarda l’espressione di sé stessi. Questa volta ci arriviamo dopo una breve chiacchierata sulla NBA, le sue esultanze alla Steph Curry con la famosa Night, night ripresa anche da Kvaratskhelia & co. «Al di là dello spettacolo che offre lo sport sul parquet, amo l’NBA per altri motivi: è una lega che dà piena libertà agli atleti, amo il modo in cui loro possono esprimersi durante le interviste, non è come nel calcio. E poi i tunnel fits… vorrei non dover indossare le uniformi del club ogni match day».
Concludiamo parlando di cosa avrebbe fatto Destiny Udogie in uno scenario alternativo a quello del calciatore: «Sarei stato un businessman, sicuramente», una scelta strana, considerato il disdegno per le uniformi appena palesato. «Ma ora una bella partita a Call of Duty con i miei amici, ecco di cosa ho bisogno in questo momento».
Photographer: Joshua Tarn
Photographic assistant: Pietro Molinaris
Digital: Joe Boydell-Wiles
Stylist: Antonio Autorino
Set Designer: Phoebe Swiderska
Make Up: Mr. Hiroshi Matsushita
Interview: Andrea Mascia
