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NBA bad boys

Do the right thing

NBA bad boys Do the right thing

in America non considerano Balotelli un Bad Boy, ed hanno ragione. Dall’altra parte dell’oceano, sanno fare decisamente di meglio (o di peggio, dipende dai punti di vista).

In NBA in particolare, le volte che atleti professionisti sono stati immischiati in questioni ai limiti (e ben oltre) della legge si sprecano. L’ultimo esempio è Raymond Felton, gran bel playmaker dei pur disastrosi NY Knicks di quest’anno. A Ray è letteralmente “partita la brocca” quando, durante una lite con l’oramai ex fidanzata, ha estratto una pistola puntandogliela alla testa. Arrestato. Ma quello del play newyorkese non è l’unico caso di emulazione GTA nell’NBA.

Il bipolare Delonte West, attualmente in esilio dorato da qualche parte in Asia, nel 2009 venne arrestato per possesso illegale di arma da fuoco. Il fatto che le due pistole (cariche) ed il fucile (dai ragazzi un fucile?) siano stati ritrovato nella custodia di un chitarra rende solo più interessante e pittoresco il quadro. Il ragazzo aveva per altro anche trovato il tempo di intraprendere una relazione con la madre di Lebron James.

Parlando di pistole non possiamo esimerci dal parlare del genio assoluto dell’arma da fuoco. Gilbert “Agent Zero” Arenas, uno di cui prima o poi bisognerà raccontare le gesta, puntò l’arma contro un suo compagno di squadra, Javari Crittenton (che per altro ricambiò prontamente il favore), reo di non aver onorato una “scommessa” vinta proprio da Gilberto. Il tutto avvenne negli spogliatoi del Verizon Center eh. Accusa, arresto, rilascio ed addio contratto di sponsorizzazione con l’Adidas (che ne frattempo ne aveva fatto il suo nuovo pupillo, D- Rose era ancora lontano).

Sarebbe lecito pensare che qualcuno giochi a fare il gangster, ma tantissimi di questi ragazzi sono stati tirati su dalla strada, nella buona e nalla cattiva sorte.
 Carmelo Anthony da piccolo veniva chiamato “Farmacia” e non propriamente per la quantità di aspirine che si portava appresso. Allen Iverson qualche anno dopo il suo ingresso in NBA venne ricercato dalla polizia federale con 14 diversi capi d’accusa.

Kobe Bryant vide la sua immagine gravemente lesa dall’accusa di stupro ricevuta da una dipendente di un Hotel. L’allora numero 8 dei Lakers confermo il rapporto con la ragazza, definendolo però consensuale. Le tante migliaia di dollari di cauzione e pagamenti non troppo chiari gli valsero la fine del contratto milionario con l’Adidas (aridaje) e l’approdo in Nike.

Vi abbiamo già raccontato delle coltellate di Paul e di Dennis Rodman che, prima di essere compagno di Jordan, componeva con altri 4 angioletti (tra cui Isaiah Thomas) il quintetto base dei Detroit Pistons, “The Original Bad Boys”. Per i tanti in NBA non ci sono mai arrivati, ingurgitati da quella stessa strada che gli aveva dato la vita, c’è chi, dall’NBA ci è uscito dalla porta di servizio della galera, come Jayson Williams che dopo aver rischiato il carcere ben più d’una volta da giocatore, ha aspettato il ritiro per compiere l’atto più sconsiderato di tutti: omicidio, una pallottola in testa ad un’austista di limo.

 

Riuscire a comprendere è quantomeno complesso, giustificare ancor di più, di certo la differenza culturale marcata tra noi e loro non può essere l’unica scusante E’ però doveroso raccontare come l’altra parte della luccicante medaglia dell’All Star Game e delle Finals sia questa, l’NBA d’altronde è il posto dove accade l’incredibile, appunto.