La storia di Pantofola d'oro tra tradizione e innovazione
L' AD Kim Williams ci racconta l'azienda fondata negli anni '50 da Emidio Lazzarini che rivoluzionò la produzione delle scarpe da calcio
02 Febbraio 2022
Il nome lo inventò John Charles, il capocannoniere gallese della Juventus, che mettendole al piede esclamò che erano più comode delle sue pantofole ma il resto del successo di Pantofola d’Oro appartiene a Emidio Lazzarini. Figlio di calzolai di Ascoli Piceno, Lazzarini prima di rilevare l’azienda di famiglia si era inventato una lunga serie di mestieri, dal lottatore libero al giocatore di biliardo, trasferendosi anche nella Germania nazista pur di perseguire la sua carriera da sportivo. Ma quando fu ora di appendere le proverbiali scarpe al chiodo, si rese conto che esse stesse sarebbero potute diventare il motivo grazie al quale il suo nome avrebbe raggiunto la tanto agognata fama. Come tanti atleti, Lazzarini durante la sua attività mise da parte l’esperienza sul campo necessaria per poi migliorare l’attrezzatura usata nella performance fino a creare dei prototipi rivoluzionari.
Così visto che le sue scarpe da lotta libera scivolavano spesso e gli martoriavano i piedi con i loro chiodi e le loro durissime pelli, Lazzarini cominciò ad usare i materiali più morbidi in circolazione. Fu il primo ad usare il vitellino, più malleabile e flessibile rispetto al vitello adulto, per fasciare i piedi degli atleti ottenendo immediatamente dei riscontri eccellenti. I migliori calciatori di tutta Italia si recavano a Ascoli per farsi fare le scarpe su misura da Lazzarini. Da Sivori ad Angelillo, da Mazzola a Rivera, da Di Stefano a Altafini, tutti impazziti per la pelle, morbida e elastica, e le cuciture moderne che sostituivano i chiodi.
Pantofola d’Oro diventa in breve tempo sinonimo di qualità assoluta, sia in termini di materiale che di manodopera, imponendo al mercato un nuovo standard al quale per decenni nessuno è riuscito ad avvicinarsi. Quando l’industria delle scarpe era ancora un mestiere, Emidio Lazzarini aveva trasformato l’artigianato del Made in Italy nell'avanguardia del settore aprendo nuove fabbriche e botteghe in giro per il mondo e confezionando nei momenti migliori fino a 1500 scarpette al giorno. Fino agli anni novanta Pantofola d’Oro era consuetudine ai piedi dei giocatori più creativi e più tecnici, quelli che cercavano un accento diverso al loro stile in campo.
Poi, verso la fine del millennio, il marchio ascolano cominciò sempre più a subire la concorrenza dei grandi brand e delle multinazionali dalle filiere lunghissime e le fabbriche delocalizzate. In un mercato che chiedeva scarpe da calcio futuristiche e disegnate con gli evidenziatori, Pantofola d’Oro rimanendo con i suoi colori classici e linee pulite si è trovata in grossa difficoltà tanto da interrompere per un paio d’anni la produzione. Ma già nel 2000 la società, con una nuova presidenza, ha rilanciato il marchio che, nonostante tutto, non aveva mai perso quel prestigio e tradizione.
“Il nostro prodotto nasce da anni di esperienza dove cerchiamo sempre di portare innovazioni non trascurando però l’utilizzo dei nostri materiali storici come il vitellino. La vera forza però sono i nostri maestri, che in fabbrica confezionano le scarpe con la stessa cura di sempre” ci dice Kim Williams, amministratore delegato di Pantofola d’Oro da oltre vent’anni, il secondo gallese dopo John Charles ad avere associato il suo nome al marchio di Ascoli Piceno.
La tradizione e l’archivio rappresentano sia il passato che il futuro del brand ”in momenti dove per comunicare tante aziende si devono appoggiare a influencers, talent, noi abbiamo la possibilità di raccontare storie vere, dove gli sportivi sceglievano il nostro prodotto perché era il migliore, rappresentava la qualità italiana fino a diventare la Ferrari delle scarpe. Non abbiamo bisogno di stilisti per le nostre collezioni ma solo di persone capaci di ammodernare quanto già fatto in passato”.
Ad oggi Pantofola d’Oro propone nove diverse linee di scarpe da calcio, tutte contraddistinte da uno stile classico e inimitabile e un’attenzione certosina verso i materiali utilizzati. “Il nostro prodotto si basa quasi totalmente sulle qualità manuali dei nostri artigiani, invece che sulle grandi catene di produzioni asiatiche” dice con una certa nota d’orgoglio Williams. Una differenza radicale che si riscontra anche nelle strategie di vendita, ancora molto legate al territorio e ad una clientela estremamente selezionata. “Il nostro è un pubblico che in generale sceglie il prodotto in base alla qualità e non si fa influenzare dai vari mostri sacri del calcio che si legano più alla comunicazione che al prodotto”.
Per ora infatti l’unico calciatore in Serie A ad indossare regolarmente Pantofola d’Oro è il centrocampista dell’Hellas Verona Antonín Barak, autore finora di un grandissimo campionato. La collaborazione è nata “da un iniziale amicizia e dalla sua volontà di avere un prodotto diverso rispetto a quello dei suoi colleghi ed essere un Numero Uno per un'azienda invece che uno dei tanti per un’altra più grande”.
Il binomio tra Barak e Pantofola d’Oro è però destinato a continuare visto che è lo stesso Kim Williams a confermarci che all’orizzonte ci sono tanti nuovi progetti, molti dei quali purtroppo sono stati rallentati dalla pandemia. “Abbiamo già siglato accordi con l’Ascoli calcio, il Modena, il Venice Beach soccer team, il MacArthur FC di Melbourne ed a breve avremo altre news.” Tra cui probabilmente anche degli scarpini personalizzati per Barak come Pantofola d’Oro ha già fatto in passato con l’aiuto dell’artista scozzese Craig Black per Steven Gerrard. Una vera e propria opera d’arte ottenuta versando direttamente i colori acrilici rappresentanti quelli sociali del Ranger Glasgow su una PDO Lazzarini.
Un perfetto esempio di come tradizione e modernità possano convivere nel Made in Italy quando dietro ci sono competenze di alto livello e una chiara visione d'insieme. Qualità che da sempre descrivono Pantofola d’Oro, fin dai primi prototipi creati nella bottega di Emidio Lazzarini agli avveniristici guanti di vitellino che hanno vestito i piedi di mezza Serie A, in una storia che ha ancora molti capitoli da scrivere.