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L'esultanza di Jude Bellingham è già un trend

L'espressione visiva di una forza inevitabile

L'esultanza di Jude Bellingham è già un trend L'espressione visiva di una forza inevitabile

Jude Bellingham, in questo momento, è il calciatore più seguito del pianeta. Non ci sono dubbi dopo il suo folgorante inizio di stagione al Real Madrid con 8 gol e due assist. Ma non sono solo i numeri straordinari ad averlo consacrato come stella del calcio internazionale, è anche come sta dominando in campo. Il modo in cui corre elegantemente per il campo sprigionando allo stesso tempo una forza fisica incontrastabile, in cui legge il gioco meglio di tutti, facendosi sempre trovare al posto giusto nel momento giusto. La personalità con cui, a soli 20 anni, ha spazzato via ogni tipo di pressione dettata dagli oltre 100 milioni di euro pagati in estate dal Real Madrid per acquistarlo dal Borussia Dortmund. Si è preso la maglia numero 5 di Zinedine Zidane e ha cominciato a giocare una partita dopo l’altra ad un livello sublime, dimostrandosi decisivo sia in LaLiga che in Champions League. A tutto questo aggiungete un’esultanza iconica, un’apertura alare sconfinata da giocatore NBA accompagnata da uno sguardo pieno di orgoglio, carisma e, e stile che si perde nel vuoto mentre cerca un punto non meglio definito fra gli spettatori.

Non è una semplice esultanza. È un’immagine che trascende il mondo del calcio per sfociare nell’iconografia pop. Fermarsi e allargare le braccia per assaporare il momento è un gesto tanto semplice quanto potente, una posa facilmente replicabile in qualsiasi contesto. Lo si fare al bar, in ufficio, in palestra. Ovunque. È l’espressione visiva di una forza inevitabile. La conferma definitiva ci è arrivata da un palcoscenico di importanza globale come gli US Open con Carlos Alcaraz, un altro giovane fenomeno dello sport mondiale che grazie a talento, applicazione e un pizzico di arroganza ha eliminato la parola pressione dal suo vocabolario. Lo spagnolo dopo aver battuto Alexander Zverev nei quarti di finale ha allargato le braccio in segno di vittoria invitando tutto l’Arthur Ashe Stadium ad inchinarsi di fronte alla sua magnificenza. Perché alla fine è questo che vuol trasmettere Bellingham. Dopo ogni gol, lui ci costringe ad ammirare la sua grandezza, il suo talento ineluttabile. E allo stesso tempo lui si nutre delle emozioni che provoca.

Bellingham esulta allo stesso modo sia che si trovi di fronte ad un pubblico inferocito pronto a staccargli la testa come accaduto al debutto in LaLiga contro l’Athletic Club al San Mamés, sia quando segna un gol decisivo in pieno recupero di fronte ad uno Santiago Bernabeu pieno in ogni di ordine di posto. Oppure ancora quando ammutolisce uno stadio intero come accaduto contro il Napoli al Maradona in Champions League. Ha esultato allo stesso modo con ogni squadra e a ogni livello della sua carriera. Lo ha fatto da ragazzino quando debuttò da professionista con il Birmingham, lo ha fatto quando si è trasferito in Germania per indossare la maglia gialla del Borussia Dortmund e lo ha fatto anche ai Mondiali in Qatar con la maglia dell’Inghilterra. Nella sua esultanza non c’è l’arroganza coatta del “Siuuu” di Cristiano Ronaldo, c’è un silenzio assordante che profuma di inevitabile. C’è tutta la forza evocativa di un ragazzo che grazie ad un semplice gesto ha abbandonato i panni del calciatore per diventare un’icona mondiale. E quando domani sera scenderà in campo contro l'Italia, la speranza è di non vederla anche a Wembley.