Reggie Lewis - The Heart of Basketball
The Basketball's Disease
01 Dicembre 2016
Per certe persone la pulsazione cardiaca ha la stessa cadenza sonora di un pallone da basket che rimbalza su di un parquet delimitato da delle righe bianche. Quello incrociato del vecchio Boston Garden accelerava, ed accelera ancora, le pulsazioni del cuore in maniera del tutto unica. Nella “Città Dei Puritani”, al palazzo dello sport, prima ancora di trovare il posto a sedere, ogni spettatore viene ipnotizzato dai numerosi stendardi che sono appesi al soffitto. Quando tutto è “addobbato” per una partita dei Celtics, tra tutte quelle “insegne costituite da un drappo rettangolare disteso sul pennone posto orizzontalmente su delle aste”, potrete ammirare i numeri e i nomi delle maglie ritirate dei “champions” che hanno fatto la storia della franchigia. C’è la 6 di Bill Russell e la 25 di K.C. Jones e quella di Bob Cousy insieme ai protagonisti delle dinastie di Red Auerbach, poi la maglia numero 31 di Cedric Maxwell, la 32 McHale, la 33 di Larry Bird, uno spazio vuoto per Len Bias e poi c’è la 35 di Reggie “Big Truck” Lewis.
Reggie è nato a Baltimora. Questa città, a metà degli anni '70 fino agli inizi dei '90 non è mai stato un bel posto per crescere. La HBO ci ha girato una serie televisiva, forse la migliore di sempre,“The Wire”. Carmelo Anthony, che è si nato a Brooklyn, è cresciuto in un quartiere di Baltimora che si chiamava “The Pharmacy” , zona resa famosa dalla produzione e gestione di enormi quantità di droga. La squadra di basket della Paul Laurence Dunbar High School, con Lewis Muggsy Bogues, David Wingate e Reggie Williams in squadra, domina il campionato chiudendo con 31 vinte e 0 perse.
Lewis è letteralmente uno “Young Devil” sul parquet, segna, stoppa, ruba palla, serve i compagni con tale naturalezza nel gioco che incanta la Northeastern University. Chiuderà tre stagioni con una media di 23,3 PPG e anche se, sotto la guida del coach Karl Fogel, gli Huskies non supereranno mai il primo turno nel grande ballo delle March Madness, entra nell’ Nba Draft del 1987 insieme a David Robinson, Scottie Pippen e Reggie Miller con Horace Grant e Mark Jackson.
Lo prendono i Celtics alla 22, il coach è K.C. Jones e lui farà il cambio di Danny Ainge. Succede qualcosa di strano però: da guardia non rende molto, anche perché è un giocatore molto più dinamico rispetto a Danny ma in molti schemi deve restare fermo aspettando il pallone. Dopo aver perso le finali di conference contro i Detroit Pistons di Isiah Thomas, Bill Laimbeer, James Edwards, Rick Mahorn, John Salley, Dennis Rodman e Joe Dumars i Celtics si decidono a cambiare qualcosa.
L’anno seguente, complice anche un infortunio a Larry “The Legend” Bird, Reggie viene spostato nel ruolo di Ala piccola, gli vengono dati più minuti in un sistema leggermente riadattato alle sue caratteristiche ed il risultato è: 18,5 punti di media. In una notte ne segna 39 in faccia a “Sir” Charles Barkley che, al solito, non la prende benissimo.
Diventa il futuro di Boston, è l’atleta dominante che realizza record destinati a rimanere nella storia del gioco e nella "Cradle of Liberty” tutti ricordano la notte del 31 marzo 1991, quando tratto sua maestà Michael Jordan “come uno qualunque” stoppandolo 4 volte. Nel 1992 viene convocato all’Al Star Game di Orlando.
Nei play-off dello stesso anno, con Bird non in grado di giocare a causa di guai alla schiena, ha incendiato i Cavs con 36 punti e sette assist. In gara 4 realizza 42 di punti, sei assist e cinque palle rubate. Una superstar inconsapevole di esserlo. Nei playoff del 1993 contro gli Charlotte Hornets ed il suo amico d'infanzia Muggsy Bogues e David Wingate, Lewis va’ dritto alla vena giugulare fin dal primo minuto. Rimbalzi, punti, rubate ma dopo soli 6 minuti di gioco con già 10 punti a referto all’improvviso cade e fa fatica a rialzarsi, ha delle vertigini, respiro affannato ma dopo un po’ di panca ritorna in campo e chiude la partita con 17 punti.
Boston perderà 3 – 1 la serie contro Charlotte, ma la cosa più brutta deve ancora avvenire. Il 27 luglio 1993, durante una sessione di allenamenti estivi all’Università di Brandeis a Waltham, nel Massachusetts, Lewis crolla nuovamente a terra. Stavolta, purtroppo, per non alzarsi più. Reggie Lewis muore per una cardiomiopatia ipertroficas alla giovane età di 27 anni.
Cos’è un “What If” ? Cosa significa realmente? È una terminologia difficile da spiegare in italiano, non riusciremo mai a rispecchiarne l’empatia con le nostre amate parole. È un termine nato a New York usato per indicare, quei giocatori che avevano un talento “pazzesco” mai potuto sbocciare fino in fondo. Una sorta di “cosa sarebbe successo se…”
Purtroppo non lo sapremo mai ma Reggie “Big Truck” Lewis resterà uno dei più grandi “What If” della storia del gioco. L’unico giocatore della franchigia “bianco verde" a realizzare almeno 100 rimbalzi, 100 assist, 100 stoppate, 100 recuperi e 100 palle rubate in un’unica stagione.