Molti allenatori cominciano a lamentarsi delle dimensioni dei campi in Serie A
Quando le dimensioni contano
05 Gennaio 2022
Chiunque conosca bene e abbia un passato o un presente da grande allenatore su Football Manager, gioco manageriale di calcio, sa bene che l'inizio di stagione rappresenta un momento cruciale, non solo per il calciomercato e la conseguente definizione della rosa ma soprattutto perché l'allenatore ha anche la facoltà di scegliere le dimensioni del terreno di gioco. A primo acchito può sembrare una scelta semplice, facile, veloce e indolore, basta solo premere un tasto e il gioco è fatto, avanti con ciò che più conta, allenamenti e calciomercato. In realtà sia che fossi l'allenatore dell'Inter come del Nordsjælland questa scelta rappresenta uno snodo fondamentale della stagione, per l'impostazione della squadra e infine del gioco.
Al di là della dimensione virtuale, le dimensioni del campo contano eccome anche nella realtà, lo sa bene Stefano Pioli che proprio in occasione della gara contro lo Spezia ha riportato alla luce il dibattito sulle metrature del Picco, confessando ai microfoni di temere la partita proprio per la larghezza del terreno di gioco di 65 metri, tre più piccolo rispetto alla maggior parte dei campi della Serie A che di norma arrivano tutti a 68. Non è un caso che proprio lo scorso anno lo Spezia riuscì a fermare l'imbattibile Inter di Conte in casa, facendo del Picco una vera e propria fortezza, terreno dove ha messo le basi per la permanenza in A. Ma lo Spezia non è il solo, anche il Penzo di Venezia condivide le stesse metrature del terreno ligure, ricevendo quest'anno di fatto l'etichetta di "campo difficile". A differenza del Picco che verrà ristrutturato nei prossimi anni, il problema dei lagunari così come quello del Cagliari (altro campo meno largo rispetto alla media, 67 metri) è proprio il terreno circostante allo stadio che rende impossibile effettuare modifiche anche minime per allargare il terreno di gioco, per cui con buona pace degli allenatori quei campi rimarranno sempre "difficili".
Non solo la larghezza, anche la lunghezza influisce eccome nel gioco di una squadra, una polemica che non è stata sollevata solo in Italia. Quando Maurizio Pochettino allenava gli Spurs e causa dei lavori del nuovo stadio, la sua squadra era costretta a giocare a Wembley chiese alla federazione inglese di accorciare il terreno di gioco, da 107 metri a 100. Un vero e proprio sacrilegio per la federazione che ovviamente rimandò al mittente la richiesta, non è possibile modificare quel terreno di gioco, nemmeno temporaneamente, simbolo per eccellenza del calcio inglese.
Per un club abituato a far girare molto il pallone impostare il suo gioco nelle fasce, prediligendo un pressing alto e asfissiante è importante avere un campo molto lungo, che possa supportare e sopportare la corsa delle ali e le sovrapposizioni dei terzini. Non a caso il terreno di gioco dello Stadio Maradona di Napoli è il più lungo della Serie A, si estende per circa 110 metri, 5 in più degli altri. Un rettangolo perfetto per la squadra allenata da Spalletti, abituata a fare spesso bottino pieno in casa non solo per via del pubblico caloroso ma grazie all'attenta gestione del pallone e alla verticalizzazione improvvisa delle ali, che in quelle lunghe fasce scorrazzano liberamente da anni, dai Callejon e Lavezzi d'un tempo fino ai Lozano e Insigne di oggi.
Anche se sembra una minuzia ritrovarsi su un campo più stretto o più largo al contrario può disorientare i calciatori e far saltare tutte le situazioni di gioco e gli schemi provati in settimana. Un problema condiviso sia per chi attacca su porzioni di campo più ristrette, sia per chi difende, dal momento che su un campo più lungo sarà costretto a rivedere tutte le dinamiche difensive. Una discussione importante portata avanti da numerosi allenatori, in particolar modo in Italia, dove la maggior parte degli stadi sono stati costruiti per i Mondiali del '90 e dal punto di vista strutturale risultano più che superati e antiquati per il calcio veloce e dinamico di oggi.